Il piano segreto del governo per una sana e robusta frustata pro crescita

Michele Arnese

Si può rafforzare la crescita anche senza stimoli finanziari. Ovvero: una frustata composta di semplificazioni e snellimenti burocratici può favorire l'attività di impresa riducenco costi e intralci. In attesa della riforma fiscale in cantiere al ministero dell'Economia, il governo è al lavoro da un lato al Pnr (Programma nazionale di riforma) da presentare entro il 15 aprile alla Commissione europea e dall'altro a un dl Sviluppo per maggio-giugno.

    Si può rafforzare la crescita anche senza stimoli finanziari. Ovvero: una frustata composta di semplificazioni e snellimenti burocratici può favorire l'attività di impresa riducenco costi e intralci. In attesa della riforma fiscale in cantiere al ministero dell'Economia, il governo è al lavoro da un lato al Pnr (Programma nazionale di riforma) da presentare entro il 15 aprile alla Commissione europea e dall'altro a un dl Sviluppo per maggio-giugno. Da un carteggio riservato fra uffici tecnici ministeriali e associazioni imprenditoriali, emergono le semplificazioni allo studio nei dicasteri retti da Paolo Romani (Sviluppo economico), Renato Brunetta (Innovazione nella pubblica amministrazione), Roberto Calderoli (Semplificazione normativa) e Altero Matteoli (Infrastrutture) che spaziano dal piano casa agli appalti pubblici, dall'urbanistica allo snellimento per le attività produttive. Uno degli obiettivi generali è “la qualità della produzione normativa”, si legge nei documenti non pubblici: il fine è quello di prevedere “un divieto di introdurre nuovi oneri burocratici senza ridurne altri per un importo corrispondente”.

    Il capitolo “urbanistica ed edilizia” è corposo: l'esecutivo conta di “incentivare interventi di demolizioni e ricostruzioni”, anche “attraverso il riconoscimento di maggiore volumetria” e “la possibilità di delocalizzazione in zone diverse in caso di demolizioni”. I dicasteri coinvolti stanno studiando anche in materia edilizia “una riduzione del termine da 60 a 30 giorni per i controlli della Pubblica amministrazione” e “la conferma della vigenza della cosiddetta super Dia edilizia (denuncia di inizio attività), statale e regionale, che può essere presentata in alternativa al permesso di costruire”.
    Le misure, secondo gli appunti governativi al vaglio delle maggiori confederazioni degli imprenditori, puntano “alla riqualificazione urbana, all'attribuzione di premi di cubatura, alla possibilità di modificare le sagome degli edifici e di delocalizzare le cubature di immobili demoliti”.

    Non meno importante è il capitolo sugli appalti pubblici: Palazzo Chigi cerca di conciliare l'accelerazione delle procedure, i risparmi nella spesa pubblica, la partecipazione dei privati e, soprattutto, “una sistematica riduzione dei termini di svolgimento di alcune importanti fasi procedurali delle grandi opere”. Le misure in cantiere vanno “dal riconoscimento di maggiori diritti per i privati in materia di finanza di progetto”, “all'abbreviazione dei termini delle procedure per la realizzazione di infrastrutture e insediamenti produttivi privati strategici”, passando per “l'innalzamento delle soglie per l'aggiudicazione dei lavori mediante procedura negoziata senza la pubblicazione del bando”.
    Inoltre “il decreto legge in gestazione – si legge in un appunto dei tecnici ministeriali – potrebbe prevedere misure di semplificazione delle procedure per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, fortemente sostenute da Confindustria, nonché norme volte a semplificare i procedimenti e ad accelerare i tempi per la concessione di finanziamenti per la ricerca e l'innovazione”.

    La confederazione presieduta da Emma Marcegaglia, infatti, giudica “sicuramente condivisibili” gran parte degli interventi allo studio, tra cui quello di “una riduzione di tempi e costi di gestione delle pratiche e la riduzione di alcuni adempimenti amministrativi imposti alle imprese dalla normativa in materia di privacy”. Gli industriali, invece, hanno espresso dubbi sull'ipotizzata abolizione di nuovi arbitrati e interrogativi sulla riforma degli incentivi: “Si potrebbe stimare – si legge in un documento confindustriale a circolazione interna – una perdita complessiva di circa 2,2 miliardi di incentivi erogati”.