Un tweet è per sempre. Meglio evitare di scrivere certe cose sui social network
Il cortocircuito tra il mondo sempre più politicamente corretto in cui viviamo e la totale libertà di dire quello che ci pare grazie ai social network genera mostri. Nelle ore tragiche del maremoto in Giappone, siti e blog di tutto il mondo riportavano i tweet disperati dei giapponesi coinvolti nel disastro. Nel frattempo, senza saperlo, l'attore americano Gilbert Gottfried (famoso soprattutto per la sua voce) scriveva la propria lettera di licenziamento ironizzando con cinismo sul suo account (privato) di Twitter.
Il cortocircuito tra il mondo sempre più politicamente corretto in cui viviamo e la totale libertà di dire quello che ci pare grazie ai social network genera mostri. Nelle ore tragiche del maremoto in Giappone, siti e blog di tutto il mondo riportavano i tweet disperati dei giapponesi coinvolti nel disastro. Nel frattempo, senza saperlo, l'attore americano Gilbert Gottfried (famoso soprattutto per la sua voce) scriveva la propria lettera di licenziamento ironizzando con cinismo sul suo account (privato) di Twitter: “I giapponesi sono avanti: loro non vanno in spiaggia, è la spiaggia a venire da loro”, e altre battute del genere. Quando si è reso conto che la cosa gli avrebbe potuto creare problemi era troppo tardi: fired, licenziato. A nulla sono valse le scuse e la donazione di 1,2 milioni di dollari alle popolazioni colpite dal terremoto. La cosa ha fatto discutere, anche perché viviamo in un mondo dove ciò che viene scritto sul Web conta più di quello che facciamo. Ne sa qualcosa Gianni Riotta, ormai ex direttore del Sole 24 Ore, salutato ieri su diversi siti da articoli che prendevano ironicamente spunto dai suoi (numerosi) tweet sugli argomenti più disparati. Il Post di Luca Sofri ha pubblicato una classifica dei suoi dieci messaggi migliori; ma c'è da dire che la prima notizia ufficiale delle dimissioni l'ha data Riotta stesso segnalando che la sua biografia era cambiata (non c'era più scritto “direttore del Sole 24 Ore”).
Così se scripta manent, un tweet è per sempre: a poco vale cancellarli, Google è comunque in grado di ripescare quello che uno di noi ha digitato in un momento di follia, rabbia, eccitazione o cazzeggio. Sorte simile è toccata a J. P. Crowley, assistente del segretario di stato americano Hillary Clinton dimessosi per le dichiarazioni sul soldato Bradley Manning, detenuto per avere passato a Wikileaks informazioni preziose. Subito dopo le dimissioni Foreign Policy ha pubblicato la top ten dei tweet di Crowley, nei quali sbeffeggia i capi di stato stranieri secondo il manuale del perfetto antidiplomatico. Attenzione a quello che si scrive sui social network: tutto può essere usato contro di noi, persino le foto e gli status di Facebook. E' notizia di due giorni fa che chi dichiara poco o niente al fisco farebbe meglio a non pubblicare le immagini delle vacanze ai Caraibi o della nuova Ferrari. Agenzia delle entrate e Guardia di Finanza ora controllano anche lì.
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