Il Cav. rompe e i cocci sono del Pdl, che media con Napolitano
Silvio Berlusconi attacca, il Pdl ricuce. La differenziazione di ruoli, funzioni e persino passioni, tra un leader populista in campagna elettorale e il suo partito, negli ultimi giorni ha permesso alla classe dirigente del Pdl di evitare il cortocircuito di un aperto scontro istituzionale tra il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica. E' un fatto che nel partito berlusconiano qualcuno teorizza persino. “Il Pdl deve rispondere alle intuizioni e alle sovraesposizioni del leader – e lo ha fatto – attraverso atti istituzionali”, dice al Foglio il vicecapogruppo in Senato Gaetano Quagliariello.
Silvio Berlusconi attacca, il Pdl ricuce. La differenziazione di ruoli, funzioni e persino passioni, tra un leader populista in campagna elettorale e il suo partito, negli ultimi giorni ha permesso alla classe dirigente del Pdl di evitare il cortocircuito di un aperto scontro istituzionale tra il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica. E' un fatto che nel partito berlusconiano qualcuno teorizza persino. “Il Pdl deve rispondere alle intuizioni e alle sovraesposizioni del leader – e lo ha fatto – attraverso atti istituzionali”, dice al Foglio il vicecapogruppo in Senato Gaetano Quagliariello. Le ultime settimane sono state caratterizzate da una dialettica non sempre rilassata tra il premier e il Quirinale: prima la vicenda dei nuovi sottosegretari per i quali Giorgio Napolitano aveva chiesto un passaggio di verifica parlamentare; poi lo scambio indiretto ma non pacifico, tra i due, nella giornata in cui si commemoravano i giudici vittime del terrorismo; infine – martedì – le parole con le quali Berlusconi rivendicava “più poteri al premier e meno al Quirinale”.
Spiega Quagliariello: “In tutti e tre i casi il partito e la sua classe dirigente hanno avuto un ruolo. Sulla questione dei sottosegretari il Pdl ha ricordato che una verifica parlamentare non era istituzionalmente dovuta. Con l'effetto di stemperare la connotazione polemica che si voleva attribuire ai consigli del capo dello stato. Lo stesso è accaduto nel corso della giornata della memoria, quando è stato il Pdl a evidenziare che tra le frasi di Napolitano ne era stata estrapolata una soltanto, nel tentativo di strumentalizzarla per rivolgerla contro Berlusconi. Quanto invece ai poteri del capo dello stato, che l'opposizione ha voluto leggere come una sorta di ‘fallo di reazione'” del Cavaliere contro il Quirinale, la risposta è semplice: lavoriamo per una riforma che ha tempi lunghi. Il giorno in cui sarà operativa questa riforma è più probabile che il capo dello stato si chiami Berlusconi che non Napolitano. Le parole del premier non erano riferite al capo dello stato”. Chissà.
Resta il fatto che se intorno alle parole del premier possono ancora svilupparsi retropensieri maliziosi, e si può legittimamente pensare che fossero effettivamente rivolte alla contingenza politica e a Napolitano, il Pdl e i suoi dirigenti sembrano invece prodigarsi per contenere il Cav. “Tra Napolitano e Berlusconi i rapporti sono assolutamente normali. Non assomigliano nemmeno lontanamente alle litigate che il premier ebbe con Scalfaro e Ciampi”, dice al Foglio il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto. “Se Berlusconi reclama maggiori poteri per il premier lo fa perché esiste davvero un problema e uno iato tra la Costituzione materiale e quella formale. Chi non lo vede o è scemo o è in malafede. Il ruolo del Pdl? Trasformare in atti concreti le parole del leader, all'interno delle sedi istituzionali e con i modi che la Costituzione prevede”. Neanche il ministro Altero Matteoli (ex di An) ammette che tra il Cav. e il Quirinale i rapporti siano molto tesi. “E' da vent'anni che An e Forza Italia sostengono che sia necessario un riequilibrio di poteri. Questa polemica mi meraviglia, perché non esiste. Berlusconi non parlava di Napolitano”. Eppure – così dicono i bene informati – sembra che Napolitano non la pensi proprio così. E pare che la frase conciliante con la quale il Cav. si “inchinava” alle parole del capo dello stato gli fosse stata suggerita dal Pdl per evitare un deciso logoramento dei rapporti.
“Questo non lo so. E' certo, tuttavia, che se tra Berlusconi e Napolitano si è ingenerato un equivoco la classe dirigente del Pdl può aiutare a venirne a capo. Questa è la funzione precipua di un partito, fa da cinghia di trasmissione. L'Italia adesso ha bisogno di maggiore serenità, di modi e di toni. Vengo da una antica tradizione politica e da un partito molto strutturato. Sin da piccolo mi è stata insegnata una cosa: le istituzioni vanno rispettate sempre”.
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