L'Europa si mobilita in soccorso del Giappone

Alberto Mucci

Sembra essere partita la gara di solidarietà della comunità internazionale dopo il maremoto in Giappone. Si susseguono le dichiarazioni di governi, privati cittadini, associazioni, ong e celebrità che manifestano la volontà di “assistere il popolo giapponese”. L'Asia è stata la prima a mobilitarsi e grazie alla vicinanza, la prima a portare un aiuto strategico e logistico. Il governo di Pechino ha annunciato quasi cinque milioni di dollari in aiuti, l'Indonesia e il Vietnam hanno fatto altrettanto, sebbene con cifre minori. Medici australiani e neozelandesi sono già atterrati in Giappone questo weekend.

Leggi Il Giappone che aspettava la scossa, senza sapere quando

    Sembra essere partita la gara di solidarietà della comunità internazionale dopo il maremoto in Giappone. Si susseguono le dichiarazioni di governi, privati cittadini, associazioni, ong e celebrità che manifestano la volontà di “assistere il popolo giapponese”. L'Asia è stata la prima a mobilitarsi e grazie alla vicinanza, la prima a portare un aiuto strategico e logistico. Il governo di Pechino ha annunciato quasi cinque milioni di dollari in aiuti, l'Indonesia e il Vietnam hanno fatto altrettanto, sebbene con cifre minori. Medici australiani e neozelandesi sono già atterrati in Giappone questo weekend. Lo scorso fine settimana da Pechino, Bangkok e la maggioranza delle capitali asiatiche sono partite spedizioni di viveri, tende, medicinali e personale per assistere i trecentomila sfollati e aiutare i centomila soldati giapponesi già presenti nell'area costruendo e gestendo i ripari.

    A sorpresa, anche la Corea del Nord,
    rompendo l'isolamento consono, ha espresso il proprio “cordoglio per le vittime” attraverso il capo della Croce rossa locale.

Anche i comunicati delle celebrità non si sono fatti attendere. Lady Gaga, cantante pop americana, ha annunciato la vendita di braccialetti da lei disegnati i cui ricavi andranno ad aiutare gli sfollati. Si sono mobilitati anche personaggi asiatici, primo fra tutti il cantante pop coreano Kim Hyun-Joong, che ha donato l'equivalente di 112,390 dollari alla causa giapponese.

Dall'Italia la risposta una mobilitazione unitaria e è ancora incerta. Save the Children Italia ha iniziato una campagna di raccolte fondi a favore dei settantamila bambini sfollati, mentre la Caritas ha donato già cinquantamila euro all'omonima organizzazione giapponese. Roberto Formigoni, il presidente della regione Lombardia, ha dichiarato oggi che la regione è pronta ad aiutare il popolo giapponese, messaggio che si unisce a quello di venerdì del premier, Silvio Berlusconi.

    L'Unione europea, in una nota ufficiale, si è detta “pienamente mobilitata per tradurre la sua solidarietà in concreto sostegno”. Secondo l'Ue, finora venti stati membri hanno offerto aiuti con personale o materiale attraverso il meccanismo di protezione civile europea, per aiutare il Giappone. Tra questi Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Slovacchia, Spagna, Finlandia, Francia, Ungheria, Islanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Romania, Svezia e Regno Unito. Messi a disposizione, in particolare, unità di purificazione dell'acqua, ospedali da campo, unità mediche avanzate, rifugi temporanei di emergenza (Ets). In ogni caso la missione giapponese sembra aver “espresso la sua gratitudine per le offerte dell'Ue ma che – a causa della difficoltà di accesso sicuro alle zone colpite – chiede di attendere l'invio di qualsiasi ulteriore personale, squadre o attrezzature almeno per il momento”.

    Gli ultimi dati delle Nazioni unite parlano di 2.6 milioni di case rimaste senza elettricità e di 3.2 milioni di persone le cui scorte di gas stanno per terminare. Aggiungendosi ai governi intervenuti la Croce rossa e Oxfam hanno organizzato speciali donazioni che hanno già raccolto più di un milione di dollari. Medici Senza Frontiere sono già presenti nell'area con più di ottocento medici divisi in numerose squadre. Il problema degli aiuti è però da affrontare sia nel breve che nel lungo periodo. E' infatti nel lungo periodo che sorgono i maggiori problemi, soprattutto legati alle radiazioni nucleari che potrebbero rendere inaccessibile l'area alle squadre di soccorso. La settima flotta degli Stati Uniti, già presente nel pacifico, e recatasi tempestivamente sui luoghi del disastro, ha dovuto cambiare rotta a causa delle radiazioni provenienti dalla centrale nucleare di Fukushima.

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