Ma Dacia Maraini vorrebbe incontrarli, la paura “somiglia al terrorismo di Oriana Fallaci”
Lo stesso giorno in cui Guido Ceronetti, sulla Stampa di ieri, si mostrava allarmato per l'immigrazione dal nord Africa, una vera e propria invasione “pianificata”, con la sua minacciosa matrice islamica, Dacia Maraini sul Corriere della Sera invitava a conoscere meglio gli immigrati tunisini. “Nella perdurante e spontanea esposizione del tricolore” Ceronetti rinveniva “come un grido silenzioso dell'anima profonda (…) una talpa che non vuol diventare casa loro e grida aiuto”. Invocava “aiuti e scatti di alleanze non per prenderne sempre di più”, ma semmai “per stabilire e proteggere – umanamente ma fermamente – un confine militarmente invarcabile”.
Lo stesso giorno in cui Guido Ceronetti, sulla Stampa di ieri, si mostrava allarmato per l'immigrazione dal nord Africa, una vera e propria invasione “pianificata”, con la sua minacciosa matrice islamica, Dacia Maraini sul Corriere della Sera invitava a conoscere meglio gli immigrati tunisini. “Nella perdurante e spontanea esposizione del tricolore” Ceronetti rinveniva “come un grido silenzioso dell'anima profonda (…) una talpa che non vuol diventare casa loro e grida aiuto”. Invocava “aiuti e scatti di alleanze non per prenderne sempre di più”, ma semmai “per stabilire e proteggere – umanamente ma fermamente – un confine militarmente invarcabile”. Una posizione diametralmente opposta a quella della scrittrice, alla quale il Foglio ha chiesto di argomentare le proprie posizioni, idealmente misurandole con la forte provocazione di Ceronetti.
Dacia Maraini non è una che sbraita o che ama l'insulto, ma ha tutta un'altra idea: “Mi sembra che drammatizzi molto Ceronetti”, dice al Foglio. “Invece bisogna cercare di essere il più razionali possibile. Molti non sanno che abbiamo già avuto altre invasioni, dall'Albania ne sono approdati 30 mila un'altra volta ne arrivarono 18 mila. Stavolta siamo a 20 mila: non è una cifra catastrofica. Solo che, sbarcati su un'isola che è un fazzoletto di terra, e non avendo preparato nulla, solo due gabinetti per 5 mila persone, bisognava organizzarsi meglio, trovare un modo per distribuirli subito in tutta Italia”. Dacia Maraini non drammatizza, ma da scrittrice di romanzi ha un sacco di idee. “Metterli nei campi di concentramento è il peggio che si possa immaginare. Meglio il criterio toscano di distribuirli in vari posti. Non possiamo voltare le spalle a gente scacciata dalla fama e dalla guerra. Si tratta di un'emergenza. Alcuni resteranno e si integreranno, altri andranno in Francia, in Germania o torneranno a casa in migliori condizioni. Siamo un paese abbastanza ricco e abbastanza grande da poter assorbire, almeno provvisoriamente, decine di migliaia di emigranti. Questi poi non vogliono restare in Italia, vogliono andare in Francia, perché parlano francese e perché lì hanno i parenti, che non hanno potuto raggiungere perché il capo di stato francese, Nicolas Sarkozy, non glielo permetteva”. Maraini è convinta che invece di fomentare la paura e la chiusura nei confronti di questi giovani emigrati dal nord Africa, dovremmo fare uno sforzo per capire cosa vogliono, cosa li ha spinti a rischiare la vita in mare aperto, per entrare in Europa: “Non ne sappiamo abbastanza, infatti. La Tunisia è un paese ricco sì, ma dove la distribuzione della ricchezza è pessima, alcuni sono miliardari, altri poverissimi. E questi scappano da quel disastro che il passato ha procurato al paese. Mi pare di capire che la maggioranza sono ragazzi giovani e molti di loro sono acculturati, hanno studiato. Dovremmo conoscerli meglio, domandargli cosa fate, che intenzioni avete per il futuro, pensate di rimanere qui o trasferirvi altrove, o tornare indietro? Questo dovremmo sapere”.
Da femminista tenace, Dacia Maraini è colpita anche dall'assenza di donne, la stessa assenza che ha colpito anche Ceronetti. Ma l'interpretazione anche in questo caso è differente: “Non ce ne sono fra gli sbarchi. Questi che sono arrivati avranno pure delle fidanzate, delle sorelle? Cosa pensano di fare? Di chiamarle, di lasciarle a casa, di tornare indietro? Tutto questo andrebbe chiesto, e invece non c'è dialogo. C'è solo la paura, l'ansia dell'invasione fomentata da alcune forze politiche come la Lega che creano un terrore cosmico”.
Prosegue la scrittrice: “Noi siamo un paese di emigranti. Abbiamo sviluppato una cultura dell'emigrazione molto articolata, tant'è che gli italiani si sono integrati dovunque, dando spesso il meglio di sé. Adesso che siamo un paese di immigrazione non abbiamo sviluppato una cultura dell'accoglienza e dell'integrazione, così andiamo un po' a casaccio, a seconda degli egoismi e dei luoghi comuni. C'è il gentile che offre da mangiare, e quello che dice fuori dai coglioni”. L'altro fa paura. Esattamente “il pericolo senza nome” che arriva dal mare, di cui scrive Ceronetti. “La paura dell'altro esiste in natura”, concede la scrittrice. “Ce l'abbiamo in comune con gli animali, che segnano il loro territorio per marcare il loro potere. Noi umani però dovremmo essere un po' più avanti degli animali, dovremmo aver elaborato una serie di strategie politiche e culturali per affrontare la questione del territorio: non possiamo risolverla come gli animali, via di qua, sennò ti azzanno. Le emigrazioni fanno parte della storia. Il fatto che all'estero ci siano 20 milioni di italiani, un paese intero di emigrati, dimostra che i popoli non si possono fermare quando emigrano”.
Ceronetti con le sue paure è un caso limite? “Io stimo molto Ceronetti”, risponde Maraini. “Ma questa sua idea somiglia molto al terrorismo di Oriana Fallaci, fomenta lo scontro tra culture. Invece noi oggi vediamo dei musulmani che per la prima volta non si muovono seguendo il Corano, ma sembrano presi dalla nostra tecnologia, dai nostri strumenti di comunicazione. Non è una piccola cosa. E' una novità che va capita e soppesata. Ma tornare allo scontro di civiltà come fa Ceronetti, e alla paura delle invasioni, secondo me è sbagliato”.
L'errore non sarà anche un po' la colpa degli intellettuali indifferenti alla geopolitica dell'Italia? “Potrebbero essere un punto di riferimento gli intellettuali, e invece ci si seppellisce nelle proprie creazioni. Oltre a lavorare sulla bellezza, dovrebbero aiutare a capire i cambiamenti. E forse prorio questo è mancato. Ma la paura è cattiva consigliera, terrorizza la gente, spinge a vedere gli emigranti come nemici. Ma loro non sono nemici, non vengono per uccidere o rubare, ma per partecipare alla nostra vita. I veri nemici dell'Italia sono la mafia, la 'ndrangheta, la camorra, sono le organizzazioni criminali contro le quali dovrebbero dirigersi tutti i nostri sforzi”.
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