Campioni d'Italia

Stefano Cingolani

Come ha fatto Mario Draghi a convincere  Wolfgang Schäuble oltre ad autorevoli opinionisti e giornali tedeschi (da Der Spiegel a Handesblatt), di essere l'uomo giusto alla Banca centrale europea, in barba a vecchi, ma radicati pregiudizi? E Giulio Tremonti? Ha sfidato la sacralità dei trattati davanti al Parlamento di Strasburgo e tutti lo hanno ascoltato sapendo che aveva ragione: sono stati concepiti prima della globalizzazione e andrebbero rivisti, come negarlo?

    Come ha fatto Mario Draghi a convincere  Wolfgang Schäuble oltre ad autorevoli opinionisti e giornali tedeschi (da Der Spiegel a Handesblatt), di essere l'uomo giusto alla Banca centrale europea, in barba a vecchi, ma radicati pregiudizi? E Giulio Tremonti? Ha sfidato la sacralità dei trattati davanti al Parlamento di Strasburgo e tutti lo hanno ascoltato sapendo che aveva ragione: sono stati concepiti prima della globalizzazione e andrebbero rivisti, come negarlo?

    Due personalità diverse, per molti versi opposte. L'uno grand commis liberale e liberista, l'altro un ex socialista pragmatico, per il quale stato e mercato debbono essere usati con cura e guidati politicamente, non da Karl Marx, ma nemmeno da Groucho Marx. Il primo un tecnico senza voli pindarici, il secondo immaginifico e creativo. Anche per questo, di tanto in tanto si beccano. Li accomuna un capitale davvero difficile da mettere insieme perché fatto di competenza, esperienza, cultura aperta al mondo. Draghi più attratto dal modello anglo-americano, Tremonti dall'Ordoliberalismus (e ciò ammorbidisce le riserve teutoniche). Entrambi, due “campioni” che l'Italia può mettere in lizza, nonostante le lamentele sulla qualità delle élite. Il governatore e il ministro parlano oggi lo stesso linguaggio all'estero e in patria.

    Rigore e crescita, l'uno premessa dell'altra; finanza sana e conti in ordine per concentrare le risorse in investimenti produttivi, sciogliendo i lacci che bloccano il lavoro e l'impresa. Qualcosa di meno energico della frustrata al cavallo che molti vorrebbero. E tuttavia una scossa, se i piani non si perderanno nel castello dei veti incrociati. L'Istat dice che la crescita è troppo bassa per creare occupazione. Bankitalia definisce coraggioso l'aggiustamento dei conti pubblici, però chiede di “aprire spazi per una riduzione delle aliquote fiscali di qui al 2014”. Tremonti non prende impegni, ma condanna un fisco che “opprime” le aziende.

    Sta emergendo, tra i fumi e gli odii di battaglie partigiane, una narrazione comune sulle cause della crisi italiana (quindici anni di stagnazione produttiva) e sui rimedi. Ma documenti e discorsi volano via nel vento se non si è capaci di realizzare ciò che viene scritto nei pezzi di carta. E' una condizione necessaria anche per pesare sull'arena internazionale. Niente di peggio che un estroso generale senza un esercito disciplinato, efficiente, ben attrezzato. Vasto programma, per Mario e Giulio. À la guerre comme à la guerre.