Che fine ha fatto il mecenate francese?

Alberto Mucci

In Francia i dati sui finanziamenti privati all'arte, pubblicati da Admical, l'Istituto per lo sviluppo del mecenatismo industriale e commerciale, hanno fatto preoccupare gli artisti francesi: dal 2008 al 2010 le donazioni sono diminuite del 63 per cento, da 975 milioni a 380 milioni. Anche la cifra complessiva dei finanziamenti privati dei francesi alle attività culturali in genere (tra cui arte, sport e impegno sociale) che tre anni fa ammontava a due miliardi e mezzo, lo scorso anno è scesa a due.

    In Francia i dati sui finanziamenti privati all'arte, pubblicati da Admical, l'Istituto per lo sviluppo del mecenatismo industriale e commerciale, hanno fatto preoccupare gli artisti francesi: dal 2008 al 2010 le donazioni sono diminuite del 63 per cento, da 975 milioni a 380 milioni. Anche la cifra complessiva dei finanziamenti privati dei francesi alle attività culturali in genere (tra cui arte, sport e impegno sociale) che tre anni fa ammontava a due miliardi e mezzo, lo scorso anno è scesa a due.

    La ricerca di Admical rivela anche la crescente spilorceria dei mecenati francesi: è evidente, infatti, il cambiamento della destinazione dei fondi. La cultura perde il primato giungendo al terzo posto con il 19 per cento dei finanziamenti, subito dopo la triade “sociale, istruzione e sanità” (36 per cento) e lo sport (26 per cento delle donazioni).

    “I finanzieri […] preferiscono grandi progetti più visibili”, fa notare Olivier Tcherniak, il presidente dell'Aldmical, in un'intervista al quotidiano francese Le Monde. Insomma, un piccolo logo sulla copertina di voluminosi cataloghi, che in pochi comprano alle mostre e alle esibizioni, non basta più ai patron dell'arte. Sembrerebbe quasi un addio ai progetti di poche settimane e l'inizio di programmi più a lungo termine e rivolti a un pubblico più ampio. Ormai è preferibile “sponsorizzare dieci mesi di ‘scuola à l'Opera' per l'istruzione dei bambini”, soyyolinea Jean-Yves Kaced, responsabile del dipartimento di fundraising al museo del Louvre.

    Non va meglio da noi. In un appello agli artisti italiani nel Foglio, l'ex ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, aveva denunciato “l'accattonaggio dell'artista al politico”, la tendenza tutta italiana ad appoggiarsi solamente allo stato. Dopo mesi di proteste in cui il teatro lirico sembrava destinato a chiudere i battenti, all'ultimo, un aumento delle accise sulla benzina ha raddoppiato il Fondo unico per lo spettacolo(Fus), che è arrivato a 428 milioni. Una conquista, ma il mecenatismo privato italiano rimane timido (per non dire taccagno) rispetto a quello francese. Secondo gli ultimi dati disponibili del ministero dei Beni culturali, le erogazioni liberali a favore della cultura per il 2009 ammontano a 29,5 milioni di euro, pur essendo stata introdotta la deducibilità fiscale per donazioni. Uniche eccezioni, per ora, gli imprenditori italiani Della Valle e Benetton , che hanno annunciato il primo la donazione di venticinque milioni di euro per il restauro del Colosseo (con la promessa di pochi cartelloni pubblicitari), il secondo quattro milioni di euro per tappare i buchi del budget al teatro la Fenice di Venezia.

    Intanto, Oltralpe, Martine Tridde-Mazloum,
    direttrice della fondazione Bnp Paribas, ha dichiarato ironicamente al “Monde” che se le cose continueranno così “in Francia gli artisti beneficeranno di aiuti statali ma sotto forma di assistenza sociale”. Se il ministro Bondi non avesse lottato per un aumento del Fus prima di lasciare il suo ministero, vista la generosità del mecenatismo italiano, lo scenario immaginato da Mazloum in Francia sarebbe potuto essere presto una realtà anche italiana.