Combattere senza rovinarsi/ 4
Abbiamo visto solo una pallida idea della sua furia a venire
Il Cav. picchierebbe dunque troppo duro e storto. Forse. Però non si può dire che fra governo, maggioranza e procura di Milano e dintorni sia in corso l'ultimo scontro, che nel paese corra un clima da guerra civile fredda, produrre a sostegno di questa tesi solidi argomenti e poi chiedere al premier inusitato fair play istituzionale. Perché non è nella sua natura. Perché non conosce altro modo di battersi che riducendo tutto il fronte alla coppia amico-nemico.
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Alle 18 l'intervento di Andrea Marcenaro
Il Cav. picchierebbe dunque troppo duro e storto. Forse. Però non si può dire che fra governo, maggioranza e procura di Milano e dintorni sia in corso l'ultimo scontro, che nel paese corra un clima da guerra civile fredda, produrre a sostegno di questa tesi solidi argomenti e poi chiedere al premier inusitato fair play istituzionale. Perché non è nella sua natura. Perché non conosce altro modo di battersi che riducendo tutto il fronte alla coppia amico-nemico. Perché non conosce il fioretto ma lo spadone e non lo scopriamo oggi. Perché infine il risultato delle amministrative a Milano lo vede, a giusto titolo, come un test sulla tenuta nazionale del centrodestra.
Allora possiamo esserne certi: quello che il Cav. ha fatto finora è solo una pallida idea della sua furia a venire.
Non si può pretendere che possa avere senso della misura, che eviti parole pesanti come piombo: quando si è accerchiati ci si difende con ogni arma a disposizione. E non è solo per paranoia se non riesce a trovare né interlocutori né sponde fra gli avversari e si sente come a Fort Alamo, stretto dall'armata di un generale che non vuole fare prigionieri.
Prendiamo la storia dei manifesti “scellerati”. Una immane fesseria, un autogol del centrodestra anche se non riconducibile direttamente al partito del premier.
Hanno suscitato comprensibile indignazione, sia pure con tutta la bolsa retorica di cui siamo capaci ogni qual volta si commetta vilipendio verso le istituzioni. Ad occhio però – e anche in punto di diritto – un reato di opinione è pur sempre meno grave o comunque più tollerabile socialmente di quanto debba esserlo un abuso giudiziario. Eppure nessuno, né Napolitano né Bersani, dopo aver stigmatizzato l'accaduto, si è sentito in dovere di spendere una parola in difesa dell'autore, tal Roberto Lassini, che sarà pure un “orrendo berlusconiano” ma è pur sempre l'ennesimo “homo politicus” inquisito, tenuto un mese in carcere e qualche anno nel tritacarne, prima che l'onorevole istituzione gli dicesse ci siamo sbagliati, lei è innocente, non ha fatto nulla di illegale. Certo abbiamo distrutto la sua vita, ma come si dice chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato e “scurdammoce o'passato”.
Nessuna democrazia, nessun ordinamento sono al riparo da un magistrato che sbaglia ma nessuna democrazia è tale se non cerca di evitare che l'errore si ripeta con la stessa frequenza allucinante che c'è in Italia. Basterebbe questa apertura di buon senso per far sentire il Cav. meno solo.
E magari convincerlo che ci si può battere anche con altre armi. Ma fin quando non si aprirà uno spiraglio sia pure minimo, si andrà avanti così. Semmai il Cav. dovrebbe chiedersi se non vede segni di stanchezza fra i suoi stessi elettori. Domenica, a Milano, la platea è apparsa poco entusiasta, non proprio in estasi di fronte alle battute, poco sensibile al fascino dello chansonnier. Gli effetti di manica, gli artifici retorici sono arrivati smorzati, senza la forza dirompente dell'immediatezza. Il grande comunicatore per ora ha qualche difficoltà a creare la solita dinamica vincente e il più delle volte sembra che reciti secondo copione.
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Ogni ora saranno pubblicate "idee più o meno stravaganti per evitare che la giusta battaglia del Cav. si trasformi in una barzelletta politica". Alle 18 l'intervento di Andrea Marcenaro
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