Raid aerei e calcio. Così il Cremlino combatte i ribelli ceceni

Luigi De Biase

L'esercito russo ha quasi completato la caccia al nucleo storico della guerriglia cecena. Un sito internet vicino ai ribelli, Kavkaz Center, ha annunciato la morte di Yusup Buzurtanov e di Supyan Abdullayev, conosciuto come Emiro Supyan. I due erano da tempo sulla lista degli uomini più ricercati dai servizi segreti e dalle forze di sicurezza del Caucaso.

    L'esercito russo ha quasi completato la caccia al nucleo storico della guerriglia cecena. Un sito internet vicino ai ribelli, Kavkaz Center, ha annunciato la morte di Yusup Buzurtanov e di Supyan Abdullayev, conosciuto come Emiro Supyan. I due erano da tempo sulla lista degli uomini più ricercati dai servizi segreti e dalle forze di sicurezza del Caucaso. Supyan aveva un ruolo importante nella struttura delle milizie islamiche: ha preso le armi nel 1994, al tempo della Prima guerra cecena, e ha fatto parte del Battaglione internazionale, un gruppo di combattenti stranieri finanziato da al Qaida. Negli ultimi anni è stato la guardia del corpo di Dokka Umarov, il leader ribelle che si è proclamato “emiro del Caucaso”, ma il compito più importante di Supyan era quello di istruire nuovi giovani al jihad. Il suo viso, segnato dalla barba lunga e tinta di rosso, si vede spesso nei video promozionali che i guerriglieri registrano regolarmente fra le gole del Caucaso e diffondono via web.

    Supyan è morto il 28 marzo nell'Alkun, la zona montagnosa al confine fra la Cecenia e l'Inguscezia. Quel giorno i caccia dell'aviazione russa hanno bombardato un campo di addestramento uccidendo 17 guerriglieri. Nel raid sono intervenute anche forze di terra – il ministero della Difesa ha fatto sapere di aver perduto tre uomini. L'ipotesi di un bombardamento è stata studiata per settimane, ma è rimasta segreta sino all'ultimo minuto. Il governatore dell'Inguscezia, Yanus-Bek Yevkurov, un ex generale dell'esercito, era fra i pochi a conoscere i dettagli della missione. Lui e il presidente russo, Dmitri Medvedev, si sono incontrati il 4 aprile in una base delle forze d'assalto dove Yevkurov prestava servizio. E' la prima volta che il Cremlino ordina ai caccia di intervenire dal 2009, l'anno in cui Medvedev ha sancito la fine delle “operazioni militari” in Cecenia. Con l'emiro Supyan è stato eliminato Buzurtanov, il medico di Dokka Umarov. I servizi segreti (Fsb) hanno trovato accanto al suo corpo dosi di insulina destinate al leader dei ribelli. Nella lista dei morti ci sarebbe anche un guerrigliero conosciuto come Khazmat, il comandante in capo della brigata Riyad us Saliheen (significa “giardino dei giusti”), che è composta da aspiranti kamikaze. Per qualche ora, le autorità russe erano convinte che lo stesso Umarov fosse rimasto ucciso al campo nell'Alkun – la presenza del suo medico e della sua guardia del corpo autorizzavano l'ipotesi. Gli esami del dna eseguiti sui corpi dei terroristi hanno escluso questa possibilità: sarebbe stato un colpo grandioso alle gerarchie dei ribelli.

    Umarov è uno dei pochi reduci della Prima guerra cecena rimasti a combattere. La maggior parte di loro ha perso la vita, centinaia sono scappati all'estero, alcuni tornano a Grozny “in pace”, come ha raccontato il giornalista britannico Jonathan Littell nel suo ultimo libro sulla Cecenia (“Cecenia, Anno III”, Einaudi 2010). L'emiro guida i terroristi dal 2007 e ha pianificato gli attacchi più sanguinosi degli ultimi anni. Come la bomba al Nevsky Express, il treno veloce che collega Mosca a Pietroburgo colpito nel dicembre del 2009 (allora morirono 28 persone); la doppia esplosione avvenuta nella metropolitana della capitale russa nel 2010 (40 vittime, comprese due donne kamikaze); e l'attentato di tre mesi fa all'aeroporto Domodedovo (37 morti, fra i quali un terrorista suicida). Gli uomini dell'Fsb hanno annunciato la morte di Umarov decine di volte, ma l'emiro ha sempre risposto con i suoi video colmi di promesse e di minacce. Nell'ultimo, finito sulla rete un paio di mesi fa, anticipava una “stagione di sangue” ai civili russi.

    Il raid di Alkun mostra che i guerriglieri della generazione di Umarov sono in crisi – una crisi che non impedisce loro di portare a termine clamorosi attacchi contro Mosca a ritmo regolare. L'anno scorso Umarov ha registrato un video nel quale annunciava le proprie “dimissioni”, un fatto piuttosto singolare per un terrorista. Si è parlato a lungo della sua malattia, forse causata da un avvelenamento, che lo avrebbe costretto a fuggire in Georgia e in Turchia per sottoporsi a cure mediche. La morte di Buzurtanov e di Supyan non è certo un buon segnale per Umarov. Questo non significa che il terrorismo, in Cecenia, sia finito. Fra le montagne del Caucaso si nascondono decine di “giovani lupi”, le nueve leve della guerra santa contro i centri del potere russo – alcuni di loro hanno già chiesto a Umarov di lasciare il campo di battaglia e in cambio sono stati costretti ad abbandonare le formazioni regolari. Nei villaggi della Cecenia, dell'Inguscezia e del Daghestan, le tre province più pericolose del Caucaso, si muove anche un esercito di kamikaze improvvisati, come dimostrano gli attacchi alla metro di Mosca e al Domodedovo. In tutti e due i casi, i terroristi suicidi erano giovanissimi, avevano avuto rapporti sporadici con la guerriglia ed erano stati colpiti in vario modo dalle vendette delle Forze speciali per avere parenti fra i ribelli. Accanto alla guerra contro i terroristi, ce n'è una che il Cremlino deve vincere contro i suoi generali e contro la strategia usata sinora per imporre la legge russa nel Caucaso.

    Il problema è reale per il governatore ceceno, Ramzan Kadyrov, un ex ribelle che guida la provincia con la forza – e il sostegno del Cremlino. Kadyrov ha un ruolo decisivo nella campagna contro i terroristi. Tuttavia, nelle ultime settimane il suo nome è finito sui giornali stranieri per gli investimenti della squadra di calcio che presiede, il Terek Grozny. Prima ha portato nella capitale cecena le stelle del Brasile che vinsero i Mondiali del 2002, poi ha ingaggiato come allenatore una vecchia stella olandese, Ruud Gullit. L'operazione ha portato grande popolarità a Kadyrov, quantomeno in patria, ma ha portato meno fortuna a Gullit, considerato a lungo una bandiera dei diritti umani – nel 1987 dedicò il Pallone d'oro a Nelson Mandela, che all'epoca era ancora in un carcere di Cape Town. “Quello che faccio qui è portare un po' di gioia dopo due guerre – ha detto ai giornalisti al momento delle presentazioni – Credo che sia una cosa onorevole”. Onorevole è anche il suo ingaggio. Per convincerlo a lasciare l'Europa e intraprendere una carriera da pendolare fra Mosca (dove la squadra si allena) e Grozny (la sede delle gare ufficiali), Kadyrov ha assicurato a Gullit un contratto che “oscilla fra il milione e i due milioni e mezzo di euro”, come dicono i giornali russi. E' così che il governatore cerca di convincere l'opinione pubblica della stabilità della regione. Ma a pochi chilometri dalla città cecena, nella vicina Iguscezia, i caccia russi hanno ripreso a bombardare i campi di addestramento dei ribelli.