Parla Bini Smaghi

Perché anche America e Cina alzeranno i tassi sulla scia della Bce

Michele Arnese

La crisi ha colto l'Europa “impreparata”, ma a giudicare con il senno di poi è stata “sorprendente” la forza della risposta del Vecchio continente. Al punto, per esempio, che l'annuncio di una stretta sulla politica monetaria da parte di un'istituzione comunitaria, come la Banca centrale europea (Bce), sarà probabilmente replicato nei prossimi mesi dalle banche centrali delle altre maggiori economie del pianeta. Ne è convinto Lorenzo Bini Smaghi, membro del Comitato esecutivo della Bce che, in una conversazione con il Foglio, analizza le reazioni dei mercati dopo il recente annuncio della Bce di aumentare i tassi di riferimento già ad aprile

    La crisi ha colto l'Europa “impreparata”, ma a giudicare con il senno di poi è stata “sorprendente” la forza della risposta del Vecchio continente. Al punto, per esempio, che l'annuncio di una stretta sulla politica monetaria da parte di un'istituzione comunitaria, come la Banca centrale europea (Bce), sarà probabilmente replicato nei prossimi mesi dalle banche centrali delle altre maggiori economie del pianeta. Ne è convinto Lorenzo Bini Smaghi, membro del Comitato esecutivo della Bce che, in una conversazione con il Foglio, analizza le reazioni dei mercati dopo il recente annuncio della Bce di aumentare i tassi di riferimento già ad aprile. “In ogni paese la Banca centrale deve calibrare le condizioni monetarie all'andamento dell'economia – dice Bini Smaghi – la Banca centrale cinese ha aumentato varie volte il tasso d'interesse negli ultimi mesi. Ma le pressioni inflazionistiche rimangono e questo significa che probabilmente dovranno continuare su questa strada”. Lo stesso vale per Washington, secondo il banchiere centrale europeo: “La Fed guarda all'inflazione ‘core', cioè al netto delle materie prime energetiche e alimentari. Tuttavia ciò è corretto solo se gli aumenti dei prezzi delle materie prime sono temporanei”.

    Qualcuno però dubita che tassi più alti possano contrastare efficacemente prezzi più alti importati con le materie prime: “L'inflazione importata è importata, e c'è poco da fare. Il punto importante è che se i tassi d'interesse sono troppo bassi si favorisce la trasmissione dell'inflazione importata a quella interna. Questo va evitato assolutamente – continua Bini Smaghi – Bisogna ricordare che i tassi di interesse sono a livelli storicamente minimi, giustificati dal timore di deflazione”. Alcuni economisti ritengono però che esistano alternative alla stretta, a partire dagli interventi sul cambio: “Viviamo in un sistema di cambi flessibili tra le principali valute da 40 anni”, nota Bini Smaghi. “Il problema oggi è semmai l'insufficiente flessibilità di alcune valute, come quella cinese. Ciò comincia a creare problemi per la Cina stessa, come l'aumento dell'inflazione”. Probabile, però, che con l'aumento dei tassi cresceranno anche le spese per interessi sul debito degli stati: “Quello che conta per il debito pubblico sono soprattutto gli interessi a medio-lungo termine, e questi dipendono dalle aspettative d'inflazione – nota Bini Smaghi – più rigorosa è la politica monetaria nel combattere l'inflazione, più saranno ancorate le aspettative e più bassi saranno i tassi d'interesse a lungo termine”.

    Bini Smaghi non nasconde di apprezzare la leadership d'iniziativa di Berlino su un fronte diverso, come quello delle riforme strutturali per l'area euro ovvero del Patto per la competitività al centro dei vertici di marzo e che ieri ha ricevuto una prima approvazione dai leader dell'Eurozona: “Tutto ciò che aumenta la competitività dell'economia europea è utile. Non significa affatto che diventeremo tutti tedeschi. Significa puntare sulla produttività come motore della crescita e vincolo per gli aumenti di remunerazione”. Una strategia “proattiva”, avverte Bini Smaghi, è utile anche per evitare choc che arrivano dall'esterno, come nel caso dell'ultimo downgrade della Spagna da parte di Moody's: “Le agenzie di rating sono procicliche e riflettono più la preoccupazione dei mercati che una valutazione indipendente dei fondamentali. Purtroppo poi cercano di recuperare la credibilità persa con la crisi adottando un atteggiamento estremo. L'unico modo che hanno i governi per smentirle è agire d'anticipo con misure di risanamento dei conti pubblici e per le Autorità di vigilanza nazionali di essere trasparenti e indurre le banche a ricapitalizzare senza aspettare le reazioni dei mercati”. L'europeismo del banchiere centrale si rintraccia anche in un'idea, simile a quella dei Tremonti bond, lanciata ieri durante la lezione magistrale all'apertura dell'anno accademico dell'Imt di Lucca: “Un modo di assicurare che la disciplina sia effettivamente vincolante consiste nel devolvere a un'entità sopranazionale dell'area dell'euro il potere di emettere i titoli di stato per i paesi membri”.

    A livello statale, invece, “il modo migliore per evitare i default da parte dei paesi dell'euro è di stabilire regole per l'indebitamento, che abbiano valore costituzionale”. Uno scenario delineato di recente in Parlamento anche dal direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli. Bini Smaghi rigetta comunque soluzioni emergenziali per l'Italia, come l'ipotesi di imposte straordinarie: “Una patrimoniale non ha alcun senso, per tanti motivi. Il primo è che è una tantum. L'anno successivo se ne dovrebbe fare un'altra. Il secondo – e mi fermo qui – è che un risanamento che si basa sulle entrate è certamente più penalizzante per la crescita, e il vero problema è quello di ridurre la spesa pubblica che in rapporto al pil è ben superiore alla media europea”.