La Farnesina e il guaio delle fonti nella guerra (di notizie) libica
Il leader libico Muammar Gheddafi è tornato a parlare ieri e lo ha fatto con un messaggio audio trasmesso dalla tv di stato. “Sono in un posto in cui non mi potete raggiungere”, ha dichiarato. Nel pomeriggio, il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha detto che il rais è in fuga da Tripoli, ma si trova ancora in Libia. Secondo Frattini, Gheddafi sarebbe anche “ferito”. La notizia della fuga e quella del ferimento erano state anticipate già mercoledì dal vescovo di Tripoli, Giovanni Innocenzo Martinelli.
Il leader libico Muammar Gheddafi è tornato a parlare ieri e lo ha fatto con un messaggio audio trasmesso dalla tv di stato. “Sono in un posto in cui non mi potete raggiungere”, ha dichiarato. Nel pomeriggio, il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha detto che il rais è in fuga da Tripoli, ma si trova ancora in Libia. Secondo Frattini, Gheddafi sarebbe anche “ferito”. La notizia della fuga e quella del ferimento erano state anticipate già mercoledì dal vescovo di Tripoli, Giovanni Innocenzo Martinelli. “Noi non abbiamo nessun elemento preciso sull'attuale sorte di Gheddafi – ha spiegato il capo della Farnesina – Tendo ad accreditare la frase di monsignor Martinelli, che in queste ultime settimane è stato in contatto stretto”.
Molti ritengono che il rais abbia lasciato la capitale e che abbia trovato rifugio nel deserto della Sirte, ma le voci sul suo stato di salute sono discordanti. Un rappresentante del governo libico, Ibrahim Moussa, ha affermando all'emittente televisiva al Arabiya che Gheddafi “non è ferito”. In serata, lo stesso Martinelli è intervenuto a Radio Vaticana e si è allontanato dalle parole di Frattini. “Non ho mai affermato che Gheddafi sia stato ferito in una forma grave o che sia morto – ha detto – Credo che sia a Tripoli, non ho elementi per affermare che sia andato all'estero, e credo che sia in buona salute”.
L'episodio aiuta a chiarire un punto sul sistema usato dalla diplomazia italiana per raccogliere informazioni. Quando l'ex ministro degli Esteri libico Musa Kusa ha preferito l'esilio in Inghilterra all'ipotesi di una fine poco gloriosa fra i palazzi di Tripoli, la Farnesina ha dovuto stabilire una nuova rete di interlocutori. Oggi le notizie migliori nelle mani di Frattini sono quelle del vescovo Martinelli, che possiede una grande capacità di diplomazia informale – ma ha anche lanciato critiche al governo.
Sul fronte militare, sono proseguiti i combattimenti nelle città costiere di Misurata e Brega, dove i caccia della Nato avrebbero attaccato un convoglio delle brigate di Gheddafi. La versione del regime è diversa: secondo fonti del governo, le bombe della Nato sono cadute su una zona residenziale e hanno ucciso sedici civili.
“E' una strage di innocenti – ha detto un testimone alla tv pubblica Jamahiriya – E' stata colpita una palazzina, ci sono persone sotto le macerie”. Un tenente colonnello dell'Alleanza atlantica, Mike Bracken, ha categoricamente negato la possibilità di un raid sulla città della Cirenaica. “Non so nulla di attacchi su Brega – ha commentato Bracken – Ma ci risulta che due notti fa, a Tripoli, sia stato distrutto un bunker C2, ovvero di comando e controllo. Credo che la Nato abbia fatto un buon lavoro”. Il futuro della missione, tuttavia, sembra meno facile di quanto facciano pensare i militari.
Fuori dal gruppo di volenterosi che combattono contro il rais cresce il malcontento: il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha ribadito ieri che “ci sono troppe violazioni della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu”, e ha sostenuto che India, Brasile, Cina e Sudafrica sono della stessa opinione. Il leader dei ribelli, Mahmoud Jibril, è stato ricevuto a Washington dal consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Tom Donilon, secondo il quale “è ancora troppo presto” per riconoscere il Consiglio di transizione di Bengasi. Nelle stesse ore, il presidente americano, Barack Obama, ha incontrato il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, e ha detto che i raid proseguiranno sinché Gheddafi attaccherà la sua popolazione. Non è l'unica cattiva notizia per il rais: la Corte penale internazionale dell'Aja emetterà lunedì tre mandati d'arresto per altrettanti dirigenti del regime libico – e uno, sostiene Frattini, sarebbe destinato proprio a Gheddafi.
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