Dopo la frustata urge trasformare il sud in area a tassazione zero

Francesco Forte

La frustata all'economia insita nel decreto sullo sviluppo approvato dal Consiglio dei ministri è di buona fattura. Il provvedimento contiene pregevoli misure di liberalizzazione, fra cui spicca quella sulla possibilità per i proprietari di aumentare le cubature edilizie mediante ampliamenti e rifacimenti di edifici con percentuali del 10-20 per cento, in virtù di una legge statale che entrerebbe in vigore automaticamente se gli organi regionali non abbiano provveduto in merito, nei nuovi termini concessi.

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    La frustata all'economia insita nel decreto sullo sviluppo approvato dal Consiglio dei ministri è di buona fattura. Il provvedimento contiene pregevoli misure di liberalizzazione, fra cui spicca quella sulla possibilità per i proprietari di aumentare le cubature edilizie mediante ampliamenti e rifacimenti di edifici con percentuali del 10-20 per cento, in virtù di una legge statale che entrerebbe in vigore automaticamente se gli organi regionali non abbiano provveduto in merito, nei nuovi termini concessi. Viene ampliato l'ambito di applicazione dello Scia, la segnalazione al comune dell'inizio dei lavori, che il proprietario è libero di effettuare nei propri immobili, senza bisogno di preventiva autorizzazione.

    Il decreto contiene anche un'importante privatizzazione: la concessione a privati in enfiteusi per 90 anni di aree demaniali per lo sviluppo turistico balneare. Ci sono numerose semplificazioni di procedure amministrative e nelle incombenze fiscali e maggiori garanzie ai contribuenti di fronte ad accertamenti del fisco.
    Il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, ha calcolato in 10-12 miliardi di euro i risparmi di costi dovuti alla deregolamentazione, osservando che data l'esigenza di puntare al pareggio del bilancio non vi sono attualmente mezzi di copertura per la riduzione delle imposte. Ma, dice Brunetta, le riduzioni di costi burocratici hanno effetti di stimolo, analoghi ai ribassi fiscali. Ciò è vero, ma pur rimanendo nell'ambito dei principi di rigore del bilancio è possibile attuare anche una vigorosa frustata per lo sviluppo del mezzogiorno mediante corposi tagli di aliquote per i nuovi investimenti.

    Infatti, se si attirano investimenti aggiuntivi, mediante esenzioni fiscali in determinate aree, non vi sono perdite di gettito, rispetto a quello già previsto. Non tutti i nuovi investimenti che potrebbero essere attivati nel mezzogiorno sarebbero aggiuntivi: una parte potrebbe sostituire investimenti che si sarebbero fatti in altre aree dell'Italia.

    Ma per tenere conto di ciò si potrebbero devolvere a questi scopi una parte delle risorse dei programmi europei cofinanziati dallo stato italiano e dalle regioni del cosiddetto obiettivo 1 che non vengono spese.

    Il tasso di utilizzo non sembra superiore al 50 per cento. Gli esoneri fiscali sugli utili sono automatici e premiano gli investimenti che rendono, mentre le sovvenzioni comportano complesse procedure di erogazione, non esenti da rapporti clientelari e spesso vanno a destinazioni non redditizie.
    C'è solo un problema, la autorizzazione europea a sgravi fiscali maggiori di quelli attualmente ammessi, con la clausola de minimis. L'Italia, che ospita tanti migranti, dovrebbe battersi per questa concessione, che darebbe finalmente il via alla crescita del meridione in regime di mercato.

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