JFK Reloaded
Il videogioco “JFK Reloaded” fece scandalo nel 2004. Scaricabile in cambio di dieci dollari, ricostruiva l'assassinio di John F. Kennedy a Dallas. Ce n'erano centomila in palio per il giocatore capace di azzeccare i tre colpi sparati da Lee Oswald, penalità massima per chi sbagliava mira e centrava la first lady in Chanel rosa con cappellino. Ted Kennedy, il senatore al volante dell'auto nell'incidente dove morì la segretaria Mary Jo Kopechne, disse che il videogioco era spregevole e ne chiese il ritiro.
Il videogioco “JFK Reloaded” fece scandalo nel 2004. Scaricabile in cambio di dieci dollari, ricostruiva l'assassinio di John F. Kennedy a Dallas. Ce n'erano centomila in palio per il giocatore capace di azzeccare i tre colpi sparati da Lee Oswald, penalità massima per chi sbagliava mira e centrava la first lady in Chanel rosa con cappellino. Ted Kennedy, il senatore al volante dell'auto nell'incidente dove morì la segretaria Mary Jo Kopechne (la storia, dal punto di vista della sventurata, è in un monologo intitolato “Acqua nera”, puri brividi firmati da Joyce Carol Oates), disse che il videogioco era spregevole e ne chiese il ritiro.
“Camelot Reloaded” potrebbe essere un buon titolo per la serie – prodotta da Joel Surnow della serie “24”, in quota repubblicana – che in realtà si chiama “The Kennedys”. Commissionata da History Channel e rifiutata perché poco in linea con la vocazione didattica del canale (che infatti non guardiamo mai, fedeli alla scuola di Samuel Goldwyn: “niente è peggio di un film storicamente corretto ma noioso”), è andata in onda il 3 aprile scorso su ReelzChannel. Da noi l'ha comprata La7, con l'intenzione di trasmetterla il prossimo settembre.
Greg Kinnear fa John Kennedy, Katie Holmes fa Jackie, Tom Wilkinson è il patriaca Joe che fece affari con il proibizionismo, ebbe per amante Gloria Swanson, mandò a lobotomizzare la figlia Rosemary. La lobotomia allora era considerata un'operazione scientificamente all'avanguardia (come qualche pratica moderna che congela e scongela embrioni); la motivazione era talebana: troppa disinvoltura con i ragazzi. Old Bastard Joe: così viene chiamato il patriarca nella serie, che lo mostra in frequentazioni ai limiti della legge, alle prese con i voti di scambio, parecchio imperioso con i rampolli.
“Una serie affascinante e sincera fino alla brutalità” ha scritto il critico tv Linda Stasi sul New York Post. E' l'unica a celebrare “The Kennedys” senza riserve, le altre recensioni si esercitano nel distinguo. Lodano il lavoro degli attori, o le atmosfere da “Cime tempestose”. Pensano però che la famiglia somigli un po' troppo ai “Borgia”, la serie di Neil Jordan trasmessa in contemporanea – senza polemiche – da Showtime.
Su Salon, Matt Zoller Seitz apparecchia un delizioso contorno di ghiottonerie. Quattordici imperdibili film sui Kennedy, non importa se per vederli tutti dobbiamo metterci in malattia con certificato medico. Partenza obbligatoria con i ventisei secondi girati dal sarto Zapruder con la sua cinepresa amatoriale. Arrivo meno scontato su “Grey Gardens”, il documentario di Albert and David Maysles (celebri per “Gimme Shelter”, concerto dei Rolling Stones con gli Hell's Angels assassini). Al centro, due parenti di Jacqueline Bouvier, ritratte nella loro baracca in miseria dickensiana. Camelot, oltre alle tragedie, aveva il suo freak show.
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