“Silvio Forever”, il film di Faenza contro il Cav. è un'agiografia del Cav.
Tecnicamente si chiama agiografia. Anche panegirico, volendo. E' quando di un personaggio si illustrano l'infanzia, le prime esperienze, le prodezze e i successi. Quando si riportano i discorsi seguiti dagli applausi. Quando si interrogano le mamme che trovano qualcosa di buono anche nel dito medio mostrato da un contestatore di passaggio (“Voleva dirti che sei il numero uno”). Nell'ordine naturale delle cose, film come “Silvio Forever” vengono girati da registi compiacenti a spese dei beneficati.
Tecnicamente si chiama agiografia. Anche panegirico, volendo. E' quando di un personaggio si illustrano l'infanzia, le prime esperienze, le prodezze e i successi. Quando si riportano i discorsi seguiti dagli applausi. Quando si interrogano le mamme che trovano qualcosa di buono anche nel dito medio mostrato da un contestatore di passaggio (“Voleva dirti che sei il numero uno”). Nell'ordine naturale delle cose, film come “Silvio Forever” vengono girati da registi compiacenti a spese dei beneficati. In Italia, che all'ordine naturale delle cose è refrattaria (su questo poggia la vera unità nazionale), vengono girati dai nemici. Prima che Roberto Faenza vada su tutte le furie, faccia sottili distinguo, o citi un'altra volta il suo film “Forza Italia” uscito nel 1978 e lodato dal Wall Street Journal: questa è l'unica biografia non autorizzata che l'interessato potrebbe fare sua.
Filmati di repertorio – e quando mancano gli audio supplisce l'imitazione di Neri Marcorè, su parole del biografato – raccontano che Berlusconi da piccolo mungeva le mucche, salvava la sorellina in procinto di annegare nel secchio del latte, raggranellava soldi lavorando alle fiere, passava bigini con la garanzia “soddisfatti o rimborsati”. I soldi venivano messi sul comodino di papà, che si seccò molto quando scoprì che il figlio mandato alla Sorbona viveva da una spogliarellista. Seguirono i primi terreni e le prime case, vendute con il trucco. Il “trucco” erano i parenti che si fingevano compratori interessati, finché una cugina baciò consanguinei e collaterali fino al settimo grado svelando l'inganno. Da grande, il biografato invita le ragazze nel letto di Putin. Ma la mattina dopo cortesemente telefona per un salutino, mica sparisce facendo dire dalla segretaria che è in visita ufficiale a Zapatero. Questo vorrebbe essere l'affondo degli affondi, assieme a una sventagliata di fotografie con Noemi in bikini e a qualche ragazza ripescata dall'incolpevole “Drive In”. Con la scusa del documentario e dello sdegno, la nostra dose di chiappe non ce la facciamo mancare mai.
“Pronto per un passaggio televisivo”, si usava dire di certi film riusciti male. “Pronto per essere rifiutato dalla Rai o da Mediaset”, abbiamo pensato uscendo da “Silvio Forever”, già sbadigliando al pensiero dei prossimi martiri. Solo Silvio può salvarci. Comprando questo documentario, che lo ritrae mentre piange sugli immigrati albanesi morti. Una scena che Veltroni ancora gli invidia.
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