Il piano Maroni per Lampedusa è pronto per il Cdm di domani, ma al Cav. serviva un po' prima

Salvatore Merlo

Gli immigrati? “Fora d'i ball…”. Dietro alle solite espressioni di Umberto Bossi forse stavolta si nasconde una piccola grana per Silvio Berlusconi. Specie dopo  i fatti di Ventimiglia: la Francia respinge verso l'Italia i tunisini che varcano la frontiera tra Liguria e Costa azzurra. La Lega ha preteso, e ottenuto, che nella risoluzione parlamentare che circoscrive le ragioni dell'intervento nella missione internazionale in Libia il tema della partecipazione italiana fosse collegato alla gestione collegiale europea dei flussi migratori. “Un po' in Italia, un po' anche agli altri”.

    Gli immigrati? “Fora d'i ball…”. Dietro alle solite espressioni di Umberto Bossi forse stavolta si nasconde una piccola grana per Silvio Berlusconi. Specie dopo  i fatti di Ventimiglia: la Francia respinge verso l'Italia i tunisini che varcano la frontiera tra Liguria e Costa azzurra. La Lega ha preteso, e ottenuto, che nella risoluzione parlamentare che circoscrive le ragioni dell'intervento nella missione internazionale in Libia il tema della partecipazione italiana fosse collegato alla gestione collegiale europea dei flussi migratori. “Un po' in Italia, un po' anche agli altri”. Roberto Maroni ha predisposto un piano probabilmente efficace, che presenterà domani in Cdm, per risolvere l'emergenza. Ma se il catenaccio navale intorno a Lampedusa e la redistribuzione dei migranti sul territorio nazionale sono cosa quasi fatta (anche se le resistenze da parte di alcune regioni restano) manca – non per inefficienza del ministro – la solidarietà fattiva dell'Unione europea.

    Lo ha denunciato lo stesso Maroni più volte: “La Commissione collabora, ma ci sono resistenze dei singoli stati. Specie quelli del nord”. Se il ministro padano potrà a breve vantare un successo nell'aver sgombrato (a partire da oggi stesso) Lampedusa, e se potrà anche inaugurare una politica di rimpatri forzosi verso la Tunisia, è praticamente certo che domani non potrà che lamentare, ancora, di fronte al premier e al governo tutto, “la mancanza di collaborazione dei nostri alleati”. Ovvero anche, e soprattutto, quei paesi, come la Francia, che partecipano con entusiasmo alla missione militare della Nato in Libia ma che della questione migratoria che affligge l'Italia non sembrano interessarsi altrettanto. Così in queste ore il nervosismo, un po' pre elettorale un po' no, che anima la Lega potrebbe avere ricadute sui rapporti internazionali dell'Italia.

    “Con l'atteggiamento della Francia, l'Unione europea è a rischio”, dice Andrea Gibelli, che nella Lega occupa un posto chiave: è il vicepresidente della regione Lombardia. “La linea della Lega è comunque chiara – conclude Gibelli – seguirà il piano del ministro Maroni. Se questa è l'Europa, meglio averne un'altra”. Umori diffusi, persino anche talvolta con sfumature più forti, negli ambienti ministeriali. C'è chi, nell'entourage bossiano, teorizza una minaccia che suona più o meno così: “O gli alleati si fanno anche loro carico del problema, oppure non è detto che in Libia l'Italia debba stare per forza dalla stessa parte di Francia e Inghilterra”. Parole che non hanno bisogno di uno sforzo di esegesi per essere comprese: pronunciate domani in Cdm sarebbero una questione di cui si troverebbe investito il ministro degli Esteri Franco Frattini. Ma chissà.

    Nel Pdl l'agitazione della Lega è in parte mal vista. Le capacità di Maroni sono incontestate, ma il contorno polemico (propagandistico?) che il partito di Bossi costruisce intorno al tema immigrazione allarma i settori berlusconiani. Tra gli alleati, Pdl e Lega, c'è molta competizione e nei gruppi parlamentari di Berlusconi si è ormai affermata l'idea che la lotta all'immigrazione (remunerativa in termini di consenso) non debba diventare una issue esclusivamente nordista. Da qui l'idea di una riunione straordinaria dei gruppi stamattina. Ma forse non basterà. C'è chi ha chiesto al premier di non regalare la scena al solo e capacissimo Maroni.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.