Il Fondatore e Zagrebelsky a caccia di apostoli contro i foglianti

Piero Vietti

Il club dei miliardari annoiati dalla politica e sinceramente indignati dal tracollo delle istituzioni sta riempiendo i teatri torinesi in questi giorni con la Biennale della democrazia. Dove con “democrazia” si intende partecipazione attiva di minoranze intransigenti alla rivolta contro i berluscones e a un prossimo abbattimento del tiranno. Questo perché il popolo è troppo stupido per riuscire a scegliere dei rappresentanti come si deve, dunque occorre saltare l'inutile e dannoso passaggio del voto, e prendere il potere dal basso.

Leggi Caro Eugenio, tu non hai il complesso di inferiorità, sei davvero inferiore - Leggi Laicissimo me

    Il club dei miliardari annoiati dalla politica e sinceramente indignati dal tracollo delle istituzioni sta riempiendo i teatri torinesi in questi giorni con la Biennale della democrazia. Dove con “democrazia” si intende partecipazione attiva di minoranze intransigenti alla rivolta contro i berluscones e a un prossimo abbattimento del tiranno. Questo perché il popolo è troppo stupido per riuscire a scegliere dei rappresentanti come si deve, dunque occorre saltare l'inutile e dannoso passaggio del voto, e prendere il potere dal basso, anche grazie a cinque giorni di catarsi collettiva guidata da un'oligarchia del pensiero illuminato, ça va sans dire.

    La Biennale della democrazia, voluta, pensata e gestita dal costituzionalista professor Gustavo Zagrebelsky ha avuto ieri un alto momento di democrazia partecipata e popolare quando, nel borghesissimo teatro Carignano, il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari ha spiegato, con Francesco De Sanctis, che siamo tutti come il don Abbondio manzoniano, “pauroso e codardo, e dunque forte nell'imbrogliare i deboli e arrendevole davanti ai potenti”. Una lunga lezione introdotta dal “maestro” (parole del Fondatore) Zagrebelsky e volta a creare nuovi apostoli del Verbo: “Quando ci si riunisce – ha detto Scalfari – presumo che ci siano persone che più o meno la pensano come noi. I nostri giornali vendono, ma chi li legge la pensa già come noi”. Come dunque arrivare alle masse donabbondiescamente ed emotivamente asservite al Cav.-don Rodrigo? “Ognuno di voi vive in un ambiente, entra in contatto ogni giorno con molte persone diverse: è una facoltà che avete, e che io e il maestro Zagrebelsky non abbiamo. Avete capacità apostoliche! Fate gli apostoli!”.

    Prima e dopo, Scalfari non è quasi mai riuscito a concludere un pensiero senza citare il Foglio e il suo direttore: “Io sono liberale, nel senso di liberal, non di radical chic… altrimenti poi Ferrara ci bastona” (applausi). Poi, parlando di come Berlusconi “spregia l'articolo 54 della Costituzione”, non si è di nuovo trattenuto, e se l'è presa con “i suoi” del Foglio: “Tutti dicono che sono intelligenti… ma io ho rifiutato un dibattito con Ferrara; mi hanno chiesto ‘perché?' e io ho detto che Ferrara non lo riconosco come pari. Sarà supponenza, ma io con lui non posso discutere, perché non posso discutere con chi non è sulla mia stessa lunghezza d'onda e io e Ferrara siamo su due lunghezze d'onda diverse: io non è che non capisco quello che dice, non lo sento!, e lui non sente quello che dico io, raccontiamo due realtà diverse. Poi quelli del Foglio dicono che Berlusconi ha tanti processi solo perché è sceso in politica (sceso appunto… di solito uno sale… lui non poteva che scendere…). Questa è una menzogna!”. E ancora: “Il suo mentore, Ferrara, ha stabilito che noi siamo dei puritani, perché adottiamo un valore morale illiberale, mentre invece ognuno a casa sua può fare quello che vuole. Una volta ci parlavo con Ferrara. Adesso non più. Se mi vuole intervistare va bene, ma discutere no, non siamo pari io e lui. Non sono puritano, non lo sono mai stato. La mia cultura è liberale, liberale illuminista. Ferrara sa bene cosa vuol dire questo. L'amore è libertino, tutti i libertini erano illuministi (non tutti gli illuministi erano libertini), quindi io non sono puritano. Berlusconi a casa sua può fare quello che vuole, salvo l'articolo 54 della Costituzione. Ferrara pensa che i magistrati non debbano ‘entrare sotto le lenzuola', ma il 90 per cento dei reati avviene in casa. Il magistrato quindi deve entrare sotto le lenzuola. Io non sono puritano”. A quel punto era tutto pronto per il gran finale democratico del maestro Zagrebelsky che, elencando gli incontri dei prossimi giorni, ha strappato l'applauso con: “E ci tengo a dire che abbiamo evitato di invitare fogli di famiglia”.

    Leggi Caro Eugenio, tu non hai il complesso di inferiorità, sei davvero inferiore Leggi Laicissimo me

    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.