Un Sarko di guai

I capricci francesi fanno traballare anche i patti del governo sui migranti

Salvatore Merlo

Roberto Maroni avrà oggi un colloquio con il proprio omologo francese Claude Guéant. Tutti i canali diplomatici sono stati aperti, il vertice tra Silvio Berlusconi e il presidente Nicolas Sarkozy, previsto a Roma per il 26 aprile, potrebbe persino essere anticipato. Nel giorno in cui il presidente del Consiglio italiano firma in Cdm il decreto che concede per sei mesi il permesso di soggiorno temporaneo agli immigrati tunisini (che secondo Umberto Bossi “vogliono andare tutti in Francia”), il governo francese dirama una direttiva ai propri prefetti: i tunisini vanno fermati alla frontiera.

    Roberto Maroni avrà oggi un colloquio con il proprio omologo francese Claude Guéant. Tutti i canali diplomatici sono stati aperti, il vertice tra Silvio Berlusconi e il presidente Nicolas Sarkozy, previsto a Roma per il 26 aprile, potrebbe persino essere anticipato. Nel giorno in cui il presidente del Consiglio italiano firma in Cdm il decreto che concede per sei mesi il permesso di soggiorno temporaneo agli immigrati tunisini (che secondo Umberto Bossi “vogliono andare tutti in Francia”), il governo francese dirama una direttiva ai propri prefetti: i tunisini vanno fermati alla frontiera. Ieri si è aperto così un caso diplomatico dalle incerte conseguenze, confermato dalle parole inequivocabili del ministro dell'Interno Maroni, “quello della Francia è un gesto ostile”, e dai toni più cauti ma non meno fermi del ministro degli Esteri, Franco Frattini: “Non è certo un gesto di speciale amicizia nei nostri confronti”.

    Da Roma si invoca l'intervento della Commissione europea per il rispetto del trattato di Schengen che regola il libero movimento all'interno dell'Europa. Ma sono gli effetti collaterali interni a preoccupare di più Berlusconi, specie in un passaggio delicato per la maggioranza di governo alle prese, alla Camera, anche con la questione del cosiddetto processo breve. Tutto si tiene, il nervosismo della Lega, la contrapposizione con i sudisti del Pdl, e i numeri a Montecitorio. Si cercano canali diplomatici con Parigi per disinnescare una grana che può esplodere a Roma.

    La mossa del governo Sarkozy ha fatto ripiombare la politica italiana nella confusione proprio nel giorno in cui paradossalmente sembravano ricomposte anche le linee di frattura interne alla maggioranza con il ritorno di Alfredo Mantovano al suo posto di sottosegretario all'Interno, grazie alla mediazione dell'ex ministro Mario Landolfi e di Gianni Alemanno. Una situazione che la Francia ha indirettamente ingarbugliato a poche ore dall'annuncio dell'accordo siglato con successo tra il ministro delle Regioni, Raffaele Fitto, e gli enti locali sulla collocazione dei migranti sul territorio nazionale. La distribuzione delle migliaia di immigrati sembrava un capitolo destinato a chiudersi nei suoi risvolti polemici, con il permesso di soggiorno ai tunisini e una politica di accoglienza solidale di tutte le regioni nei confronti dei profughi. Tutto è stato rimesso in discussione.

    I settori sudisti del Pdl, la destra sociale ex aennina, l'autonomismo siculo di Gianfranco Micciché, erano nelle condizioni di recuperare un rapporto di maggiore empatia politica con il nativismo settentrionale della Lega. Ma ora gli equilibri faticosamente raggiunti appaiono un po' più incerti.

    Il partito nordista, che Berlusconi aveva placato in un lungo vertice notturno con Bossi, e che sente l'effetto dell'emergenza immigrazione sui propri non entusiasmanti sondaggi, è sembrato aver già recuperato il riflesso del bossiano “fora di ball”, nonostante l'esposizione in prima linea del proprio ministro Maroni. Una contraddizione che, se non rapidamente sciolta dopo le prime reazioni istintive, non potrà che emergere pericolosamente. “Gli immigrati a casa nostra non li vogliamo”, ha detto uno dei leghisti solitamente più moderati, il capogruppo al Senato Federico Bricolo. E i fili delle tante mediazioni aperte anche con successo negli ultimi giorni si imbrogliano di nuovo, malgrado le autorevoli e riservatissime manovre del Quirinale che ieri – quasi in soccorso del governo – avevano permesso di stemperare almeno un po' la tensione in Parlamento tra maggioranza e opposizioni (Pd e Idv hanno preso le distanze dal gesto del deputato dipietrista Pierfelice Zazzera che alla Camera aveva esposto un cartello con scritto: “Maroni assassino”).

    Giorgio Napolitano è in attività, con alterni successi, nel tentativo di far concordare tra loro le forze politiche, almeno su questioni emergenziali come l'immigrazione. Ieri ha ricevuto al Quirinale il presidente del Consiglio, il sottosegretario Gianni Letta, i ministri Fitto e Maroni con i rappresentanti degli enti locali manifestando soddisfazione per l'intesa siglata intorno alla dibattutissima questione relativa alla distribuzione dei migranti. Ha chiesto lumi sulla situazione francese consigliando la via della cooperazione europea e ribadendo che la questione migranti riguarda tutta l'Europa. Ma se ieri hanno funzionato i rapporti istituzionali tra governo e regioni, il livello di rissosità in Parlamento – complice il dibattito sulla prescrizione celere – è oggetto di particolare preoccupazione per la presidenza della Repubblica. Napolitano ha già parlato pochi giorni fa, per adesso si limita a osservare. Ma chissà.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.