Sono cinesi e iraniani gli scienziati migliori del mondo?

Alberto Mucci

La Royal Society, l'accademia nazionale britannica delle scienze, ha reso noto in un nuovo rapporto lo sviluppo delle nuove “potenze scientifiche globali”. Nello studio intitolato "Knowledge, Network and Nations: Global Scientific Collaboration in the 21st century", ai nomi quasi scontati di Cina, India e Brasile, si associano nuovi ingressi non tradizionalmente legati all'eccellenza scientifica, come l'Iran, la Tunisia e la Turchia. Alla cerimonia di presentazione Sir Chris Llewellyn Smith, professore di Oxford a capo della ricerca, ha dichiarato che “il mondo scientifico sta cambiando".

    La Royal Society, l'accademia nazionale britannica delle scienze, ha reso noto in un nuovo rapporto lo sviluppo delle nuove “potenze scientifiche globali”. Nello studio intitolato "Knowledge, Network and Nations: Global Scientific Collaboration in the 21st century", ai nomi quasi scontati di Cina, India e Brasile, si associano nuovi ingressi non tradizionalmente legati all'eccellenza scientifica, come l'Iran, la Tunisia e la Turchia. Alla cerimonia di presentazione Sir Chris Llewellyn Smith, professore di Oxford a capo della ricerca, ha dichiarato che “il mondo scientifico sta cambiando, ma le potenze emergenti offrono la possibilità per sviluppare nuovi modi di pensare e nuove possibilità di collaborazione per trovare soluzioni alle sfide globali che stiamo affrontando tutti”.

    I ricercatori della Royal Society
    hanno preso in considerazione come variabili principali il numero complessivo di pubblicazioni divulgate dalle università del paese di riferimento tra il 1993 e il 2008, e anche le volte in cui la pubblicazione è stata citata da altre (considerato come segno di apprezzamento da parte della comunità accademica internazionale e di conseguenza come segno di qualità). Gli Stati Uniti continuano a essere il paese dove viene prodotta più ricerca scientifica anche se il suo share è sceso dal 26 al 21 percento. La Cina, invece, è salita dal sesto al secondo posto incrementando il numero di pubblicazioni dal 4,4 al 10.1 per cento (soprattutto nel campo scientifico e tecnologico) mentre la Gran Bretagna, da sempre leader del mondo accademico, resiste al terzo posto con uno share diminuito da 7.1 per cento al 6.5 per cento.

    Sotto i tre big si stagliano diverse sorprese: i nuovi ingressi sulla scena mondiale devono i loro guadagni ai notevoli investimenti fatti nel settore della ricerca e dello sviluppo (R&D). I ricercatori della Royal Society hanno evidenziato l'incredibile sviluppo della Turchia “che ha migliorato la sua ricerca scientifica agli stessi livelli della Cina […] incrementando gli investimenti totali in R&D del 43 per cento”, come conseguenza della politica dell'ultimo decennio di Erdogan, il primo ministro Turco, che ha dirottato fondi cospicui all'università turca la maggior parte dei quali vanno in ricerca tecnologica e scientifica: la Turkish Aerospace Industries, un nuovo polo di ricerca industriale,  è l'ultimo esempio della politica di Ankara che, come ha fatto sapere il presidente Turco, Abdullah Gul, “ha lo scopo di costruire caccia di fabbricazione Turca entro il 2020”.

    Si è distinto anche l'Iran che registra “l'incremento maggiore al mondo in termini di  pubblicazioni scientifiche”, aumentate dalle 736 del 1996 alle 13.238 del 2008. Un aumento straordinario legato alla volontà di Tehran di affermarsi come potenza anche nell'ambito accademico. Il portavoce del ministero dell'Istruzione ha recentemente annunciato di voler investire il 4 per cento del Pil iraniano in R&D per la fine del 2030. Secondo le dichiarazioni del governo la ricerca “è per scopi civili”, anche se i dubbi di molti analisti non mancano, come la recente costruzione di un reattore solare con lo scopo di produrre radioisotopi, il primo passo per l'utilizzo della medicina nucleare.

    Ci sono notizie positive anche per l'Italia che risulta stabile al settimo posto. Negli ultimi anni, secondo la ricerca della Royal Society, sono in lieve aumento gli investimenti sulla ricerca e il numero totale di pubblicazioni. A causa dell'incremento su scala mondiale, la crescita del 32 per cento delle pubblicazioni italiane non ha migliorato il suo share che rimane stabile al 3,5 per cento.