Che cosa succede a Fukushima, nell'epicentro del disastro invisibile

Luigi De Biase

Il governo del Giappone ha chiesto aiuto agli Stati Uniti per affrontare la crisi di Fukushima, una delle centrali atomica danneggiate dal sisma di venerdì. Le scosse hanno raso al suolo chilometri di costa e hanno fatto almeno tremila vittime (ci sono stime non ufficiali che parlano di diecimila), ma l'emergenza più grave è a est, dove si cerca di impedire il disastro nucleare. L'impianto di Fukushima è fermo da quattro giorni.

    Il governo del Giappone ha chiesto aiuto agli Stati Uniti per affrontare la crisi di Fukushima, una delle centrali atomica danneggiate dal sisma di venerdì. Le scosse hanno raso al suolo chilometri di costa e hanno fatto almeno tremila vittime (ci sono stime non ufficiali che parlano di diecimila), ma l'emergenza più grave è a est, dove si cerca di impedire il disastro nucleare. L'impianto di Fukushima è fermo da quattro giorni. Il sistema elettrico che raffredda il combustibile ha smesso di funzionare pochi secondi dopo la prima scossa, e le barre di uranio hanno ormai raggiunto temperature limite. Il pericolo più grande riguarda il reattore numero due: le squadre di emergenza hanno pompato grandi quantità d'acqua nella struttura, ma l'operazione non ha fornito risultati incoraggianti – secondo i tecnici della società che gestisce la centrale, Tepco, l'acqua evapora appena entra in contatto con le barre. Richard Meserve, l'ex capo della Nuclear Regulatory Commission statunitense, dice di non aver “mai sentito di qualcuno che abbia utilizzato acqua marina per raffreddare un reattore. La società ha deciso di sacrificare tutto”.

    Più il tempo passa, più il rischio di una fusione aumenta. Altri due reattori sono al livello di guardia. La tv di stato Nhk ha trasmesso ieri le immagini di una esplosione al numero tre: gli esperti dicono che si tratta di una “perdita guidata” per raffreddare le barre. Undici persone sono rimaste ferite nell'incidente, che è molto simile a quello capitato lunedì nel reattore numero uno. Le autorità hanno cominciato a evacuare 200 mila persone che vivono in un raggio di cento chilometri dall'impianto. Anche la marina americana ha ordinato alle proprie navi di allontanarsi dalla costa. Gli uomini di Tepco e quelli delle squadre di soccorso si preparano allo scenario peggiore con una calma quasi inquietante per l'Europa. Le autorità giapponesi continuano ad allontanare il fantasma del disastro, ma hanno inviato richieste di soccorso sia alla Casa Bianca, sia all'Aiea: la fusione parziale sarebbe già avvenuta a Fukushima, mentre lo stato di crisi è rientrato alla centrale di Onigawa.

    “Non c'è alcun rischio Chernobyl”, ha detto il ministro per la Strategia, Koichiro Genba. Lo stesso pensa il direttore dell'Istituto di fisica del plasma di Milano, Maurizio Lontano, per il quale è sbagliato paragonare Fukushima agli incidenti di Three Miles Island (Pennsylvania, 1979) e di Chernobyl (Ucraina, 1986). “A Three Miles Island le protezioni non mostrarono segni di cedimento. Nell'impianto ucraino, al contrario, non c'era alcun contenitore per  il nocciolo – dice al Foglio l'esperto – La tecnologia delle centrali giapponesi è estremamente avanzata, non si può di certo paragonare a quella di Chernobyl”. L'altra grande differenza è nei soccorsi. Nell'aria di Fukushima non ci sono gas radioattivi pesanti, ma azoto contaminato; le esplosioni avvenute ieri al reattore numero tre fanno parte delle procedure seguite per evitare il peggio, ovvero la fusione del nocciolo. “Se esiste un metodo per fronteggiare un'emergenza simile, è quello che vediamo oggi in Giappone”, dice l'esperto.

    Per il fisico Franco Prodi, il pericolo più imminente è legato al materiale radioattivo che già si trova nell'aria e che può essere trasportato dalle nubi. “Secondo i resoconti dei giornali, questo materiale non ha raggiunto i 1.500 metri di altezza – spiega Prodi – Al momento, non può arrivare molto lontano”.

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