Ispettori a Milano

Marco Pedersini

Il Corriere della Sera non poteva pubblicare il contenuto delle telefonate tra il premier e alcune sue amiche. E la procura milanese non poteva trascriverlo. Per questo, sentenze della Corte costituzionale alla mano, i vertici del Pdl al Senato chiedono al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, “se non ravvisi l'opportunità di intraprendere le iniziative ispettive e disciplinari di sua competenza”.

    Il Corriere della Sera non poteva pubblicare il contenuto delle telefonate tra il premier e alcune sue amiche. E la procura milanese non poteva trascriverlo. Per questo, sentenze della Corte costituzionale alla mano, i vertici del Pdl al Senato chiedono al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, “se non ravvisi l'opportunità di intraprendere le iniziative ispettive e disciplinari di sua competenza”.

    Bisogna mandare gli ispettori, perché, dice Gaetano Quagliariello (Pdl), “abbiamo il legittimo sospetto che l'attività della procura di Milano abbia messo in discussione i principi di legalità e di equilibrio tra giustizia e politica”. E' stata la stessa spiegazione data dal procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, a lasciare spazio alle perplessità: le trascrizioni delle telefonate del premier, aveva detto il procuratore, “si riferiscono a conversazioni antecedenti all'iscrizione di Berlusconi nel registro degli indagati e sono state disposte per essere utilizzate nelle richieste di proroga indirizzate al gip”. Queste parole, accusa Quagliariello, sono la confessione di una violazione deliberata dell'articolo 68 della Costituzione, che vieta la trascrizione anche delle intercettazioni indirette dei parlamentari. Sono concesse le intercettazioni “casuali o fortuite”, ovvero quelle in cui non ci si poteva aspettare di imbattersi nella voce di un parlamentare.

    La Corte ha stabilito come le garanzie, che valgono per le comunicazioni del parlamentare e non soltanto per le sue utenze, si estendano anche alle telefonate con “soggetti diversi che possono presumersi da lui frequentati”. La Consulta lo ha ribadito nel marzo 2010, a tutela di Italo Bocchino (Fli) e Renzo Lusetti (Pd), che la procura di Napoli voleva arrestare durante l'inchiesta Global Service: se si intercettasse un interlocutore abituale, dice la sentenza, “le intercettazioni del parlamentare, lungi dal restare fortuite, diventerebbero ‘mirate'”. Per quanto alcuni lo ritengano inopportuno, Nicole Minetti, Raissa Skorkina, Marysthell Polanco e Aris Espinoza erano tra le frequentazioni abituali del premier.

    L'offensiva dei senatori del Pdl si allarga anche ad altri aspetti delle indagini: la tardiva iscrizione del presidente del Consiglio nel registro degli indagati, ad esempio, che “pensiamo sia stata usata per consentire l'attivazione del giudizio immediato contro il premier e per agevolare la prosecuzione di un'attività di intercettazione contro la legge e contro la stessa Costituzione”, dice Quagliariello. Nella loro interrogazione parlamentare, alla quale si aspettano una risposta urgente, i senatori hanno ribadito come le restrizioni vadano applicate anche ai tabulati telefonici. Secondo la Consulta, infatti, “i tabulati hanno una notevole capacità intrusiva, che permettono di aprire squarci di conoscenza sui rapporti di un parlamentare di ampiezza ben maggiore rispetto alle esigenze di una specifica indagine”.

    Il Pdl non ha intenzione di mettere sotto pressione il Quirinale sul processo breve, né allargare la riservatezza delle conversazioni garantita dalla legge Boato (“Basterebbe rispettarla”, dice il capogruppo Maurizio Gasparri).
    Restano, però, la massima priorità alla legge sulle intercettazioni e il pieno sostegno all'emendamento Mugnai, ribattezzato “processo lungo” dall'opposizione, che eviterebbe a un imputato di vedersi falciata preventivamente la lista dei testimoni a proprio favore. Della prescrizione breve, assicura Gasparri, “al Senato se ne discuterà ormai dopo Pasqua”. Nell'attesa il Guardasigilli medita sugli ispettori e la maggioranza marca il territorio: “Il Csm eviti di diventare una sorta di terza assemblea parlamentare che vara risoluzioni sulle leggi mentre le si sta discutendo alla Camera”, dice Gasparri. “E non chiami risoluzioni i pareri dati senza che gli siano richiesti”, aggiunge Quagliariello.