Il beato Karol sale agli altari, Giovanni Paolo II può attendere
Mentre si avvicina la data della beatificazione di Giovanni Paolo II (primo maggio) un concetto le stanze vaticane vogliono trasmettere al mondo esterno: chi viene beatificato è Karol Wojtyla, non il suo pontificato. E' una distinzione che ha voluto fare anche il cardinale salesiano Angelo Amato, prefetto delle Cause dei santi, durante un incontro all'ateneo Santa Croce.
Mentre si avvicina la data della beatificazione di Giovanni Paolo II (primo maggio) un concetto le stanze vaticane vogliono trasmettere al mondo esterno: chi viene beatificato è Karol Wojtyla, non il suo pontificato. E' una distinzione che poche ore fa ha voluto fare anche il cardinale salesiano Angelo Amato, prefetto delle Cause dei santi, durante un incontro all'ateneo Santa Croce: “La causa di beatificazione non è giunta al suo termine per l'impatto che il pontificato ha avuto sulla storia della chiesa quanto per le virtù di fede, speranza e carità che sono state proprie della vita di Wojtyla”. Del resto, anche l'intento di Benedetto XVI che il 3 maggio del 2005 spingeva l'allora vescovo vicario di Roma, il cardinale Camillo Ruini, ad aprire la fase diocesana del processo saltando i cinque anni che solitamente devono passare dalla morte del candidato altro non era se non quello di dare voce alla potente richiesta dei fedeli che volevano Wojtyla santo subito.
Quanto al pontificato e ai suoi problemi, ci sarebbe stato tempo. Tanto che, in fondo, il pontificato di Ratzinger si può leggere anche in questo modo, e cioè come il tentativo di mettere ordine dentro un certo disordine lasciato dal suo predecessore.
Le polemiche intorno al pontificato non sono poche. Alcune vengono da dentro la curia romana. Si sa che qualche cardinale non ha deposto al processo. Carlo Maria Martini, ad esempio, ha criticato i viaggi internazionali del Papa che, a suo dire, avrebbero mortificato le chiese locali. Mentre i cardinali Angelo Sodano e Leonardo Sandri inizialmente non hanno voluto deporre, critici soprattutto per i tempi troppo veloci del processo, salvo poi – lo ha confermato Amato – lasciare una propria deposizione.
In curia è forte il partito dei pacelliani, ovvero di coloro che ritengono che prima di Wojtyla sarebbe stato più giusto beatificare Pio XII, il Papa che non arrivò a convocare il Concilio Vaticano II.
Tra i cardinali lontani da Roma una voce critica è stata quella del cardinale belga Godfried Danneels, arcivescovo emerito di Malines-Bruxelles. In un'intervista a 30Giorni disse: “Io penso che si doveva rispettare la procedura normale. Se il processo di per sé avanza velocemente, va bene. Ma la santità non ha bisogno di passare per corsie preferenziali. Il processo si deve prendere tutto il tempo che serve, senza fare eccezioni. Il Papa è un battezzato come tutti gli altri. Dunque la procedura dovrebbe essere la stessa prevista per tutti i battezzati. Non mi è piaciuto il grido ‘santo subito' che si è sentito ai funerali, in piazza San Pietro. Non si fa così. Qualche tempo fa hanno anche detto che si trattava di una iniziativa organizzata, e questo è inaccettabile. Creare una beatificazione per acclamazione, ma non spontanea, è una cosa inaccettabile”. Danneels non fece mistero di aver avuto delle riserve su Giovanni Paolo II: “Il Papa con cui ho sentito personalmente più affinità è Paolo VI. Lui mi ha nominato vescovo. Con Paolo VI mi sento a casa. Anche Benedetto XVI ha la stessa attitudine a non gridare, a dire le cose proponendole con un po' di fiducia. Non è il modello atletico di Wojtyla, che è stato un altro tipo di Papa. Importante, anche lui. Ma diverso da Paolo VI”.
Nessuno nella chiesa cattolica mette in dubbio la santità di Wojtyla. Ieri il cardinale Agostino Vallini, vescovo vicario di Roma, ha lodato Giovanni Paolo II perché ha insegnato a tutti “a morire e quindi a vivere”. Le critiche vertono esclusivamente su aspetti circoscritti del suo pontificato. Due i nodi emergono più di altri. Una certa diga difensiva eretta di fronte all'emergere dei casi di pedofilia nel clero e un uso non sempre limpido delle finanze che transitavano per l'Istituto delle opere di religione. Due nodi che oggi Benedetto XVI sta cercando con grande impegno di sciogliere, seppure non sia facile. Nodi e problemi che, con forza, il Vaticano vuole lasciare fuori dalla causa di beatificazione.
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