Rito ambrosiano immediato

Marco Pedersini

Dal prossimo 6 aprile, al Tribunale di Milano, il presidente del Consiglio dovrà dimostrare che le accuse di concussione e prostituzione minorile che gli sono state rivolte sono infondate. Sfogliando le carte, facilmente reperibili da chiunque, può capitare di imbattersi in elementi singolari, che portano a esitare un po' di fronte alla fiducia con cui il presidente Napolitano sostiene che “sia la nostra Costituzione sia le nostre leggi garantiscono che un procedimento come questo, in cui si sollevano gravi accuse che il presidente del Consiglio respinge, si svolgerà e concluderà secondo giustizia”.

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    Dal prossimo 6 aprile, al Tribunale di Milano, il presidente del Consiglio dovrà dimostrare che le accuse di concussione e prostituzione minorile che gli sono state rivolte sono infondate. Sfogliando le carte, facilmente reperibili da chiunque, può capitare di imbattersi in elementi singolari, che portano a esitare un po' di fronte alla fiducia con cui il presidente Napolitano sostiene che “sia la nostra Costituzione sia le nostre leggi garantiscono che un procedimento come questo, in cui si sollevano gravi accuse che il presidente del Consiglio respinge, si svolgerà e concluderà secondo giustizia”. Alle quattro perplessità sollevate ieri si possono aggiungere altre riserve:

    5) Stando a quanto prevede l'articolo 454 del codice di procedura penale, “il pubblico ministero trasmette la richiesta di giudizio immediato alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari entro novanta giorni dall'iscrizione della notizia di reato”. Il giudice per le indagini preliminari, però, ha invece contato novanta giorni dall'iscrizione di Silvio Berlusconi nel registro degli indagati, avvenuta il 21 dicembre (una settimana dopo il voto che ha riconfermato al premier la fiducia del Parlamento) per entrambi i reati contestati. Neanche le fonti di prova vengono in aiuto all'interpretazione elastica del gip: le intercettazioni usate a sostegno dell'accusa di prostituzione minorile partono da metà febbraio, quando Ruby sarebbe stata per la prima volta una delle commensali di Villa San Martino, ad Arcore; la relazione del pm del Tribunale dei minori di turno la sera della presunta concussione, Anna Maria Fiorillo, è datata 29 ottobre e gli interrogatori dei potenziali concussi avvengono tra il 30 ottobre e il 13 novembre. Come ha fatto notare l'onorevole Gaetano Pecorella, già avvocato del Cav., “l'iscrizione del premier al registro degli indagati è stata ‘postuma'. E' avvenuta dopo che le indagini su Berlusconi erano già state eseguite e soltanto ciò ha consentito il giudizio immediato”. Di solito c'è il margine discrezionale per pilotare l'iscrizione al registro degli indagati, con meccanismi giocati sulla comparsa di nuovi elementi a carico dell'indagato, ma questa volta l'escamotage è effettivamente vistoso. Infatti, nel rispetto della norma, nessuna delle altre persone coinvolte dalle indagini subirà un giudizio immediato. Il rito per direttissima è riservato soltanto al premier, Silvio Berlusconi.

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    6) A differenza della richiesta di giudizio immediato inviata dalla procura di Milano al gip Cristina Di Censo, che conta 782 pagine, il documento con cui si è invitato Berlusconi a presentarsi di fronte ai giudici si ferma a quota 389. “Un surplus di garanzie per l'imputato Berlusconi”, dice al Foglio l'avvocato Valerio Spigarelli, presidente dell'Unione delle camere penali. “In genere gli inviti a comparire hanno un'indicazione molto rozza del fatto da contestare, punto e basta”, sostiene Spigarelli. La prassi non dista molto dai dettami del codice penale, che prevede “la sommaria enunciazione del fatto quale risulta dalle indagini fino ad allora compiute, e, ai fini della richiesta di giudizio immediato può contenere anche gli elementi di prova a carico dell'indagato nonché le relative fonti”. In questo caso, non ci si è fermati all'indicazione delle fonti di prova, ma le si è riportate diffusamente.
    Con un po' di malizia si può arrivare a sostenere che se i magistrati si fossero attenuti alla prassi, sarebbe stato necessario violare l'archivio del tribunale per pubblicare le intercettazioni. Grazie al loro zelo eccezionale, è possibile per chiunque lo desideri accedere a oltre trecento pagine di intercettazioni, per leggere la trasposizione fedele delle conversazioni e degli sms delle ragazze che hanno frequentato Arcore, scorrere i numeri memorizzati nella carta sim di una prostituta brasiliana e appassionarsi nello studio del lessico del consigliere regionale Nicole Minetti.

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    7) Secondo il giudice per le indagini preliminari, le parti lese dalla concussione sono il ministero dell'Interno e i tre funzionari della questura (il capo di gabinetto Pietro Ostuni, il dirigente dell'Ufficio prevenzione generale Ivo Morelli e il commissario capo Giorgia Iafrate). Le presunte vittime hanno negato che l'interessamento del presidente del Consiglio abbia influito sulle procedure adottate nei confronti della minorenne Ruby: “Io mi sono preoccupato  soltanto che la gestione della minorenne fosse stata lineare da parte dell'ufficio”, ha detto l'allora questore di Milano, Vincenzo Indolfi, ricordando che “i miei due collaboratori mi avevano rassicurato che tutte le procedure erano state attivate”. Di fronte a questo, assicura Indolfi, “il fatto che la presidenza del Consiglio avesse raccontato una balla per me era poco importante”. Nessuno dei tre funzionari ha steso una relazione scritta: Ostuni ha detto di averne “parlato a voce col questore” e Morelli ha ammesso che, “con il senno di poi, forse queste circostanze dovevano essere relazionate da Iafrate e, nel momento in cui non lo fece, dovevo fargliele precisare io o il capo di gabinetto”. Stretto nell'angolo, il giovane commissario capo Giorgia Iafrate ammette che sì, “forse ho fatto una sciocchezza”. Se venisse provata la concussione, non si vede come il loro tentativo di minimizzare e l'assenza di una relazione scritta tempestiva non debba farli pendere più dalla parte dei complici del concussore che da quella degli offesi.

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    8) Il primo rapporto scritto sugli eventi dell'infelice serata del 27 maggio scorso ha la firma di due agenti del commissariato Monforte, a cui capita anche di dover andare in via Villoresi, alla casa in cui era ospitata Ruby, per prenderle dei vestiti in vista dell'affido – la minore, come fa notare l'agente Ermes Cafaro, parlando con Giorgia Iafrate, “è vestita in maniera molto da sole”. Sono l'assistente di polizia Marco Landolfi e l'agente Luigi Antonio Ferrazzano. Se per il Corriere della Sera i due sono “lodabili”, per la Stampa sono “piccoli, oscuri funzionari ligi al dovere, che davanti a quella che per l'accusa è una catena di soprusi messa in moto dalla telefonata del premier, decidono qualche giorno dopo di mettere nero su bianco cosa davvero accadde quella notte nelle stanze del fotosegnalamento della questura”.
    L'espressione “qualche giorno” è un eufemismo: l'annotazione d'intervento è datata 28 luglio, due mesi esatti dopo la notte della probabile concussione. A quel punto, però, i pm milanesi erano già all'azione: la futura Ruby rubacuori era però già stata interrogata due volte (il 2 e il 22 luglio) e il commissariato aveva già sentito Caterina Pasquino (l'inquilina che aveva denunciato la minorenne marocchina per furto, interrogata il 7 luglio).

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    9) Il reato di prostituzione minorile si sarebbe consumato ad Arcore, zona di competenza del Tribunale di Monza. La telefonata di Berlusconi raggiunge il capo di gabinetto del questore, Pietro Ostuni, nella sua abitazione, a Sesto San Giovanni, una sede, anche questa, al di là delle competenze del Tribunale di Milano. Ma al giudice delle indagini preliminari non interessa l'innesco del reato di concussione: “La competenza territoriale dell'autorità giudiziaria milanese è indubbia”, scrive il gip Cristina Di Censo, perché “l'indebita utilità si è realizzata in Milano, presso la questura locale, nel momento in cui la minorenne [Ruby] è stata affidata a Nicole Minetti”. E già che c'era, il gip ha trascinato con la concussione anche il reato di prostituzione minorile, per il quale non sarebbe previsto il rito immediato (secondo il codice di procedura penale e una sentenza della Cassazione).

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    10) Nel trattamento riservato alla giovane Karima el Mahroug, in arte Ruby, c'è qualcosa che fatica a convincere: la sedicente ballerina del ventre marocchina ha parlato molto di sé e del suo mondo, nel corso degli interrogatori – che stando agli atti sono stati cinque, ma a sentire lei sono addirittura ventitré. Molti giornalisti le sono grati per la naturalezza con cui le sue confessioni attraversano i registri più svariati, con i protagonisti più impensati (Cristiano Ronaldo, George Clooney, le ministre Carfagna e Gelmini, in quel momento incinta), senza la paura di eccedere e di contraddirsi, eventualità che si presenta peraltro con una discreta frequenza. Perfino la difesa del premier vuole sentirla ripetere in aula i suoi racconti, in cui è sempre una vittima, quella che dimostra maggior contegno e non vuole spogliarsi né fare il bagno nuda nella piscina di Arcore, al contrario delle altre svergognate.

    C'è però una circostanza
    in cui i giudici non la ritengono affidabile: secondo il gip Ruby avrebbe “compiuto atti sessuali” con il premier in tredici occasioni, tra il 14 febbraio e il 2 maggio scorsi, un'accusa che lei ha sempre smentito. Nel caleidoscopico mondo dei racconti di Ruby, infatti, il premier si azzarda al massimo a proporre prestazioni sessuali, come riconoscono anche gli osservatori più tendenziosi. L'unica testimone oculare a dichiarare il contrario è stata l'ex escort Nadia Macrì ai microfoni di “Annozero” – peccato che, secondo i tabulati telefonici, lei ad Arcore, in quelle sere, non c'era.

    A essere pignoli,
    all'inizio anche l'ex coinquilina Caterina Pasquino, mai stata a Villa San Martino, raccontava che Ruby le aveva confidato di essere “stata spesso a casa del premier dove ha cenato, ballato e fatto sesso con lui, il quale le dava molto denaro”. Poi ha ritrattato, intervistata da Radio 24: “Era una battuta con Ruby: ‘Che fai pure sesso con lui?', le dicevo. Lei mi ha sempre detto: ‘No, non mi sfiora neanche. Sono la sua preferita'. Io la stoppavo, perché sono contro la prostituzione”.
    Al momento la presunta parente di Mubarak è indagata solo per aver fornito false generalità ai carabinieri di Milano Crescenzago (si era finta maggiorenne mentre denunciava un borseggio), per il furto di tremila euro che ha innescato il “Rubygate” e per insolvenza fraudolenta (si è rifiutata di pagare un taxi che l'aveva portata a Milano da Genova). Per tutto il resto i giudici le concedono un trattamento da vittima inerme e le credono quando serve, in base alle esigenze del teorema accusatorio.

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    11) Tra le vicende raccontate da Ruby, l'episodio che più è stato riportato sui media è quello di domenica 14 febbraio, la sera in cui la marocchina scappata da Letojanni incontra il presidente del Consiglio per la prima volta. Delle numerose fonti di prova elencate nell'invito a comparire, quelle dedicate alla serata d'esordio sono un po' avare: ci sono i tabulati di Emilio Fede, quelli di Ruby e quelli di Nicole Minetti (ma del giorno dopo, il 14 “non ha effettuato traffico”). A differenza dei cellulari di Fede e Minetti, quello della minorenne non si aggancia alla cella telefonica di Arcore. Ruby prende un taxi in centro, si muove verso la periferia, arriva a Segrate alle 20.51 e spegne il cellulare. Al contrario delle cene di fine estate, sontuosamente ricostruite con un fiume di intercettazioni, per quella sera su di lei non ci sono altri riscontri telefonici.

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