Processo breve, Parlamento lungo

Salvatore Merlo

Processo breve, Parlamento lungo. I tempi di discussione del provvedimento oggetto mercoledì scorso di dure contestazioni – dentro e fuori la Camera – si sono allungati. “Ci rivediamo a settembre”, dice al Foglio Pier Ferdinando Casini, sorridendo come per una vittoria inaspettata.

    Processo breve, Parlamento lungo. I tempi di discussione del provvedimento oggetto mercoledì scorso di dure contestazioni – dentro e fuori la Camera – si sono allungati. “Ci rivediamo a settembre”, dice al Foglio Pier Ferdinando Casini, sorridendo come per una vittoria inaspettata. Chissà. Il Pdl ieri a Montecitorio si è un po' imbrogliato da solo sui regolamenti parlamentari. Il processo breve, rinviato a martedì prossimo, è finito in coda all'ordine del giorno. Un risultato paraddossale, dopo le turbolenze cui la maggioranza aveva accettato di andare incontro pur di ottenere, nei giorni scorsi, una accelerazione sul testo e un'inversione dell'ordine dei lavori alla Camera. “Possiamo benissimo rivedere tutto nella conferenza dei capigruppo”, dice il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto.

    L'opposizione, che ha esultato, sembra dubitarne. Ma nel Pdl pensano sul serio di ritentare un'inversione dell'ordine dei lavori all'inizio della settimana prossima in modo tale da poter votare il processo breve entro venerdì prossimo, evitando anche una sovrapposizione pericolosa con il voto per il conflitto di attribuzione. Questa scelta espone tuttavia la maggioranza a qualche rischio, visti i precedenti di mercoledì. “Ma è andata così e non c'è molto altro da fare”. La giornata parlamentare di ieri ha vissuto delle rececrudescenze delle tensioni del giorno precedente: una palla di carta ha colpito Gianfranco Fini e anche il solitamente compassatissimo Angelino Alfano ha avuto un moto di stizza nei confronti di Antonio Di Pietro. Il presidente della Repubblica ha ritenuto di dover convocare al Quirinale i capi di tutti i gruppi parlamentari.

    Silvio Berlusconi ha riunito nel pomeriggio il proprio stato maggiore per oltre due ore a Palazzo Grazioli, dopo il Cdm durante il quale Roberto Maroni ha tenuto una relazione sulla questione migranti. Il presidente del Consiglio ha confermato al Guardasigilli Alfano la volontà di completare rapidamente l'iter del cosiddetto processo breve nonostante l'inciampo di ieri a Montecitorio. L'ipotesi che il governo possa porre la fiducia è declinata, si teme una possibile – probabile – reprimenda quirinalizia. Per quanto i rapporti rimangano tesi è interesse di Palazzo Chigi evitare ulteriori linee di frattura. Quanto al dossier immigrazione, pare ci siano novità. Sarà il Cavaliere, al quale diversi esponenti del Pdl hanno manifestato rimostranze di marca un po' antipadana, a prendere in mano le redini dell'emergenza.

    E' possibile immaginare Maroni che si sfila da un tema così importanete per il suo ministero e per l'elettorato della Lega? Pare improbabile, ma è quanto tendono ad accreditare fonti del Pdl vicine al presidente del Consiglio. I flussi di migranti dovranno essere dirottati anche al nord, con buona pace di Umberto Bossi. E' anche possibile che Alfredo Mantovano, il sottosegretario all'Interno che si è dimesso in polemica con il proprio ministro e con le politiche anti immigrazione della Lega, accetti di ritornare sui propri passi. Berlusconi, pur scontento del suo gesto, pare lo abbia rassicurato.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.