Se la guerra arriva a Gerusalemme

Luigi De Biase

Hamas ha cominciato una nuova campagna militare contro Israele. Ieri pomeriggio, un ordigno è esploso nel centro di Gerusalemme uccidendo una persona e ferendone almeno trenta, ma già nel corso della mattina due missili Grad lanciati dalla Striscia di Gaza avevano centrato Beersheva, nella parte meridionale del paese. “Questa è una risposta naturale ai crimini di Israele”, ha detto un portavoce di Hamas, il movimento islamista che controlla la Striscia.

    Hamas ha cominciato una nuova campagna militare contro Israele. Ieri pomeriggio, un ordigno è esploso nel centro di Gerusalemme uccidendo una persona e ferendone almeno trenta, ma già nel corso della mattina due missili Grad lanciati dalla Striscia di Gaza avevano centrato Beersheva, nella parte meridionale del paese.

    “Questa è una risposta naturale ai crimini di Israele”, ha detto un portavoce di Hamas, il movimento islamista che controlla la Striscia. Lo stesso pensano i rappresentanti del Jihad islamico nella Striscia. Nessuno, tuttavia, si è preso sinora la responsabilità dell'attacco a Gerusalemme. Era dal 2004 che una bomba non colpiva la capitale: l'evento ha spinto il premier, Benjamin Netanyahu, a rinviare un viaggio a Mosca per riunire il gabinetto d'emergenza. Il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, ha incontrato il capo dell'esercito e ha fatto capire che ci sarà una risposta già a partire dalle prossime ore. “Non tolleriamo alcun attacco contro i nostri civili”, ha detto Barak. L'ordigno era nascosto nei pressi della stazione ferroviaria, probabilmente accanto a un telefono pubblico, e pesava un paio di chili. L'esplosione è stata violenta e ha mandato in frantumi i vetri di un autobus che passava in quel momento: secondo il ministro della Sicurezza, Yitzhak Ahronovitch, l'involucro conteneva “chiodi e altri elementi” per aumentare i danni. “Non abbiamo ricevuto alcuna informazione dall'intelligence – ha affermato il capo della polizia, Nir Barkat – Siamo sempre pronti per eventi come questo, ma oggi non c'è stato alcun avvertimento specifico”. Se i servizi segreti non hanno intercettato la possibilità di un attacco a Gerusalemme, se Hamas e le altre organizzazioni terroristiche della Striscia non rivendicano l'attentato, è possibile che l'ordigno sia stato piazzato da un cittadino palestinese che vive in Israele. Come avvenne nel 2008, quando un uomo di Gerusalemme est salì a bordo di un bulldozer e investì diciannove persone per le strade della città. Al termine del vertice con Netanyahu, il responsabile dell'Interno ha detto che “gli incidenti di oggi ci spingono a considerare l'ipotesi di un'operazione antiterrorismo. Non c'è ancora una decisione, ma abbiamo varie possibilitàa nostra disposizione”.

    La bomba è l'ultimo segnale di una crisi che monta da giorni al confine fra Israele e la Striscia. I miliziani hanno aumentato il lancio di missili sulle città del Negev: ieri non state colpite soltanto le strade di Beersheva, ma anche quelle di Eshkol, Shaar Hanegev e Ashdod. Il Jihad islamico ha rivendicato ogni singolo attacco,e l'aviazione israeliana ha risposto con azioni mirate su Gaza. Ma il grosso degli scontri è avvenuto martedì, quando l'Idf ha portato a termine due raid nei distretti che sono sotto il controllo di Hamas per fermare le operazioni dei terriristi. Otto persone hanno perso la vita, e fra loro ci sono quattro vittime civili.

    Come dice il quotidiano Haaretz, si tratta dello scambio più pesante da Piombo Fuso, l'operazione antiterrorismo compiuta dall'esercito di Israele nel 2008. “Una piccola guerra sta cominciando a Gaza”, ha scritto nel corso della mattina il quotidiano, ben prima che il bilancio della settimana arrivasse a comprendere le vittime dell'ordigno esploso di fronte alla stazione di Gerusalemme. L'avanzata militare di Hamas ne segue un'altra, di carattere diplomatico. Nel fine settimana, un ufficiale ha fatto sapere che le autorità di Gaza chiederanno ancora il riconoscimento di uno stato palestinese all'Assemblea delle Nazioni Unite. La proposta è stata bloccata a febbraio dagli Stati Uniti, che hanno opposto il loro diritto di veto. Questa mossa ha il favore del presidente dell'Anp, Abu Mazen, che cerca di fermare così la costruzione di nuovi insediamenti a Gerusalemme est e nei Territori. I palestinesi consideravano la fine dei lavori una condizione indispensabile per il successo dei negoziati di pace con Israele, ma i colloqui sono falliti. Il riconoscimento è un grande pericolo per Abu Mazen e per il primo ministro Salam Fayyad: nel caso di elezioni, i terroristi di Hamas avrebbero buone chance di prevalere sulle forze più moderate. Allo stesso modo, gli estremisti sono in grado di sfruttare meglio gli effetti della primavera araba, che dopo aver rovesciato i governi di Egitto e Tunisia si avvicina ora a Ramallah.