Pupi, pupari e malagiustizia
L'utilizzo ardito di Massimo Ciancimino da parte della procura di Palermo è figlio di un vizio endemico: “Ogni nuova ondata di gestione antimafia, animata dalle migliori intenzioni, ha come prima esigenza quella di delegittimare l'ondata precedente e chi la cavalcò”, dice Massimo Bordin, il conduttore della rubrica mattutina “Stampa e regime” su Radio Radicale. Secondo Bordin, Ciancimino Jr. è stato usato dai pm palermitani come un ariete per abbattere le toghe nemiche, “perché la partita che si gioca in questa fase, anche sulla pelle di Ciancimino Jr. (per sua scelta), non è tanto fra politica e giustizia.
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L'utilizzo ardito di Massimo Ciancimino da parte della procura di Palermo è figlio di un vizio endemico: “Ogni nuova ondata di gestione antimafia, animata dalle migliori intenzioni, ha come prima esigenza quella di delegittimare l'ondata precedente e chi la cavalcò”, dice Massimo Bordin, il conduttore della rubrica mattutina “Stampa e regime” su Radio Radicale.
Secondo Bordin, Ciancimino Jr. è stato usato dai pm palermitani come un ariete per abbattere le toghe nemiche, “perché la partita che si gioca in questa fase, anche sulla pelle di Ciancimino Jr. (per sua scelta), non è tanto fra politica e giustizia. E' una lotta interna alla magistratura, alle scelte giudiziarie sull'antimafia”. Già negli anni in cui la procura di Palermo è diretta da Pietro Giammanco, “si ha la netta percezione che si formino due partiti tra i sostituti procuratori. Se uno va a rivedere le singole carriere scopre che quei due partiti si ritrovano disseminati in posti di grande responsabilità nelle procure siciliane e calabresi. E' una partita a scacchi, che sta continuando, ora con una specie di tregua”. L'editoriale scritto a Pasqua da Marco Travaglio, secondo Bordin, chiarisce il senso della battaglia: “Travaglio chiama in causa il procuratore nazionale antimafia: ha scritto che finché Piero Grasso è stato procuratore capo a Palermo nessuno era buono a chiedere niente a Massimo Ciancimino. Anzi, occultavano le carte. Lasciamo stare il fatto che Travaglio vada in vancanza con Ingroia, che pure è indicativo, ma se il senso dell'operazione è mettere in difficoltà una gestione dell'antimafia che vedeva Grasso alla procura e i Ros impegnati nelle inchieste sugli appalti, allora la questione va affrontata molto seriamente”.
E' a questo punto che, aggiustato il quadro prospettico, Massimo Ciancimino si rivela soltanto una pedina nella guerra tra procure.
E la scacchiera, ribadisce Bordin, “non ha soltanto i quadrati di Palermo e Caltanissetta, ma arriva fino alla direzione nazionale antimafia”. Chissà che delusione per chi aveva creduto all'immagine di Ciancimino Jr. divo dell'antimafia, una costruzione mediatica la cui responsabilità maggiore è di programmi televisivi come “Annozero”: “Il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo è diventato un eroe per ragazzi in buonissima fede perché l'hanno visto in televisione – dice Bordin – presentato come il figlio che si è ribellato al padre mafioso, la bocca della verità”. I giornali si sono accodati, salvo poi evitare, come ha fatto la Stampa, di citare in prima pagina la notizia clamorosa dell'arresto di Ciancimino Jr. “Una spiegazione me la posso anche dare – dice Bordin – perché le operazioni di santificazione hanno ruotato attorno a due libri: quello del giornalista della Stampa Francesco La Licata, che ha promosso Ciancimino Jr. in giro per tutta Italia, e poi quella di Maurizio Torrealta, con prefazione del pm Ingroia. Con Torrealta non è la prima volta che capita: se vuoi leggere un libro in cui viene distrutta la figura del capitano Ultimo devi leggere un libro di Torrealta, ma se vuoi leggere un libro elogiativo del capitano Ultimo devi leggerne un altro, uscito prima, sempre di Torrealta. I giornalisti dovrebbero stare un po' attenti a dare mezzi promozionali a un imputato usato come testimone d'accusa”.
Bordin ha un'idea chiara di come sia andata la vicenda: “La storia di Ciancimino arriva al suo zenit dopo che l'arma del pentito Gaspare Spatuzza viene spuntata. Già con l'ondata Spatuzza c'era qualcosa che non funzionava: le deposizioni non si incrociavano, per alcuni versi erano poco attendibili”. E allora spunta Ciancimino, che ha bisogno di liberarsi da un'imputazione seria, quella di riciclaggio: “Ciancimino Jr. gioca la carta del testimone che cerca in qualche modo di soddisfare l'inquisitore” e la procura sta al gioco, anche perché “i magistrati sanno che se la caveranno sempre. Diranno: siccome in questo paese vige l'obbligatorietà dell'azione penale, se il primo Ciancimino che passa mi porta una carta il fascicolo lo dobbiamo aprire”.
Tanto anche la gestione più avventata dei collaboratori più controversi, come Ciancimino, si può giustificare “nella visione ideologica, soprattutto dei pm Ingroia e Scarpinato, per cui dietro a tutta la storia d'Italia ci sono complotti che hanno sempre impedito ai buoni di vincere, dai tempi del bandito Giuliano fino a Berlusconi”. Quella del complotto è una chiave ben spendibile, ma, avverte Bordin, “è una visione del mondo che ti porta a deviare anche dai tuoi stessi obiettivi giudiziari. Tant'è che questi pm raccattano assoluzioni: quattro su cinque dei politici che hanno portato a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa sono stati assolti”.
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