Il partito degli autorevoli
Luciano Violante, ex magistrato e dirigente post comunista di rango, dice chiaro e tondo che la procura di Milano non doveva pubblicare le intercettazioni delle telefonate di Silvio Berlusconi, che il Parlamento non aveva autorizzato, come prescrive la legge. L'ambasciatore Sergio Romano in un articolo di fondo del Corriere della Sera ricorda che il tentativo di sostituire le piazze alle Aule parlamentari ha l'effetto di delegittimare le istituzioni e di demotivare l'elettorato.
Luciano Violante, ex magistrato e dirigente post comunista di rango, dice chiaro e tondo che la procura di Milano non doveva pubblicare le intercettazioni delle telefonate di Silvio Berlusconi, che il Parlamento non aveva autorizzato, come prescrive la legge. L'ambasciatore Sergio Romano in un articolo di fondo del Corriere della Sera ricorda che il tentativo di sostituire le piazze alle Aule parlamentari ha l'effetto di delegittimare le istituzioni e di demotivare l'elettorato. Si tratta di voci autorevoli, cui non fa difetto la conoscenza della storia più o meno recente – diciamo dal Terrore giacobino a quello di Mani pulite – e che si affiancano ad altre, per esempio a quelle della Conferenza episcopale e, in qualche caso, di amministratori regionali o locali del Partito democratico, da Torino a Firenze.
Voci che rifiutano coralmente una lettura della politica attraverso gli occhiali del giustizialismo e una sua parodia recitata attraverso agitazioni peraltro assai poco partecipate. Voci autorevoli che appaiono però isolate, in un clima mediatico ossessionato dalla rappresentazione di uno scontro descritto con compiacimento come prossimo a una specie di guerra civile.
Tuttavia la voce del buon senso è destinata a ottenere un ascolto crescente: è difficile, per chi punta alla drammatizzazione estrema, tenere costantemente al diapason il livello dell'allarmismo. Sono mesi che, per esempio, Repubblica dipinge con protervia come “decisiva” ogni votazione in Aula (quasi fosse l'anticamera del crollo dell'esecutivo), e ogni manifestazione di dissenso come preannuncio della catastrofe finale. Ora si descrivono modeste mobilitazioni di parte, dal tono esplicitamente antiparlamentare, come espressione di una indignazione pressoché universale, senza rendersi conto che questa amplificazione artificiosa finisce per immiserire lo stesso messaggio che si intende lanciare.
Quando la stanchezza per questo clima, che già comincia ad affermarsi, avrà preso il sopravvento, ci sarà spazio per il “partito degli autorevoli”, che non può che avere come punto di riferimento ideale la presidenza della Repubblica, la quale insiste da sempre sull'esigenza di non disperdere il senso dell'interesse nazionale nell'esasperazione rissosa dei contrasti. Finora i partigiani della rissa hanno fatto spallucce, hanno persino cercato di strumentalizzare gli appelli autorevoli alla pacificazione interpretandoli a senso unico, ma intanto l'acqua in cui nuotano diventa sempre più bassa. La raffigurazione di un'Italia attanagliata nella guerra tra la procura milanese che “ha sempre ragione” anche quando non rispetta la legge e il Parlamento, perché rappresenta la volontà popolare, e un esecutivo delegittimato e privo di qualunque sostegno se non quello di una maggioranza parlamentare definita come raccogliticcia, immorale o addirittura corrotta, sta stancando tutti, non mobilita più le mitiche “masse popolari” e non ha più la presa di un tempo anche su settori delle classi dirigenti, e proprio di questo è espressione il “partito degli autorevoli”.
Naturalmente dipenderà da tanti fattori, compresa la capacità della maggioranza di tenere i nervi saldi, di difendere le proprie prerogative senza arroganza e senza cadere nella trappola della rissa permanente, se il decorso sarà favorevole. I rinfocolatori sono sempre in azione e non molleranno la presa, che però si fa di giorno in giorno meno efficace. Si può riaprire lo spazio per un ritorno alla politica come confronto di idee, ma questo spazio va riempito da iniziative costruttive, prima che si richiuda nuovamente.
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