Le elezioni peruviane si decidono a tavola
Massiccia e per molti versi non scontata la lista finale degli appelli a votare domani in Perù Alejandro Toledo Manrique, ex presidente e economista liberale di etnia india: il Nobel per la Letteratura Mario Vargas Llosa, l'ex-segretario dell'Onu Javier Pérez de Cuellar, il partito del presidente Alan García. Tutti hanno chiesto l'elezione di Manrique al fine di evitare “un'alternativa tra l'aids e un cancro terminale”.
Massiccia e per molti versi non scontata la lista finale degli appelli a votare domani in Perù Alejandro Toledo Manrique, ex presidente e economista liberale di etnia india: il Nobel per la Letteratura Mario Vargas Llosa, l'ex-segretario dell'Onu Javier Pérez de Cuellar, il partito del presidente Alan García. Tutti hanno chiesto l'elezione di Manrique al fine di evitare “un'alternativa tra l'aids e un cancro terminale”, come lo stesso Vargas Llosa ha definito l'ipotesi di un ballottaggio (il 5 giugno prossimo) tra Ollanta Humala e Keiko Fujimori. Il primo, un ex ufficiale, oggi è il referente peruviano del “socialismo del XXI secolo di Chávez”. La seconda, la trentacinquenne figlia dell'ex presidente oriundo giapponese, ora in carcere con una condanna a 25 anni per violazione dei diritti umani.
Vargas Llosa, va ricordato, si candidò nel 1990 dopo aver condotto una campagna contro la prima presidenza di Alan García, ma fu sconfitto da Fujimori (che poi costrinse entrambi all'esilio). In seguito, nel 2002, Vargas Llosa appoggiò Toledo al ballottaggio contro Alan García. Quando però suo figlio Álvaro fu querelato per aver accusato l'entourage di Toledo di corruzione, fu costretto a scappare in Colombia. Nel 2006 appoggiò invece Alan García contro Ollanta Humala, candidato proprio dal partito creato da Pérez de Cuellar contro Fujimori. D'altra parte l'Alan García liberista e filoamericano del 2002-2006, è stato l'opposto di quello populista e terzomondista del 1990-95, e anche il Perù in boom economico che lascia ora è completamente diverso da quello in rovina che lasciò allora.
I due candidati possibili al ballottaggio, Humala e Fujimori, in realtà sono diversi da come vengono descritti. Humala è arrivato a dire che effettivamente “Chávez governa da dittatore”, e ha chiesto al presidente venezuelano di non interferire con la campagna elettorale, promettendo ai peruviani di rispettare il mercato, la libertà di stampa e il principio della non rielezione presidenziale. Keiko, dal canto suo, ha giurato che l'amnistia del padre non sarà il suo primo atto di governo in caso di elezione.
All'inizio della corsa alle elezioni sembrava in testa Toledo, ma indiscrezioni sul sito Wikileaks riguardanti alcune sue manovre con l'ambasciata americana lo avevano gravemente compromesso. Scivolato a partire di marzo al secondo posto dopo Humala, nell'ultima settimana varie inchieste lo hanno segnalato terzo dietro anche a Keiko, e negli ultimissimi giorni addirittura quarto. Superato anche da Pedro Pablo Kuczynski, già suo ex primo ministro, in pratica vincerebbe solo contro l'ex sindaco di Lima, Luis Castañeda. Ma la volatilità degli elettori peruviani è leggendaria, l'incertezza è massima, e per questo, sul finale, c'è stato il colpo di coda della campagna elettorale di Toledo.
Addirittura i cuochi di Lima hanno lanciato un se biche popolare piatto di pesce marinato, a base di sogliola e salmone, presentato come “Ollantus, il distruttore”: ironica allusione a Humala, “segno combattente con due facce. Si mostra bianco come la sogliola ma dicono che è rosso come il salmone. Non sottovalutatelo”.
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