Una ragazza da linciare/ 6

Quella folla aizzata di coetanei ci mostra un aspetto di spavento

Stefano Di Michele

Se a Bocca di Rosa toccò di andar via, e intorno a lei lacrimavano persino il parroco e i carabinieri, a Ruby è toccato il trattamento opposto: i fischi, gli insulti (“non vogliamo la merda a Maglie!”, si sente), l'assedio di massa all'arrivo. I “ragazzi delle scuole” (così su Repubblica), da intendersi certo democratici, saggiamente deberlusconizzati come certi paesi denuclearizzati, con i loro sedici o diciotto anni sono stati persino più feroci, molto più feroci, delle oscene beghine che la povera puttana cantata da De André fecero mettere sul primo treno.

Ogni ora verrà pubblicato un intervento sul "linciaggio morale di Ruby, capro espiatorio dell'Italia neopuritana".

    Ogni ora verrà pubblicato un intervento sul "linciaggio morale di Ruby, capro espiatorio dell'Italia neopuritana".

    Guarda la puntata di Qui Radio Londra su Ruby - Leggi Il linciaggio morale di Ruby, capro espiatorio dell'Italia neopuritana di Giuliano Ferrara

    Se a Bocca di Rosa toccò di andar via, e intorno a lei lacrimavano persino il parroco e i carabinieri, a Ruby è toccato il trattamento opposto: i fischi, gli insulti (“non vogliamo la merda a Maglie!”, si sente), l'assedio di massa all'arrivo. I “ragazzi delle scuole” (così su Repubblica), da intendersi certo democratici, saggiamente deberlusconizzati come certi paesi denuclearizzati, con i loro sedici o diciotto anni sono stati persino più feroci, molto più feroci, delle oscene beghine che la povera puttana cantata da De André fecero mettere sul primo treno. E' uno spettacolo raccapricciante, quello che si è visto nei vicoli di Maglie: una folla che urla, aizzata e sotto sotto forse arrapata, contro una ragazzotta che ha gli stessi anni di certi suoi contestatori, sia pure di vita incerta e magari di buona voracità – come infinite altre vite, che possono dispiacerci, ma che non abbiamo alcun diritto di braccare.

    Contro cos'era rivolta, la fremente indignazione salentina? Al suo vagare per discoteche? A una supposta peccaminosa esistenza – non meno grottesca, per altri versi, di quelle di certi moralizzatori dei letti altrui? All'orrenda limousine che la trasportava e l'imprigionava e persino la proteggeva (nel qual caso, un minimo di tolleranza alla protesta va concessa)? Cosa volevano, insomma? Cosa cercavano, in quell'ammucchiarsi disordinato e vociante, tra telefonini che filmavano e cappellini firmati e l'ingiuria vomitata? C'è, in quelle immagini, una perdita di senso, una sproporzione, un rancore fuori da ogni argine e ragione: scene di caccia (cinematograficamente, qualcuno rammenta?) in bassa Italia. Peggio delle lugubri monetine lanciate contro Craxi – ché almeno Craxi era Craxi, omone di potere e cinghialone ardimentoso e sbirri a difesa. Che senso ha, invece, una simile bravata nella tranquilla Maglie di civiltà morotea?

    Ci fosse stato Berlusconi, dentro quella sorta d'immenso catafalco bianco, la protesta ci poteva pure stare, per quanto i più fessi tra i suoi seguaci continuano a scambiare per violazione della sacralità ogni mancata considerazione per l'opera sua. Ma è solo Ruby, solo Ruby Rubacuori – bunga bunga e geriatriche tristezze viennesi, e forse prima ancora brianzole: non richiede l'onere di nessuna lotta, a voler almeno salvare un minimo del proprio personale onore. C'è da sperare che magari la mattina dopo, alla luce del sole, qualcuno dei suoi contestatori, rivedendo le immagini scorrere sul telefonino, si sia un po' vergognato di un simile volgare (la volgarità è persino più complessa di un paio di tette al vento) e ridicolo assalto al regime. Che come ogni cosa ridicola, mostra nel suo pugno aperto sempre un aspetto di spavento.