Credetemi, non faremo risorgere l'Iri e le partecipazioni statali
Al quartier generale della Cassa depositi e prestiti (Cdp), presieduta da Franco Bassanini, non c'è preoccupazione per l'Opa di Lactalis su Parmalat. Eppure la Cdp guidata dall'ad, Giovanni Gorno Tempini, si stava prodigando per coagulare una cordata italiana per rilevare il controllo dell'azienda di Collecchio. “L'azione della Cassa ha comunque prodotto un buon risultato", dice Bassanini in una conversazione con il Foglio.
Al quartier generale della Cassa depositi e prestiti (Cdp), presieduta da Franco Bassanini, non c'è preoccupazione per l'Opa di Lactalis su Parmalat. Eppure la Cdp guidata dall'ad, Giovanni Gorno Tempini, si stava prodigando per coagulare una cordata italiana per rilevare il controllo dell'azienda di Collecchio. “L'azione della Cassa ha comunque prodotto un buon risultato – dice Bassanini in una conversazione con il Foglio – l'Opa di Lactalis garantisce ai risparmiatori-azionisti un prezzo ben più elevato del corso del titolo degli ultimi mesi”.
Bassanini giudica positivamente gli impegni dei francesi sul mantenimento dell'azienda a Piazza Affari e della sede in Italia: “Impegni che potranno essere garantiti, magari, con la presenza di un partner italiano”. L'avanzata di Lactalis non modifica il progetto della Cassa per un fondo strategico, anzi: “Altri grandi stati europei, come la Francia e la Germania – spiega il costituzionalista Bassanini, espressione in Cdp delle fondazioni bancarie – già dispongono di strumenti simili: capaci di raccogliere (con la garanzia dello stato, anche in Francia e in Germania) risparmio privato e di metterlo al servizio del rafforzamento del sistema produttivo e della competitività del paese”. La situazione dei mercati finanziari globali, ancora dominati da logiche di breve periodo, rende infatti utile disporre di un investitore di lungo termine capace di sostenere, anche con un apporto di capitali sottratti alla regola del “mordi e fuggi”, imprese sane che possano aspirare a diventare dei “campioni nazionali”.
Bassanini sa bene che l'attribuzione alla Cdp della possibilità di assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, stabilita da un decreto legge del 31 marzo scorso, ha suscitato critiche, sospetti e polemiche. Si è paventato il rischio della trasformazione di Cdp in una nuova Iri: “Istituzione che ha molto contribuito alla crescita economica del paese, soprattutto nei suoi primi decenni, ma ha anche rappresentato il veicolo di improprie ingerenze dei partiti nell'economia e nella finanza”, chiosa l'ex ministro dei Ds. Oppure addirittura in una nuova Gepi (le vecchie Partecipazioni industriali). Si è definito il nuovo fondo come un fondo “salva-imprese”. L'esperienza del Fonds stratégique d'investissement francese, ma anche quella della Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW) tedesca (e della sua controllata Ipex-Bank) sono state ricordate da chi ha sostenuto che si potrebbe trattare di uno strumento utile.
Per Bassanini sarà “cruciale” la definizione delle “regole di ingaggio” per le assunzioni di partecipazioni da parte della Cassa o del nuovo Fondo. Queste “regole di ingaggio”, definite dal decreto legge in termini molto generici e ambigui (“società di rilevante interesse nazionale in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del paese”), “saranno in parte stabilite dal governo e in parte dalla Cassa o dal Fondo stesso”. Anzi in parte sono già state determinate dagli azionisti di Cdp che hanno recepito nello statuto le norme del decreto legge. In verità per il presidente della Cdp non ci sono rischi immanenti di eccessiva intromissione della politica: “La nuova disposizione statutaria della Cdp aggiunge che dovrà trattarsi di società in ‘stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico' e che ‘siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività'”. Requisiti a prima vista sufficienti “a escludere che la Cassa possa compiere operazioni di salvataggio di imprese decotte o in crisi. Sembrerebbe dunque sventata l'ipotesi di fondo ‘salva-imprese' e il richiamo all'esperienza non esaltante della Gepi”.
C'è “di fatto un argine assai solido contro improprie ingerenze della politica e dei partiti”, grazie a una netta distinzione tra le responsabilità della politica (governo, Parlamento, Tesoro) e la responsabilità degli amministratori di Cdp. In altri termini, alla politica spetta precisare il perimetro delle imprese di interesse nazionale, ma non valutare il merito dell'investimento. Alla Cassa compete accertare, attraverso due diligence, la effettiva ricorrenza delle condizioni di sostenibilità economico-finanziaria e le adeguate prospettive di redditività dell'investimento. Si vedrà.
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