Il Fondatore e Zagrebelsky a caccia di apostoli contro i foglianti
Il club dei miliardari annoiati dalla politica e sinceramente indignati dal tracollo delle istituzioni sta riempiendo i teatri torinesi in questi giorni con la Biennale della democrazia. Dove con “democrazia” si intende partecipazione attiva di minoranze intransigenti alla rivolta contro i berluscones e a un prossimo abbattimento del tiranno. Questo perché il popolo è troppo stupido per riuscire a scegliere dei rappresentanti come si deve, dunque occorre saltare l'inutile e dannoso passaggio del voto, e prendere il potere dal basso.
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Il club dei miliardari annoiati dalla politica e sinceramente indignati dal tracollo delle istituzioni sta riempiendo i teatri torinesi in questi giorni con la Biennale della democrazia. Dove con “democrazia” si intende partecipazione attiva di minoranze intransigenti alla rivolta contro i berluscones e a un prossimo abbattimento del tiranno. Questo perché il popolo è troppo stupido per riuscire a scegliere dei rappresentanti come si deve, dunque occorre saltare l'inutile e dannoso passaggio del voto, e prendere il potere dal basso, anche grazie a cinque giorni di catarsi collettiva guidata da un'oligarchia del pensiero illuminato, ça va sans dire.
La Biennale della democrazia, voluta, pensata e gestita dal costituzionalista professor Gustavo Zagrebelsky ha avuto ieri un alto momento di democrazia partecipata e popolare quando, nel borghesissimo teatro Carignano, il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari ha spiegato, con Francesco De Sanctis, che siamo tutti come il don Abbondio manzoniano, “pauroso e codardo, e dunque forte nell'imbrogliare i deboli e arrendevole davanti ai potenti”. Una lunga lezione introdotta dal “maestro” (parole del Fondatore) Zagrebelsky e volta a creare nuovi apostoli del Verbo: “Quando ci si riunisce – ha detto Scalfari – presumo che ci siano persone che più o meno la pensano come noi. I nostri giornali vendono, ma chi li legge la pensa già come noi”. Come dunque arrivare alle masse donabbondiescamente ed emotivamente asservite al Cav.-don Rodrigo? “Ognuno di voi vive in un ambiente, entra in contatto ogni giorno con molte persone diverse: è una facoltà che avete, e che io e il maestro Zagrebelsky non abbiamo. Avete capacità apostoliche! Fate gli apostoli!”.
Prima e dopo, Scalfari non è quasi mai riuscito a concludere un pensiero senza citare il Foglio e il suo direttore: “Io sono liberale, nel senso di liberal, non di radical chic… altrimenti poi Ferrara ci bastona” (applausi). Poi, parlando di come Berlusconi “spregia l'articolo 54 della Costituzione”, non si è di nuovo trattenuto, e se l'è presa con “i suoi” del Foglio: “Tutti dicono che sono intelligenti… ma io ho rifiutato un dibattito con Ferrara; mi hanno chiesto ‘perché?' e io ho detto che Ferrara non lo riconosco come pari. Sarà supponenza, ma io con lui non posso discutere, perché non posso discutere con chi non è sulla mia stessa lunghezza d'onda e io e Ferrara siamo su due lunghezze d'onda diverse: io non è che non capisco quello che dice, non lo sento!, e lui non sente quello che dico io, raccontiamo due realtà diverse. Poi quelli del Foglio dicono che Berlusconi ha tanti processi solo perché è sceso in politica (sceso appunto… di solito uno sale… lui non poteva che scendere…). Questa è una menzogna!”. E ancora: “Il suo mentore, Ferrara, ha stabilito che noi siamo dei puritani, perché adottiamo un valore morale illiberale, mentre invece ognuno a casa sua può fare quello che vuole. Una volta ci parlavo con Ferrara. Adesso non più. Se mi vuole intervistare va bene, ma discutere no, non siamo pari io e lui. Non sono puritano, non lo sono mai stato. La mia cultura è liberale, liberale illuminista. Ferrara sa bene cosa vuol dire questo. L'amore è libertino, tutti i libertini erano illuministi (non tutti gli illuministi erano libertini), quindi io non sono puritano. Berlusconi a casa sua può fare quello che vuole, salvo l'articolo 54 della Costituzione. Ferrara pensa che i magistrati non debbano ‘entrare sotto le lenzuola', ma il 90 per cento dei reati avviene in casa. Il magistrato quindi deve entrare sotto le lenzuola. Io non sono puritano”. A quel punto era tutto pronto per il gran finale democratico del maestro Zagrebelsky che, elencando gli incontri dei prossimi giorni, ha strappato l'applauso con: “E ci tengo a dire che abbiamo evitato di invitare fogli di famiglia”.
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