Cattivissimo me

Annalena Benini

Mentre gli odiatori di Silvio Berlusconi danno sfogo alla fantasia più feroce e a categorie di disumanità per far meglio coincidere il premier con il male assoluto da operetta (“incantatore da fiera”, “stregone”, “l'Imbroglione”, “delirio narcisistico”, “autocompianto posticcio”, “logorrea farfallina”, “Caimano”, “il malaccorto”, “sentimento narcisistico d'onnipotenza”, sono alcune delle definizioni rinvenibili nelle cronache di Repubblica su Berlusconi in aula a Milano), Silvio Berlusconi manifesta un'adesione elementare alla realtà.

    Mentre gli odiatori di Silvio Berlusconi danno sfogo alla fantasia più feroce e a categorie di disumanità per far meglio coincidere il premier con il male assoluto da operetta (“incantatore da fiera”, “stregone”, “l'Imbroglione”, “delirio narcisistico”, “autocompianto posticcio”, “logorrea farfallina”, “Caimano”, “il malaccorto”, “sentimento narcisistico d'onnipotenza”, sono alcune delle definizioni rinvenibili nelle cronache di Repubblica su Berlusconi in aula a Milano), Silvio Berlusconi manifesta un'adesione elementare alla realtà. Se vede un giornalista baffuto e non proprio innamorato, lo chiama “signor Stalin”; davanti al pubblico ministero che lo accusa dice: “Allora è lei il cattivo” (se ci fosse un po' meno guerra e un po' più di sense of humour, si potrebbe ridere molto, di lui e degli altri, ma di nascosto dai giornali che hanno precisi ordini di luttuosità e rancore).

    Silvio Berlusconi divide il mondo in buoni e cattivi (lui si sente il re dei buoni, e infatti dice: “Grazie a voi della fiducia che, vi assicuro, mi merito totalmente”), in streghe e fate, ed è convinto di meritarsi, oltre alla fiducia, il lieto fine. Come nelle favole (con molte molte Biancanevi), in cui il cattivo viene sempre sconfitto oppure diventa buono. Berlusconi credeva forse di fare sorridere il pubblico ministero, apostrofandolo come nei film, offrendogli la grandezza della cattiveria, immaginava di finire il processo con strette di mano, brindisi e canzoni francesi. Da sempre chi lo detesta si avventura in definizioni romanzesche, complesse, freudiane, junghiane, giudiziarie, perfino anatomiche (ieri Giuseppe D'Avanzo spiegava seriamente che Berlusconi si serve di un particolare muscolo della faccia, il massetere, situato vicino alla mandibola, per manovrare quel “sorriso inalterabile”: ma si è fatto infilare quel coso apposta nella faccia dai chirurghi plastici o si tratta di un muscolo democratico posseduto anche dalle mandibole dell'opposizione?), e intanto si creano libri, documentari, film, poemi, appelli, trasmissioni televisive, opere teatrali (più o meno tutto, tranne un'alternativa) per tentare di spiegare e abbattere il demoniaco fenomeno Berlusconi.

    Berlusconi invece si ferma a “cattivo”. E' la parola forse più impolitica e meno strategica che esista (impiegata anche dal Berlusconi privato e démodé, come si è visto dalle telefonate spiate e pubblicate, “cattivona tu”), utilizzata nelle favole per le matrigne, le streghe, le sorellastre e i lupi, amata dai bambini perché è sufficiente per denunciare un mondo di ingiustizie vere o immaginarie (la mamma che mette in punizione, l'amichetto che ruba la palla, il mostro che potrebbe entrare dalla finestra se non si dorme con la luce accesa). La visione del mondo di Berlusconi non è diversa da quella di chi lo detesta (Berlusconi è il cattivo supremo): la differenza sta nel grandioso dispendio di aggettivi e minuziose descrizioni di parti del corpo.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.