Dramma blu

Stefano Cingolani

Onore al delegato Pino Viola che ha avuto il coraggio di ascoltare i suoi compagni e fare quello che pensava fosse il loro interesse. Onore a Pino Viola che, in preda a un dilemma politico e interiore, vuole dimettersi. Dice che è una questione di coerenza, ma la coerenza per un rappresentante sindacale non sta nell'ascoltare la voce della base? Ci si aspettava che oggi i vertici della Fiom reagissero così alla dolorosa intervista rilasciata al quotidiano Liberazione dal rappresentante sindacale alla ex Bertone.

    Onore al delegato Pino Viola che ha avuto il coraggio di ascoltare i suoi compagni e fare quello che pensava fosse il loro interesse. Onore a Pino Viola che, in preda a un dilemma politico e interiore, vuole dimettersi. Dice che è una questione di coerenza, ma la coerenza per un rappresentante sindacale non sta nell'ascoltare la voce della base? Ci si aspettava che oggi i vertici della Fiom reagissero così alla dolorosa intervista rilasciata al quotidiano Liberazione dal rappresentante sindacale alla ex Bertone il quale ha deciso, soffrendo, di votare sì al referendum; lui insieme con gli altri nove delegati, pur rendendosi conto che quell'accordo è contro la linea della sua federazione e peggiora le precedenti conquiste sindacali. Ma dopo sei anni di cassa integrazione e di fronte all'aut aut dell'azienda, non poteva permettersi di lasciare a spasso mille uomini e donne. Una volta si chiamava solidarietà di classe, oggi forse senso di responsabilità.

    Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, giudica “positivo il comportamento della rappresentanza sindacale unitaria”. Invece Pino Viola è stato sconfessato e maltrattato dai vertici della Fiom. “Uno sbandamento”, l'ha chiamato Giorgio Cremaschi, presidente del comitato centrale e ideologo della sinistra sindacale. In pieno revival di centralismo democratico, sostiene che la posizione giusta è un'altra e non si deroga. Ciascuno difende le proprie coerenze. Ma non c'è un briciolo di comprensione nel modo in cui lui e il segretario della Fiom, Maurizio Landini, hanno affrontato l'ennesima sconfitta, anzi la sconfessione aperta e lo smacco alle carrozzerie di Grugliasco. Sarebbe stato meglio ammetterlo e tirarne le conseguenze. Invece la Fiom, convocata ieri dalla Fiat insieme con le altre sigle sindacali, annuncia che non firmerà l'intesa – a differenza dei suoi stessi delegati di fabbrica che l'hanno siglata – e continuerà con la supplenza giudiziaria, quindi ricorsi e denunce, non più sindacato di fabbrica, ma di tribunale.

    Anche su questo il segretario della Cgil si è distinto: “Io penso che il primato sia sempre quello della contrattazione degli accordi”. Non dimentica del resto lo scherzetto che la Fiom le ha tirato, annunciando i ricorsi alla magistratura all'assemblea dei delegati Cgil organizzata per preparare lo sciopero generale di domani. Tutti i giornali hanno puntato sull'iniziativa fiommina, poche righe alla Camusso. Chissà che la débâcle alla ex Bertone, con i vertici apertamente sconfessati dalla base, dopo la serie di sconfitte ai referendum (da Pomigliano a Mirafiori), non dia alla segreteria Cgil il coraggio di avviare un confronto politico e culturale con la sua ala radicale, offrendo così sponda alla minoranza riformista, presente nella Fiom, ma emarginata.
    Scelte difficili. I rapporti di forza sono oggettivamente sfavorevoli, ma nella Cgil le altre categorie (che seguono una linea contrattuale più elastica) e i vertici confederali ritengono che si debba ripartire dai luoghi di lavoro, lasciando agli operai maggiore autonomia decisionale e adattandosi alle condizioni produttive. Le proposte della Cgil sulle rappresentanze sindacali e sulla contrattazione, discusse finora in sedi seminariali, vanno in questo senso.

    La tesi è che la Fiom sbaglia a mettersi in punta di diritto: ritenere che la Fiat calpesti le leggi è un boomerang, perché in effetti la linea dura di Marchionne è rimasta abilmente all'interno dello statuto dei lavoratori. Tuttavia, non si può far finta che non stia avvenendo un giro di vite. E il manager dal maglioncino, adesso che ha sfondato su tutta la linea, dovrebbe finalmente scoprire le carte. La Camusso gli chiede di avviare una trattativa di merito. Il primo passo è confermare l'investimento di 550 milioni di euro per un nuovo modello di Maserati. Alla Fiom, intanto, i duri della segreteria vogliono una resa dei conti nel comitato centrale convocato per lunedì. C'è aria di vere e proprie epurazioni.

    E' stato molto netto Cremaschi in un'intervista all'Ansa: “Il referendum resta illegittimo anche se lo hanno scelto le Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie). La Fiom ha deciso che le deroghe non si concedono e che le clausole di responsabilità non si firmano. Dunque nessuno ha la titolarità per firmare l'accordo, né la segreteria nazionale né quelle territoriali, né le Rsu”. Gli fa eco Sergio Bellavita, segretario nazionale della  Fiom: “Serve una profonda riflessione: non abbiamo prodotto la stessa resistenza operaia di Pomigliano e Mirafiori ai diktat di Marchionne”. Un verticismo imperioso che contrasta con il richiamo alla democrazia di base e che ha spinto la Fiom a rifiutare ogni mediazione con Marchionne.