Il Pd, il caso Napoli e le conseguenze surreali dell'eterodirezione di Saviano

Claudio Cerasa

Beh, ce lo ricordiamo tutti quel pomeriggio lì, no? E' il 27 gennaio, il Pd ha da poco smesso di festeggiare a Napoli lo “strepitoso” successo delle primarie, la solenne commissione di garanzia del partito ha appena cominciato a esaminare con attenzione le immagini dei cinesi immortalati la domenica precedente in fila di fronte ai gazebo democratici e mentre Pier Luigi Bersani tenta eroicamente di districarsi in mezzo alle centinaia di vivaci dichiarazioni relative alle denunce di presunti imbrogli napoletani ecco che dai microfoni di Repubblica tv arriva Roberto Saviano a suggerire al Pd la giusta strada per uscire da questo mezzo delirio.

    Beh, ce lo ricordiamo tutti quel pomeriggio lì, no? E' il 27 gennaio, il Pd ha da poco smesso di festeggiare a Napoli lo “strepitoso” successo delle primarie, la solenne commissione di garanzia del partito ha appena cominciato a esaminare con attenzione le immagini dei cinesi immortalati la domenica precedente in fila di fronte ai gazebo democratici e mentre Pier Luigi Bersani tenta eroicamente di districarsi in mezzo alle centinaia di vivaci dichiarazioni relative alle denunce di presunti imbrogli napoletani ecco che dai microfoni di Repubblica tv arriva Roberto Saviano a suggerire al Pd la giusta strada per uscire da questo mezzo delirio: annullare le primarie, chiedere un passo indietro ai candidati democratici e cercare subito un volto nuovo, e possibilmente unitario, per provare a non perdere Napoli.
    Ecco, sì, oggi lo si può dire con una certa sicurezza: fu quello il primo vero tentativo fatto dallo scrittore napoletano con il faccione da Cristo pasoliniano (copyright Aldo Grasso) di eterodirigere con squisitezza il più grande partito d'opposizione. E non si può certo dire, a trenta giorni da quel pomeriggio lì, che il Pd si sia lasciato sfuggire l'occasione di seguire l'autorevole linea Saviano. Perché in effetti così andarono le cose: Bersani decise di congelare il risultato delle primarie, affidò a un commissario straordinario (Andrea Orlando, di Genova) la ricerca di una “grande e condivisa soluzione unitaria”, suggerì di far convergere la ricerca della “grande e condivisa soluzione” sullo stesso nome suggerito da Saviano (il pm Raffaele Cantone), poi provò a convincere di persona il candidato suggerito dallo scrittore ad accettare la proposta del Pd; il pm ci pensò un po' su, prima disse forse, poi disse non so, a un certo punto sussurrò un incoraggiantissimo “chissà”.

    Trascorsero un paio di settimane,
    le foto dei cinesi continuarono a circolare sui giornali e il Pd, dopo aver celebrato altre fantastiche primarie (alcune le vinse, come a Bologna, altre riuscì a perderle, come a Cagliari), all'improvviso si ritrovò con un candidato (l'ex pm Luigi De Magistris) di un partito (l'Italia dei valori) che aveva promesso di sostenere la delicata ricerca di una grande soluzione unitaria e che però, invece di fare un passo indietro, decise di farne uno molto grosso in avanti.

    La storia delle comiche elettorali napoletane, e delle surreali e disastrose conseguenze dell'eterodirezione di Saviano, potrebbe concludersi segnalando poi che il prossimo 14 maggio, a Napoli, Luigi De Magistris andrà a sfidare pure quel Clemente Mastella che non meno di tre anni fa l'ex magistrato provò in tutti i modi ad incastrare nel corso di una scivolosissima inchiesta (ricordate Why not?) le cui tecniche d'indagine non sono state ritenute particolarmente ortodosse da parte della severissima procura di Milano (che il 14 gennaio, per quella vicenda, ha rinviato De Magistris a giudizio per il reato d'abuso d'ufficio). E invece no, non è finita qui: perché dopo aver passato cinque settimane a corteggiare il candidato suggerito dallo scrittore napoletano dallo studio televisivo di un grande giornale romano succede che il Pd – prima di riuscire a convincere, è notizia di ieri, il prefetto Mario Morcone a correre a Napoli – scopre che il candidato sponsorizzato da Saviano, a sorpresa, annuncia clamorosamente di voler sostenere, da qui in avanti, “il bravissimo De Magistris”. Insomma, un pasticcio bestiale. E poi uno si chiede perché da queste parti le eterodirezioni ci sembrano, come dire, una boiata pazzesca.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.