Ecco perché la pace fra Hamas e Fatah fa bene soltanto agli estremisti

Luigi De Biase

Hamas e Fatah hanno raggiunto ieri un accordo preliminare per la “riconciliazione palestinese”. L'annuncio è arrivato nel pomeriggio, al termine di un incontro fra i rappresentanti dei due gruppi e un gran numero di mediatori egiziani – fra loro c'erano sia diplomatici, sia uomini dei servizi segreti. “Siamo in sintonia su tutti i punti”, ha detto un esponente di Fatah, Azzam al Ahmad, dopo il vertice. Un portavoce di Hamas ha confermato che “ogni differenza è superata”.

    Hamas e Fatah hanno raggiunto ieri un accordo preliminare per la “riconciliazione palestinese”. L'annuncio è arrivato nel pomeriggio, al termine di un incontro fra i rappresentanti dei due gruppi e un gran numero di mediatori egiziani – fra loro c'erano sia diplomatici, sia uomini dei servizi segreti. “Siamo in sintonia su tutti i punti”, ha detto un esponente di Fatah, Azzam al Ahmad, dopo il vertice. Un portavoce di Hamas ha confermato che “ogni differenza è superata”. Secondo il quotidiano Haaretz, il testo prevede la nascita di un governo ad interim nella città di Gaza e una road map per le elezioni. La firma dell'accordo potrebbe arrivare in settimana, nel corso di una cerimonia solenne che si terrà al Cairo. Questo patto voluto con forza dal nuovo regime egiziano è destinato a cambiare gli equilibri di potere nella Striscia e in Cisgiordania. Nonostante i proclami di al Ahmad, l'accordo di ieri può ridimensionare Fatah una volta per tutte: la “riconciliazione” offre ad Hamas ha la grande chance di prevalere sugli storici rivali e di imporre la propria egemonia sui Territori.

    Oggi i palestinesi sono divisi in due. Da una parte c'è Gaza, che è sotto il controllo di Hamas. Dall'altra la Cisgiordania, governata da Fatah. I due partiti si sono sfidati alle elezioni del 2006 e hanno formato un governo di unità nazionale che è durato un anno, sino alla guerra civile del giugno 2007. E' allora che gli uomini di Hamas si sono impadroniti con la forza della Striscia, rimuovendo gli esponenti di Fatah dagli incarichi amministrativi. Le parti hanno sfiorato la pace già nel 2009, ma l'accordo sfumò poche ore prima della firma. Quella volta Hamas rifiutò di cedere alle richieste di Fatah. Il governo di Hamas, che è considerata un'organizzazione terroristica da Israele, dagli Stati Uniti e dall'Unione europea, non è stato un affare per gli abitanti di Gaza.

    I missili lanciati quotidianamente verso le città del Negev hanno costretto il governo israeliano a compiere numerosi raid per distruggere le brigate combattenti che si muovono nella Striscia, e a sigillare i confini di Gaza con l'obiettivo di impedire l'arrivo di armi e volontari islamici. Tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009, l'esercito israeliano ha anche portato a termine l'operazione Piombo fuso, che ha decimato gli organi di comando di Hamas. Il premier di Gerusalemme, Benjamin Netanyahu, ha avvisato gli uomini di Fatah che l'accordo di ieri può rivelarsi fatale. “Non si può fare la pace con Hamas e con Israele allo stesso tempo – ha commentato – Io sceglierei la pace con Israele”.

    Il leader di Fatah e dell'Anp, Abu Mazen, pare più interessato a seguire la pista della riconciliazione. Nelle ultime settimane si è mosso per ottenere il riconoscimento di uno stato palestinese dalle Nazioni Unite, raccogliendo riscontri positivi sul piano diplomatico. Molti paesi del Sudamerica hanno garantito sostegno all'operazione e anche alcune cancellerie europee, a partire da quella francese, si dicono aperte al dibattito. Ma Fatah non ha la forza per resistere ad Hamas, non ce l'ha sotto il profilo elettorale, come dimostra la sconfitta patita nel 2006, e neppure sotto quello militare. Il destino di un ipotetico stato palestinese non sarebbe troppo distante dalla realtà di Gaza, con Fatah costretta all'esilio, gli estremisti al potere, attacchi armati contro Israele e rapporti costanti con l'Iran e le altre organizzazioni terroristiche del medio oriente.

    Non è un caso che l'accordo arrivi adesso e sia guidato dagli sherpa egiziani. Negli ultimi anni del proprio regime, Hosni Mubarak ha collaborato con Israele per ridurre i rischi legati alla presenza di Hamas: ha chiuso il valico di Rafah, che collega la Striscia all'Egitto, e ha messo in contatto il proprio sistema di intelligence con quello di Gerusalemme. Anche Mubarak ha lavorato alla pace fra Hamas e Fatah – aveva affidato la mediazione al capo dei servizi segreti, Omar Suleiman, che poi lo ha rimpiazzato nei giorni della rivolta araba. La sua mediazione, però, non piaceva agli islamisti. Il nuovo regime del Cairo è riuscito a convincere Hamas in poche settimane. Il ministro degli Esteri egiziano ha appena firmato la pace con l'Iran. Ora arriva un'altra prova che qualcosa, al Cairo, sta davvero mutando.