Il vescovo innamorato

Paolo Rodari

“Niente provoca più invidia dell'amore. Padre Giovanni ha amato questa diocesi e la sua gente in modo particolare. Per troppo amore oggi viene dimesso e questa cosa mi fa molto soffrire”. Susanna Tamaro abita nella diocesi di Orvieto-Todi il cui vescovo, il piemontese monsignor Giovanni Scanavino, sabato scorso è stato dimesso dal Vaticano e riconsegnato ai suoi abiti di monaco agostiniano.

Leggi L'amore di OrvietoLeggi Faceva freddo l'altra sera, ma tutta Orvieto era a salutare il suo vescovo

    “Niente provoca più invidia dell'amore. Padre Giovanni ha amato questa diocesi e la sua gente in modo particolare. Per troppo amore oggi viene dimesso e questa cosa mi fa molto soffrire”. Susanna Tamaro abita nella diocesi di Orvieto-Todi il cui vescovo, il piemontese monsignor Giovanni Scanavino, sabato scorso è stato dimesso dal Vaticano e riconsegnato ai suoi abiti di monaco agostiniano. Così si è presentato ai fedeli due giorni fa. Così tra pochi giorni lascerà la diocesi. Andrà in ritiro in un convento dell'ordine religioso a cui appartiene, probabilmente a Cascia vicino a Norcia, dove secondo quanto lui stesso ha spiegato si dedicherà a pregare, confessare e aiutare coloro che hanno bisogno. Il 30 novembre il segretario di padre Giovanni, il diacono Luca Seidita, si è suicidato dopo che Roma gli aveva negato il permesso di essere ordinato prete.

    Su don Seidita da tempo circolavano in diocesi maldicenze legate alla sua presunta omosessualità. Mentre su Scanavino alcuni preti della diocesi facevano circolare il sospetto che fosse un vescovo non all'altezza del compito affidatogli, “protettore degli omosessuali”, hanno detto alcuni, e, di più, dei preti in odore di pedofilia. Ma alle dimissioni arrivate da Roma ha reagito il popolo, schierato con forza inaspettata in difesa del suo vescovo, pronto a scendere per le strade e a disertare la prima messa della domenica celebrata in duomo senza padre Scanavino all'altare: domenica scorsa si dice ci fossero soltanto venti fedeli in un duomo solitamente gremito in tutte le sue tre grandi navate.

    Susanna Tamaro trova squallida la maldicenza. Il chiccchierare dietro le persone per il solo gusto di farlo. Dice: “Non mi stupisce la reazione della gente, del popolo. Padre Giovanni da quando è qui ha ribaltato una chiesa che prima del suo arrivo era implosa in se stessa. C'era un vescovo del posto. E' stato in diocesi venticinque anni, tutti sostanzialmente all'insegna del senza infamia e senza lode. Le parrocchie erano vuote. Deserte. L'arrivo di padre Giovanni ha cambiato la vita della gente. Con lui si sono verificate tante conversioni, anche radicali. Prima tabula rasa, dopo una fioritura miracolosa. Padre Giovanni ha fatto quello che ogni vescovo dovrebbe sempre fare: ha amato la gente. Girava per le strade. Parlava con tutti. Ascoltava i problemi di tutti. Entrava nelle case. E forse ha rotto uno status quo. Forse il suo troppo amore ha scombussolato certi equilibri interni. Padre Giovanni è stato come una ventata d'aria fresca a cui probabilmente non tutti, anche a Roma, erano preparati. Qual è il suo principale difetto? L'eccesso di bontà. Quella stessa bontà che don Luca ha sperimentato su di sé e che poi, all'improvviso, non ha più trovato”.

    Le dimissioni di Scanavino arrivano dopo mesi non facili per la chiesa cattolica e il Vaticano in particolare. Le accuse contro il Papa e i vescovi che avrebbero protetto e nascosto, soprattutto negli anni in cui Pontefice era Giovanni Paolo II, la pedofilia tra coloro che indossano l'abito sacro hanno fatto sì che la linea della “tolleranza zero” prendesse il vantaggio. Una linea nuova entro le mura leonine, alimentata e suffragata dall'appoggio di non pochi cardinali di peso dentro e fuori il Vaticano. Scanavino è stato dimesso a 72 anni. A nulla è valsa la constatazione che fra tre anni, in ogni caso, sarebbe andato automaticamente in pensione.

    Dice Tamaro: “Non tutti i casi sono uguali. La chiesa dovrebbe sempre guardare i singoli casi e mai calare dall'alto sentenze definitive. Ricordo un giovane prete accusato di pedofilia solo perché aveva negato a un gruppo di persone la possibilità di accedere a un salone della parrocchia per una festa. E' facile far nascere scandali, sospetti, equivoci. Più difficile è amare le persone, aiutarle a crescere. Trovo molto indelicato, ad esempio, e anche poco amorevole nei confronti della diocesi di Orvieto, che si sia deciso di dimettere padre Giovanni pochi giorni prima che iniziasse la quaresima. I tempi liturgici per Roma non contano più nulla? Non si poteva dimetterlo dopo Pasqua? La gente qui era tornata in chiesa grazie a padre Giovanni. Adesso dove andranno? Andranno ad ascoltare la messa di quei preti che l'hanno diffamato? Roma dovrebbe chiedersi come deve essere un vescovo. Chi è il vescovo? Un padre che ama i suoi figli, tutti i suoi figli, o un burocrate magari appassionato di carrierismo? Padre Giovanni ci lascia perché l'amore crea sempre confusione. Il suo amare ha confuso. Ma non è di questo amore, di questa testimonianza che abbiamo bisogno? La vicenda di Padre Giovanni mi ricorda quella di don Tonino Bello. Anche lui in fondo incompreso. E poi, a posteriori, definito da tutti ‘santo'”.

    Leggi L'amore di OrvietoLeggi Faceva freddo l'altra sera, ma tutta Orvieto era a salutare il suo vescovo