Toh, via l'art. 18 = meno precari

La lotta al precariato di Ichino & LCdM sconfessa la tradizione riformista

Francesco Forte

La proposta di contratto unico nazionale che da anni il professore Pietro Ichino presenta, e che ora ha anche l'adesione di Luca Cordero di Montezemolo – nostalgico del contratto unico nazionale concertato – è espressione di una confusione fra diritto privato e diritto pubblico. Il diritto del lavoro appartiene, in un'economia di mercato, al diritto privato.

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    La proposta di contratto unico nazionale che da anni il professore Pietro Ichino presenta, e che ora ha anche l'adesione di Luca Cordero di Montezemolo – nostalgico del contratto unico nazionale concertato – è espressione di una confusione fra diritto privato e diritto pubblico. Il diritto del lavoro appartiene, in un'economia di mercato, al diritto privato. Il fatto di stabilire contratti di lavoro tipici, nella concezione del diritto privato, serve per semplificare i contratti e dare loro certezza, anche tramite gli interpreti che vi si riferiranno in modo costante, con una giurisprudenza che ne chiarirà le possibilità, i confini, i difetti suscettibili di migliorie. I legislatori di mercato possono tipizzare i contratti, ma non indicarli come unici o semiobbligatori, come vorrebbe Ichino. Ciò non è liberale, è dirigismo, sia pure in versione buonista.

    I contratti in economia di mercato sono liberi e quindi, se occorre, diversi fra loro. L'illuminismo consistente nel fare i contratti validi in generale a tavolino non fa parte del pensiero giuridico liberale. Come insegnano David Hume e Friedrich von Hayek, il diritto nasce dall'ordine spontaneo (le convenzioni Humeane): ex facto jus oritor. Il contratto di lavoro a tempo indeterminato attualmente esistente ha solo una menda, che è l'interpretazione evolutiva dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

    Esso aveva puramente lo scopo di proteggere le donne dall'essere licenziate se resistevano alle pretese sessuali e di proteggere i sindacalisti e chiunque esprimesse una propria libera opinione. Alla fine degli anni Sessanta il ministro del Lavoro, Giacomo Brodolini, che io assistevo in queste elaborazioni, era un genuino liberal socialista e l'articolo 18 riguardava i diritti di libertà.

    Fummo ingenui. Ma esso può tornare alle sue origini, mediante l'adozione dell'arbitrato su di esso, al momento della assunzione o in seguito. Questa possibilità di arbitrato fu bocciata l'anno scorso dalla Cgil e dal capo dello stato, Giorgio Napolitano, che l'hanno ritenuta contraria alla Costituzione. Il che non mi stupisce perché Napolitano è per formazione un social-democratico coerente, o un socialista liberale come gli azionisti che pongono giustizia e libertà sullo stesso piano e non la libertà intesa anche come responsabilità, da cui si desume la giustizia come retribuzione del merito. Ma ci potrebbe ripensare, essendo capace di capire cosa fa bene all'occupazione.

    Quando si fanno contratti aziendali come quelli proposti da Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, la questione dei licenziamenti passa in seconda linea, perché prevale il rapporto cooperativo. Ma se la Confindustria invece che assecondare Marchionne, disdicendo l'accordo confederale sulla contrattazione nazionale concertata del 1993 che è incompatibile con l'economia di mercato, persegue il contratto unico nazionale di Ichino, offre alla Cgil un prezioso pretesto per mettersi di traverso sui contratti del manager italo-canadese, per esempio spingendo per il no all'accordo sulle carrozzerie ex Bertone sulle quali Fiat auto intende investire grazie ai contratti già adottati a Pomigliano e Mirafiori. Lo scambio in questo caso è chiaro: vi garantisco il posto di lavoro, ma voi dovete collaborare per il massimo sfruttamento degli impianti e delle opportunità di mercato. Questa è la sfida cui non ci si può tirare indietro “parlando dell'elefante” centralista.

    Ogni datore di lavoro deve avere diritto di applicare l'attuale contratto a tempo indeterminato, integrato dalle clausole aziendali. Il contratto di Ichino può essere sperimentato in aggiunta a quelli esistenti: deve piacere alle parti e ai contribuenti. Quindi deve comportare oneri contributivi per finanziare la protezione che esso comporta in caso di licenziamento.

    Ex facto jus oritor. Il diritto vivente fa crescere i contratti: se esso piacerà, si diffonderà. Ma occorre accrescere i posti di lavoro e a ciò servono tutti i contratti che ci sono e soprattutto quelli basati sulla flessibilità negli orari di lavoro per il pieno sfruttamento degli impianti e dei cicli di lavoro stagionali o esogeni, derivanti dalla mutevole congiuntura internazionale. La politica tributaria che sgrava i salari basati sulla produttività aiuta in questa direzione ed è conforme alla teoria einaudiana dell'ottima imposta, conforme dunque al mercato. Tale imposta è anche ottima perché coopera alla crescita della base imponibile e quindi al maggior gettito nel medio termine.

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