Dove andrà quel mezzo milione di profughi in fuga dalla Libia?

Cristina Giudici

Nessuno vuole cedere (troppo) all'allarmismo, ma lo sbarco più numeroso mai avvenuto a Lampedusa, circa 760 profughi arrivati dalla Libia due giorni fa, quasi fosse una fregata da guerra costruita con il corpo degli esseri umani, turba il sonno di tutti. E non solo dei politici. Quello sbarco da record inquieta molto anche le organizzazioni umanitarie internazionali che stanno assistendo i fuoriusciti dalla Libia, per aiutarli a tornare nei loro paesi grazie al programma internazionale dei rimpatri assistiti.

Leggi Così invademmo (piano) la Libia - Guarda la puntata di Qui Radio Londra Questa guerra di Libia sta diventando un serpente velenoso

    Nessuno vuole cedere (troppo) all'allarmismo, ma lo sbarco più numeroso mai avvenuto a Lampedusa, circa 760 profughi arrivati dalla Libia due giorni fa, quasi fosse una fregata da guerra costruita con il corpo degli esseri umani, turba il sonno di tutti. E non solo dei politici. Quello sbarco da record inquieta molto anche le organizzazioni umanitarie internazionali che stanno assistendo i fuoriusciti dalla Libia, per aiutarli a tornare nei loro paesi grazie al programma internazionale dei rimpatri assistiti. Tutti sperano che l'Europa intera contribuisca a favorire i “resettlement”, la ricollocazione dei profughi. Ossia la difficile arte di individuare chi tra i fuggitivi desidera, potendo, tornare a casa e chi invece – dopo aver attraversato deserti, essere stato derubato, preso in ostaggio, raggirato dai trafficanti di esseri umani – non può più tornare indietro e chiede a buon diritto protezione umanitaria all'Europa.

    Nel nord Africa si è messo in moto un fenomeno migratorio dalle dimensioni enormi. Secondo l'ultimo aggiornamento dell'Oim, l'Organizzazione internazionale per l'immigrazione, con sede a Ginevra e a Roma e che gestisce una serie di campi di accoglienza lungo i confini di Tunisia, Egitto e Niger, il 18 aprile risultavano in fuga dalla Libia 543.352 emigranti (nel paese ci sono circa un milione e mezzo di stranieri arrivati dall'Africa nord e subsahariana e dall'Asia, perché per il lavoro il paese del Colonnello era considerato una specie di Svizzera africana). Di questi profughi, 254.566 sono diretti in Tunisia e 217.493 in Egitto. Gli altri vanno verso il Niger (45.600), il Ciad (6.219), l'Algeria (14.126) e il Sudan (2.800), mentre 6.289 sono ancora bloccati ai confini libici. A questi – si tratta di stime ovviamente – vanno probabilmente aggiunti quelli che erano internati nei centri di trattenimento libici (circa 15 mila) arrivati nel paese di Gheddafi per poi passare in Europa e liberati dopo l'intervento militare, ma che per via della guerra sono nascosti e aspettano il momento giusto per lasciare la Libia.

    Dall'inizio dell'emergenza umanitaria, l'Oim ha aiutato 114.295 mila persone, fra cui tantissimi asiatici, a tornare a casa. C'è un flusso continuo, che non permette di stabilire con esattezza quanti siano quelli che sono diretti verso l'Europa. Volontari e funzionari dell'Oim minimizzano e dicono che dei 250 mila arrivati in Tunisia pochi sembrano diretti in Europa; ma nessuno sa cosa succederà perché ci troviamo davanti a un'emergenza umanitaria senza precedenti, e perché coinvolge numerosi paesi del continente africano. Con l'incognita della guerra in Libia che, sul fronte dell'immigrazione, mostrerà i suoi effetti collaterali soprattutto quando sarà finita. “Se prendiamo come paragone le statistiche dei flussi migratori precedenti all'accordo bilaterale italo-libico del 2009”, spiega Flavio Di Giacomo dell'Oim di Roma, nel 2008 in Sicilia arrivavano 38 mila immigrati, ma dall'inizio dell'anno ne sono già arrivati 30 mila”. Se i flussi migratori seguissero una logica matematica, si dovrebbe ipotizzare che ai 38 mila immigrati fermati in seguito all'accordo bilaterale e non arrivati in Italia nel 2009, ne andrebbero aggiunti altrettanti bloccati anche nel 2010. Ecco perché il ministro dell'Interno Roberto Maroni, all'inizio, aveva lanciato l'allarme sui 50 mila profughi diretti verso l'Italia.
    Ma siccome non si può tirare fuori il pallottoliere quando si tratta di esseri umani che scappano, si muovono, muoiono, sopravvivono o arrivano alla meta attraverso altre rotte, è impossibile fare previsioni. Però, come dice il prete eritreo Mose Zerai, che ha creato l'agenzia Habeshia per la cooperazione e lo sviluppo, “se da una parte non bisogna essere allarmisti, per quanto mi consta alle frontiere con la Tunisia e l'Egitto ci sono per esempio solo 500 eritrei in fuga dalla guerra (e dal servizio militare coatto), è anche vero che dalle testimonianze dei primi profughi arrivati dalla Libia sappiamo che sono stati incitati a partire dalle milizie libiche. Mentre mi sembra che l'ultimo sbarco a Lampedusa sia un evidente segnale di ritorsione del regime libico. In ogni caso se ci sarà un esodo o meno, lo capiremo solo quando sarà finita la guerra”. Se il Colonnello resterà al potere, potrebbe vendicarsi contro l'Italia che l'ha tradito e l'Europa che l'ha bombardato, usando come una bomba umana i corpi degli profughi. Ma anche in caso di vittoria dei ribelli, la situazione è incerta.

    C'è però un dato fornito dall'Oim che fa riflettere: anche i libici hanno cominciato a  fuggire: ce ne sono 69 mila in Tunisia e 64 mila in Egitto. Per ora le organizzazioni umanitarie sperano che l'Europa si metta una mano sul cuore e l'altra sulla coscienza. E corra ai ripari, preparandosi a finanziare i programmi di rimpatrio assistito e di “resettlement”, sia nei paesi di origine degli emigranti, sia in Europa.

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