Le Amazzoni che hanno costretto Obama a fare la guerra a Gheddafi

Annalena Benini

Bisogna immaginare la scena descritta da Maureen Dowd sul New York Times: un gruppo di donne toste, ormai chiamate le Amazzoni guerriere, le Lady Falco, le Valchirie, che piombano sul presidente, Barack Obama, lo scuotono dalle sue delicate sensibilità e gli mostrano la strada della guerra. E' una storia affascinante: gli uomini della Casa Bianca surclassati dalle feroci ragazze intorno a Obama (mentre Gheddafi, dicono, è nascosto in un bunker nel deserto circondato dalle proprie amazzoni).

    Bisogna immaginare la scena descritta da Maureen Dowd sul New York Times: un gruppo di donne toste, ormai chiamate le Amazzoni guerriere, le Lady Falco, le Valchirie, che piombano sul presidente, Barack Obama, lo scuotono dalle sue delicate sensibilità e gli mostrano la strada della guerra. E' una storia affascinante: gli uomini della Casa Bianca surclassati dalle feroci ragazze intorno a Obama (mentre Gheddafi, dicono, è nascosto in un bunker nel deserto circondato dalle proprie amazzoni). Donne che non sempre si sono volute bene fra loro (condizione più rara perfino di quest'improvvisa ondata di falchismo sui tacchi): durante le primarie del 2008, Samantha Power, adesso assistente alla Sicurezza nazionale, bellissima, una star del mondo liberal con i capelli rossi, definì Hillary Clinton “mostro”, tanto per fare un esempio. Ora sono tutte unite contro Gheddafi e Susan Rice, ambasciatrice alle Nazioni Unite ed ex consigliera dell'Amministrazione Clinton per l'Africa, ossessionata dal Ruanda, si è trovata alla sessione di giovedì scorso dell'Onu a convincere tutti: parlottava nell'orecchio ai delegati, telefonava, era impegnatissima a spiegare la necessità di un attacco umanitario.

    Madamine, il catalogo delle muse militari è questo: la Power (che ha vinto il Pulitzer per un suo libro contro i genocidi), Gayle Smith, anche lei consigliera di Clinton in Africa dopo il massacro del Ruanda, Hillary Clinton, e Anne-Marie Slaughter (suona un po' come Anna Maria Massacro) che nel 2008 spiegava la grande differenza che la distingueva dai neocon: la disponibilità all'uso della forza. Ora, da ex direttore della pianificazione politica al dipartimento di stato, ha scritto sul NYT criticando le esitazioni di Obama, spiegando che dopo le discussioni si deve agire. Naturalmente a guidare la guerra in Libia c'è una donna, Margaret Woodward, generalessa con caschetto biondo e frangetta. Sul Daily Beast hanno scritto che quest'affollamento di ragazze significa molto nell'evoluzione del paese, e che anche se i loro argomenti interventisti sono “emotivi”, hanno trionfato sul freddo linguaggio degli interessi. Maureen Dowd invece ha ironizzato sui doppi sensi psicosessuali dei missili e del linguaggio militare e ha raccontato che gli uomini erano così disperati all'idea di far sembrare Obama un burattino nelle mani delle ragazze (dopo la madre e la moglie) che hanno dichiarato che le Furie non si trovavano nella stanza della Decisione. E dov'erano allora, si chiede Maureen Dowd, in cucina?

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.