L'albero della vita, un film muto e quella cosa mai successa a Cannes

Mariarosa Mancuso

C'è uno splendido film nascosto dentro “The Tree of Life”. E' la storia di una famiglia texana, nei magnifici anni Cinquanta in cui i bambini rincorrevano il furgoncino del Ddt e giocavano con la nuvola di veleno. E' la storia di un padre insopportabile che si fa chiamare Sir (Brad Pitt, mai tanto bravo); di una madre che sveglia i figli con i cubetti di ghiaccio fabbricati dal frigorifero bombato; del fratello maggiore che odia il minore e ha un Edipo grande così.

    THE TREE OF LIFE di Terrence Malick (concorso)
    C'è uno splendido film nascosto dentro “The Tree of Life”. E' la storia di una famiglia texana, nei magnifici anni Cinquanta in cui i bambini rincorrevano il furgoncino del Ddt e giocavano con la nuvola di veleno. E' la storia di un padre insopportabile che si fa chiamare Sir (Brad Pitt, mai tanto bravo); di una madre che sveglia i figli con i cubetti di ghiaccio fabbricati dal frigorifero bombato; del fratello maggiore che odia il minore e ha un Edipo grande così. Per trovarlo bisogna farsi largo tra molta zavorra filosofico-poetica, fotografata in modo da levare il fiato ma di non eccelsa qualità. Perché zavorra sono, con tutto il rispetto per il regista che è tanto sensibile e ha lavorato tanto (si contano quattro montatori), le meduse e il brodo primordiale, le eruzioni e i dinosauri, i canyon e le cellule. Zavorra sono gli abbracci finali in un paradiso di sale, i piedi nudi nell'acqua, le porte che si aprono sul deserto.

    FOOTNOTE di Joseph Cedar (concorso)
    Una vita indefessamente dedicata agli studi talmudici, e il professore universitario padre ne ha ricavato solo una citazione a piè di pagina in un libro altrui. Il professore universitario figlio, stesso ramo di studi, si occupa meno dei manoscritti e più della sua carriera di brillante conferenziere. Dopo “Beaufort”, Joseph Cedar inquadra il mondo accademico, le sue miserie e le sue vanità. in un irresistibile thriller talmudico. Mai successo a Cannes: la proiezione ufficiale è stata posticipata di un quarto d'ora, per osservare lo shabbat.

    THE ARTIST di Michel Hazanavicius (concorso)
    Muto, in bianco e nero, schermo quasi quadrato, come erano i fotogrammi ai tempi di Charlie Chaplin. L'ex comico francese – in “OSS 117” aveva rifatto i film di spionaggio anni Sessanta, missione speciale al Cairo – si lancia in un'impresa da pazzi. Raccontare il passaggio dal muto al parlato senza fare ricorso al sonoro (se no che gusto c'è, l'aveva già fatto “Cantando sotto la pioggia”). Impresa riuscita, tra mille omaggi. Palme Dog già assegnata al cane della star George Valentin (l'attore è Jean Dujardin): a comando – bang! – stramazza al suolo come se gli avessero sparato.

    LE GAMIN AU VELO di Jean-Pierre e Luc Dardenne (concorso)
    Peggio dei ladri di biciclette – giusto per mettere a fuoco il genere di riferimento – ci sono i padri che prima la bici te la regalano. Poi ti abbandonano in un istituto e si rivendono la bicicletta. La fatina buona, con salone da parrucchiera, recupera la bici e si offre per ospitare il dodicenne difficile nei fine settimana. I Dardenne meno cupi del solito cercano di acchiappare una terza Palma d'oro, dopo “Rosetta e “L'enfant”. Nella top ten dei brani classici che ben si accoppiano alla solitudine e alle disgrazie entra il concerto numero 5 di Beethoven, detto “L'Imperatore”.