Giustizia e schiarite

Carriere separate e Csm sdoppiato, se è così va bene anche a Fini

Salvatore Merlo

“Sarebbe opportuno separare le carriere dei magistrati e sdoppiare il Csm. Purché non venga intaccata l'indipendenza dei giudici e dei pm”. Non è un'apertura alla riforma che Silvio Berlusconi porterà domani in Cdm, sulla quale dalle parti di Fli gravano forti sospetti, ma è da molto tempo il puro pensiero di Gianfranco Fini. E' la spia di una disponibilità a discutere che conferma anche Giulia Bongiorno, l'avvocato e consigliere giuridico del presidente della Camera: “Non vedo l'ora di leggere i testi della riforma della giustizia”, dice.

    “Sarebbe opportuno separare le carriere dei magistrati e sdoppiare il Csm. Purché non venga intaccata l'indipendenza dei giudici e dei pm”. Non è un'apertura alla riforma che Silvio Berlusconi porterà domani in Cdm, sulla quale dalle parti di Fli gravano forti sospetti, ma è da molto tempo il puro pensiero di Gianfranco Fini. E' la spia di una disponibilità a discutere che conferma anche Giulia Bongiorno, l'avvocato e consigliere giuridico del presidente della Camera: “Non vedo l'ora di leggere i testi della riforma della giustizia”, dice. “Sono favorevole alla separazione delle carriere. Se dovesse essere una riforma diretta a migliorare il sistema e a creare la terzietà del giudice, la voterei”. Ma aggiunge Bongiorno: “Se invece fosse una riforma ispirata ai principi che hanno guidato questi ultimi due anni, ovvero norme di carattere punitivo, allora sarei contraria”.

    Conclude il capogruppo di Fli alla Camera, Benedetto Della Vedova: “Se la riforma della giustizia fosse davvero quello che sembra, cioè scollegata dagli interessi personali di Berlusconi, se ne può anche parlare”. Non è poco per il partito che negli ultimi mesi è sembrato tracimare, dalle originarie posizioni destrorse in difesa della legalità, verso un linguaggio travagliesco che ha confuso persino il suo elettorato potenziale (che in un recente sondaggio riservato, commissionato a Luigi Crespi, posizionava Fli nel campo del centrosinistra).

    L'impressione, confermata da fonti interne al gruppo dirigente di Fli, è che Fini abbia deciso di cambiare passo, come ha fatto capire lui stesso domenica scorsa nella riunione nazionale dei circoli del partito: “Siamo alternativi a Berlusconi ma anche alla sinistra conservatrice”. Non si tratta però soltanto di posizionamento o di marketing politico, né esclusivamente di un messaggio tranquillizzante nei confronti dei settori più moderati interni al partito. Nei prossimi mesi, infatti, il presidente della Camera tornerà a scandire una rotonda proposta politica da opposizione “del fare” e non pregiudizialmente antiberlusconiana.

    Economia, federalismo, e forse persino giustizia. L'agenda finiana di marzo è piena di impegni, a cominciare da venerdì, quando Fini presenterà (con Pier Ferdinando Casini e Francesco Rutelli) il candidato terzopolista a sindaco di Torino. Sono almeno cinque i discorsi pubblici previsti nei giorni a venire, compresa qualche presentazione del suo nuovo saggio da oggi in libreria (“L'Italia che vorrei”, Rubbettino). Tutte occasioni nelle quali la nuova linea (sulla quale Fini rivendica assoluta coerenza) emergerà con sempre maggiore chiarezza, fino all'appuntamento clou del 20 marzo, quando il presidente della Camera interverrà all'Assemblea nazionale di Fli.

    “La situazione politica è cambiata, le elezioni si sono allontanate. Solo gli sprovveduti non riaggiustano la rotta prendendo atto dei nuovi eventi”, spiega al Foglio Alessandro Ruben, uno degli uomini più riservati e più intimamente legati al presidente della Camera. Il cardine principale della proposta finiana saranno probabilmente le politiche economiche legate alla crescita, alla ricerca scientifica (argomento caro anche al Quirinale) e alla libera concorrenza. Temi sui quali Fini può avere buon gioco nell'incalzare il governo e il flemmatico ministro dell'Economia Giulio Tremonti, ma anche l'opposizione di centrosinistra (che sembra avere affidato tutte le proprie speranze di sconfiggere Berlusconi alla via giudiziaria percorsa dalla procura di Milano).

    Spesso negli ultimi giorni il presidente della Camera ha rivendicato di aver proposto lui per primo gli stati generali dell'economia. Fu nel corso della famosa direzione nazionale del 22 aprile scorso, che segnò plasticamente la rottura tra lui e il Cavaliere, che Fini parlò per la prima volta di riunire in unico tavolo Confindustria, sindacati e governo. Un'idea che ritorna, adesso. Il premier aveva infatti annunciato gli stati generali dell'economia per febbraio, ma l'organizzazione dell'evento sembra languire. Abbastanza da determinare uno spazio di manovra all'interno del quale il Terzo polo, o l'opposizione nel suo complesso, può facilmente inserirsi per incalzare il governo su un tema fortemente sentito dalle forze sociali più rappresentative.

    D'altra parte Fini pensa che l'Italia debba “proseguire nello sforzo di consolidare una maggiore liberalizzazione e apertura concorrenziale dei mercati. Nel nostro paese si impongono serie ed efficaci politiche di riforma in settori strategici”. Chissà se Mario Baldassarri, economista e senatore di Fli, già autore di una contro-Finanziaria, adesso non ritornerà alla carica.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.