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Il Cav. vuole una conclusione rapida e la via diplomatica. Perciò frena Parigi e incalza la Nato
Il governo riluttante è entrato in guerra, costretto dall'eccitazione franco-britannica. Ma adesso, condividendo le perplessità che emergono nelle ultime ore persino dal Pentagono, l'esecutivo guidato da Silvio Berlusconi cerca una soluzione diplomatica al conflitto libico.
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Il premier, Silvio Berlusconi, durante una cena elettorale a Torino ha detto: "Sono addolorato per Gheddafi e mi dispiace. Quello che accade in Libia mi colpisce personalmente". Poi, la replica del leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini: "Affronteremo con senso dello stato il dibattito parlamentare, ma una cosa deve essere chiara: siamo addolorati per le migliaia di donne e di uomini assassinati da Gheddafi e dai suoi scherani, non certo per la sorte del leader libico. Tra il carnefice e le vittime non abbiamo dubbi da che parte stare".
Il governo riluttante è entrato in guerra, costretto dall'eccitazione franco-britannica. Ma adesso, condividendo le perplessità che emergono nelle ultime ore persino dal Pentagono, l'esecutivo guidato da Silvio Berlusconi cerca una soluzione diplomatica al conflitto libico. Soluzione che deve tuttavia passare, in prima battuta, dall'imporre una frenata alla baldanza francese. Per questo Berlusconi ha chiesto che il comando delle operazioni militari sia affidato alla Nato, e il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha rafforzato il concetto: “O il comando passa alla Nato o ci riprendiamo le basi”.
E proprio ieri in serata Barack Obama ha annunciato che così avverrà, “nel giro di giorni”. La sintonia con Giorgio Napolitano protegge la posizione del governo, ma Berlusconi pensa che un altro modo di affrontare la questione libica sia possibile. Qualora il cessate il fuoco imposto ieri dovesse funzionare, potrebbe anche aprirsi una via d'uscita diplomatica al conflitto. Una strada che il premier vorrebbe promuovere puntando sulla triangolazione con gli scettici: la Lega araba, la Russia e la Germania. Ma prima sono necessari dei passi intermedi, interni alla coalizione dei cosiddetti “volenterosi”, che facciano chiarezza sulle reali intenzioni dei paesi finora più interventisti e autonomi, come la Francia e l'Inghilterra (ma quest'ultima sta già cambiando posizione). “Posto che ormai siamo in ballo, dobbiamo cominciare a porre dei problemi agli alleati”, dice al Foglio il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano. Questi i punti da chiarire: “Chi comanda la missione? Qual è l'obiettivo effettivo? Si tratta di proteggere i civili o mandare via il dittatore? Chi si occuperà degli effetti della guerra in termini di immigrazione e rischio terrorismo? Gli alleati e l'Europa ci aiuteranno?”.
Si tratta di alcuni dei temi affrontati ieri dal Cdm, che aveva deciso di chiedere con forza che sia la Nato a guidare le operazioni militari. Richiesta che ha trovato la sperata (ma forse non si sperava così rapida) eco americana. Al comando affidato alla Nato la Francia è contraria e – forse più importante – lo è anche la Turchia. Ma porre la questione della catena di comando, da parte dell'Italia, rientra nella logica che punta a frenare i paesi (come la Francia) che intendono la missione in Libia non tanto per proteggere la popolazione – come autorizza la risoluzione 1.973 – ma per sconfiggere Gheddafi. Ha detto Frattini, con una minaccia neanche tanto occulta: “Se non si arrivasse a un comando unico sotto l'ombrello della Nato, dovremo trovare un modo affinché l'Italia assuma la responsabilità del controllo sulle proprie basi”.
La linea italiana sarà espressa anche dalle due mozioni di indirizzo che il centrodestra si prepara a portare mercoledì in Aula per il voto. La Lega è sin dall'inizio la forza politica più scettica nei confronti del conflitto in Libia, ma ieri i ministri padani, rassicurati dal premier, hanno fatto uno sforzo di unità. Le mozioni per il momento sono due, una della Lega e una del Pdl, ma è verosimile che alla fine vengano accorpate. Queste in sintesi le indicazioni dei partiti di maggioranza al governo: rispetto del trattato Italia-Libia che tutela l'Italia dal punto di vista delle risorse energetiche; rispetto integrale della risoluzione 1.973 del Consiglio di sicurezza dell'Onu; impegno affinché, attraverso il blocco navale, si impediscano gli sbarchi di clandestini; impegno comune di tutti i paesi europei nella gestione dell'emergenza umanitaria e dei profughi. L'Italia chiede un blocco navale del Mediterraneo per affrontare i problemi legati all'immigrazione. Il ministro dell'Interno Roberto Maroni, forse il più preoccupato, ha annunciato di volersi recare in Tunisia per chiudere un accordo almeno sul pattugliamento di quelle coste.
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