Pop corn à la Croisette

L'inoffensivo Moretti e la pattuglia femminile di Cannes

Mariarosa Mancuso

Habemus palmam” ha commentato Bernardo Bertolucci ricevendo la Palma d'oro alla carriera. “À la recherche du Pape perdu”, titola la Reuters riferendo la conferenza stampa di Nanni Moretti, giornalisticamente poco ghiotta per almeno due motivi. Primo, il regista ha negato qualsiasi riferimento all'attualità politica, culturale, o televisiva italiana. Secondo, ha trattato la chiesa e i cardinali in conclave con indubitabile simpatia. Anche Première attendeva che l'ateo dichiarato Moretti sparasse a pallettoni sul Vaticano.

    “Habemus palmam” ha commentato Bernardo Bertolucci ricevendo la Palma d'oro alla carriera. “À la recherche du Pape perdu”, titola la Reuters riferendo la conferenza stampa di Nanni Moretti, giornalisticamente poco ghiotta per almeno due motivi. Primo, il regista ha negato qualsiasi riferimento all'attualità politica, culturale, o televisiva italiana. Secondo, ha trattato la chiesa e i cardinali in conclave con indubitabile simpatia. Anche Première attendeva che l'ateo dichiarato Moretti sparasse a pallettoni sul Vaticano. E si spinge a immaginare come sarebbe stata la scena della partita di pallavolo diretta da Paolo Sorrentino – colpo bassissimo, visto che si tratta dei due italiani in gara, già abbastanza rivali per conto loro, Moretti odia perdere e Sorrentino è abituato a vincere. Alla fine se la cava con un “piacevole”. Eric Neuhoff del Figaro, in una recensione video, parla del film come della “penitenza di Cannes”. “Stranamente inoffensivo”, commenta il sito “AlloCiné”, che avrebbe preferito un po' di ferocia e di acidità in più. Testuale: “I cardinali non meritano il rogo, ma le loro sottane si sarebbero potute mordicchiare un po'”.

    Tranne “Habemus Papam”, il concorso finora ha schierato la pattuglia femminile (sarà completata dalla giapponese Naomi Kawase, con “Hanezu no tsuki”). La collezione ha tre modelli: la regista che gira come un uomo (o come Kathryn Bigelow, che è più o meno lo stesso); la regista che mette in questione l'incondizionato amore materno; la regista che vuole battere i maschi sul loro stesso terreno, in questo caso non il cinema ma i culetti e le tettine artistiche. Ecco i nomi, nell'ordine. La francese Maïwenn (di cognome fa Le Besco come la sorella Isild) che in “Polisse” ha messo insieme un bel cast di caratteristi con l'aggiunta del rapper Joey Starr: con i suoi trentacinque anni è la più giovane in gara. La scozzese Lynne Ramsay, che in “Dobbiamo parlare di Kevin” tinge i capelli a Tilda Swinton per farla sembrare armena, e grazie a un mago del casting recluta tre incarnazioni demoniache dai cinque ai diciotto anni.  L'australiana Julie Leigh, che nella “Bella addormentata” mostra una ragazza disposta a servire in tavola con le sole giarrettiere e a giacere per denaro con sconosciuti, bevuta la pozione soporifera (pare che la pratica non sia di fantasia, le belle dormienti sono reperibili su Internet).

    Si indaga sul perché dell'accalco, visto che a Cannes tutto viene decifrato e la programmazione giornaliera non fa eccezione. Da qualche anno i film che vincono sono proiettati negli ultimi giorni, quindi tutti spingono per la proiezione tardiva. Nessuno quest'anno voleva stare in programma lo stesso giorno di Terrence Malick e del suo “Tree of Life”, il film più atteso del 2011 (anche del 2010: il maniacale regista se l'è tenuto stretto, finché non vedremo le prime immagini la mattina di lunedì non ci sentiamo di sciogliere la riserva). Comprensibile: i giornali non parleranno d'altro, e la Palma d'oro è pesantemente ipotecata. Se non succede come in conclave: chi entra Papa, esce cardinale.