Affondare i processi o usarli per affondare il governo?/ 7
La reazione che serve per combattere vecchie tentazioni
Si ricomincia con il lancio di monetine e c'è chi ha una vivissima nostalgia del tintinnare di manette. Sono rumori striduli, che ricordano un'epoca cupa di crollo della politica di fronte all'iniziativa giudiziaria, nata dal crollo di un sistema di potere che tra i suoi ingredienti aveva finanziamenti illeciti o occulti, provenienti dall'interno e dall'estero, ma che fu interpretata da una parte della magistratura e da forze politiche opportunistiche, come l'occasione per una rivoluzione giudiziaria.
Ogni ora sul Foglio.it verranno pubblicati interventi sul tema "Affondare i processi o usarli per affondare il governo?"
Leggi Dove porta l'eccitazione di piazza contro il processo breve - Guarda la puntata di Qui Radio Londra Non vogliono il processo a Berlusconi, vogliono abbatterlo - Leggi gli altri interventi
Si ricomincia con il lancio di monetine e c'è chi ha una vivissima nostalgia del tintinnare di manette. Sono rumori striduli, che ricordano un'epoca cupa di crollo della politica di fronte all'iniziativa giudiziaria, nata dal crollo di un sistema di potere che tra i suoi ingredienti aveva finanziamenti illeciti o occulti, provenienti dall'interno e dall'estero, ma che fu interpretata da una parte della magistratura e da forze politiche opportunistiche, come l'occasione per una rivoluzione giudiziaria. Ci sono le condizioni perché risuoni nuovamente quello spartito, perché un ordine dello stato riesca a prevalere sull'ordinamento e sui poteri elettivi, impedendo al legislatore di legiferare, all'esecutivo di governare, assumendo il ruolo improprio di selettore politico?
Le forze che possono coalizzarsi per rendere possibile questa nefasta replica ci sono, vanno da settori dell'establishment interessate a restaurare una prevalenza dell'intreccio parassitario con i poteri pubblici sulla fatica e il rischio della concorrenza, sono le tribù di “clerici” che disprezzano “l'Italietta” di oggi come combatterono quella giolittiana, in nome di una visione che vorrebbe essere internazionale ed è invece miseramente provinciale, sono quei settori di servitori dello stato che sembrano intenzionati a “mettersi in proprio”.
Sono le forze che da sempre ostacolano l'esercizio della sovranità popolare in nome di pregiudizi di superiorità etica ed estetica che li portano a cercare di ingabbiare l'espressione politica della volontà popolare, che considerano peraltro l'effetto di una non meglio definita degradazione antropologica. Sono forze potenti e insediate in gangli decisivi della società, dell'economia, dello stato. Per batterle, anche questa volta, serve una reazione popolare, che si esprima con tenacia, senza arroganza ma senza cedere di un millimetro sui principi di base della sovranità popolare, della potestà legislativa del Parlamento, sul ruolo di guida del governo, della possibilità di riformare lo stato attraverso i meccanismi costituzionali e senza diritti di veto corporativi o mediatici.
Questi principi dovrebbero stare a cuore a tutte le rappresentanze politiche democratiche, ma nei fatti la convenienza immediata pare aver spinto settori rilevanti delle opposizioni ad abbandonarli “temporaneamente”, nell'illusione che una piccola rivoluzione manettara le può liberare dal “tiranno” per poi riconsegnare loro graziosamente la gestione del potere. E' questa illusione che rende tanto pericolosa la situazione e niente affatto scontato che anche questa volta i giustizialisti non passeranno.
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