Vargas Llosa ci ripensa e vota populista
Il premio Nobel per la Letteratura, Mario Vargas Llosa, aveva detto che un ballottaggio tra il populista di sinistra Ollanta Humala e la populista di destra Keiko Fujimori sarebbe stato come “scegliere tra l'aids e un cancro terminale”. Aveva anche fatto un appello finale a votare per Alejandro Toledo pur di evitarlo. Ma domenica lo scenario da incubo si è effettivamente realizzato.
Il premio Nobel per la Letteratura, Mario Vargas Llosa, aveva detto che un ballottaggio tra il populista di sinistra Ollanta Humala e la populista di destra Keiko Fujimori sarebbe stato come “scegliere tra l'aids e un cancro terminale”. Aveva anche fatto un appello finale a votare per Alejandro Toledo pur di evitarlo. Ma domenica lo scenario da incubo si è effettivamente realizzato. E Mario Vargas Llosa ha ora fatto sapere di essere disposto a votare per Humala, il candidato fino a poco tempo prima bollato come omologo di Chávez, il capo di stato che lo fece fermare all'aeroporto quando era andato a Caracas a partecipare a un convegno indetto dall'opposizione. Ma Keiko è la figlia del candidato che lo sconfisse alle presidenziali del 1990, e sotto il regime del quale andò in esilio.
“A questo punto la scelta è diventata quella tra il suicidio e un miracolo”, ha detto Vargas Llosa in Cile. “Se facesse progetti e alleanze concrete, probabilmente Humala potrebbe convincerci di essere più Lula che Chávez”. Ma per una Fujimori non voterebbe mai: “Credo che sia vergognoso che i peruviani rimpiangano una delle dittature più atroci che abbiamo avuto”.
Humala ha colto la palla al balzo. “Siamo amici, lo conosco, lo stimo e lo rispetto per il valore intellettuale che ha e la convinzione nel difendere le sue idee”, ha detto. “E' uno dei peruviani che dà più lustro al Perù in campo internazionale, e pertanto rispetto le sue opinioni”. Cinque anni fa, proprio per bloccare l'ascesa al potere di Humala, Vargas Llosa aveva invece invitato a votare al ballottaggio Alan García: lo stesso presidente contro il quale era sceso in campo con la candidatura del 1990. Eppure, col suo secondo mandato, Alan García dimostrò di aver tratto la lezione dagli errori fatti vent'anni prima.
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