Confessionale
Mi sono appassionata, leggendo “Una storia di destra” di Italo Bocchino (Longanesi), al racconto delle case in cui Bocchino ha vissuto da ragazzo squattrinato e ambizioso militante: una camera nel retro di un distributore di benzina, a Perugia, quando si iscrisse all'università, nel 1985, poi un appartamento con altri tre studenti e pochi soldi per mangiare, a un certo punto il divano letto a casa di Maurizio Gasparri, a Roma.
Mi sono appassionata, leggendo “Una storia di destra” di Italo Bocchino (Longanesi), al racconto delle case in cui Bocchino ha vissuto da ragazzo squattrinato e ambizioso militante: una camera nel retro di un distributore di benzina, a Perugia, quando si iscrisse all'università, nel 1985, poi un appartamento con altri tre studenti e pochi soldi per mangiare, a un certo punto il divano letto a casa di Maurizio Gasparri, a Roma (Gasparri era sposato, viveva in un monolocale con la moglie a via Gradoli: la moglie, eroica, per nove mesi sopportò che sul divano ci dormisse Bocchino, a volte addirittura con Ignazio La Russa, e nonostante quell'immagine incancellabile dalla memoria non chiese mai il divorzio, anzi preparava da mangiare per tutti). Quando fu assunto al Secolo d'Italia, Bocchino prese in affitto un seminterrato di venticinque metri quadri (la moglie di Gasparri dovette accogliere con grande gioia la notizia, perché gli regalò un armadio) che divideva con Pietrangelo Buttafuoco: sullo stesso pianerottolo abitava Ruby, un transessuale che riceveva i clienti, i quali leggendo “Bocchino” sul citofono legittimamente si sbagliavano e suonavano a colpo sicuro; loro gentilmente li conducevano anche a notte fonda all'appartamento giusto (“Mai che il Ruby ci fosse grato, anzi… ci umiliò con una lavata di capo sull'indecorosa presenza di fascisti in uno stabile così onorato. E per giunta vicino alla Santa Città del Vaticano”, scrive Buttafuoco nella postfazione).
Poi l'ascensore sociale di Bocchino salì in fretta (diventò deputato a ventotto anni e ancora prima andò a convivere con la futura moglie Gabriella Buontempo a Palazzo Taverna, un posto con gli uscieri in livrea, in cui imparò a indossare anche la giacca da camera, fra lo sbalordimento degli amici), quindi addio agli scantinati, ai retrobottega, ai divani letto con La Russa, addio agli anni giovani e squattrinati, che poi (a parte La Russa nel letto) di solito sono i migliori anni in assoluto. L'altra sera invece, da Fabio Fazio, Italo Bocchino sembrava nella casa del Grande Fratello, in particolar modo nel confessionale: Bocchino ha chiesto televisivamente scusa alla moglie per gli errori (sentimentali) commessi, cioè per quella relazione, raccontata dalla moglie stessa in un'intervista a Vanity Fair, con il ministro Mara Carfagna. Che ieri sera ha diffuso un video in cui ha commentato la vicenda: “Chiacchiere al vento e che il vento se le porti, ed è l'ultima volta che io parlo di mie vicende personali”. Ecco, a questo libro, che racconta “una storia di destra” e descrive un uomo di destra che vuole fortemente essere presentabile, liberale, conservatore, moderno, europeo, manca un capitolo fondamentale sulla gentilhommerie (è di destra o di sinistra? esiste?): non si parla male delle fidanzate (vere, presunte, ufficiali, clandestine, presenti, passate), anzi si accendono in silenzio dei ceri per la eventuale incredibile fortuna. Meglio fingersi monaci tibetani e coprirsi di ridicolo, piuttosto che mettere in ridicolo una signora (anche se la signora ha mostrato di sapersi difendere molto meglio da sola). In privato, da uomini, si sconteranno le proprie pene. Se non si è capaci, allora trasformarsi davvero in monaci tibetani.
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