Il caso Strauss-Kahn - Storie di manette e di maschi

Che cos'è il maschio nell'era caotica della questione genitale, di genere femminile ma di sostanza maschile

Nicoletta Tiliacos

Che cos'è un maschio? Nell'era di una “questione genitale” tutta declinata al maschile, che parla di fine dolorosa del patriarcato, di crisi delle identità, di perdita di controllo in nome della dittatura del desiderio, il polemista francese Eric Zemmour ha scritto un pamphlet (“Le premier sexe”, 2006) per spiegare che, per essere accettato, al maschio non rimane che diventare una vera donna. Tesi paradossale ma non troppo, secondo l'antropologo Franco La Cecla, autore di “Modi bruschi, antropologia del maschio” (Elèuthera) e ora in procinto di pubblicare “Il punto G dell'uomo” (nottetempo), nel quale parla “della crisi generale del desiderio, maschile e femminile”.

    Che cos'è un maschio? Nell'era di una “questione genitale” tutta declinata al maschile, che parla di fine dolorosa del patriarcato, di crisi delle identità, di perdita di controllo in nome della dittatura del desiderio, il polemista francese Eric Zemmour ha scritto un pamphlet (“Le premier sexe”, 2006) per spiegare che, per essere accettato, al maschio non rimane che diventare una vera donna. Tesi paradossale ma non troppo, secondo l'antropologo Franco La Cecla, autore di “Modi bruschi, antropologia del maschio” (Elèuthera) e ora in procinto di pubblicare “Il punto G dell'uomo” (nottetempo), nel quale parla “della crisi generale del desiderio, maschile e femminile”.

    La Cecla dice che “cinquant'anni
    di femminismo, che hanno riscattato le donne, ne hanno anche santificato politicamente il desiderio, fino al punto di renderlo assoluto, paradigmatico. Qualunque fantasia sessuale, purché femminile, è diventata buona di per sé, mentre il desiderio maschile è considerato imbarazzante, sospetto, invadente, violento. Ma i desideri sono sempre pericolosi, dice la tradizione greca, ti trascinano e ti possono perdere, maschili o femminili che siano. Ora al maschio resta il desiderio viagrizzato (se non desideri sei finito), e l'esito è il comportamento da folle di Strauss-Kahn. L'altra strada è dire alle donne: fate voi. Oppure ti affidi a Dolce e Gabbana, ti arrendi al fatto che i maschi desiderati sono quelli desiderati dagli omosessuali. Tutto l'immaginario pubblicitario e della moda ci parla di questo, ed è una tragedia”.

    Per rispondere alla domanda “che cos'è, oggi, un maschio?”, lo scrittore Emanuele Trevi (che nel 2010 ha pubblicato “Il libro della gioia perpetua”, Rizzoli) cita un passo dei vangeli gnostici, “in cui Cristo dice ai discepoli che quando realizzeranno in loro il maschio e la femmina entreranno nel regno dei cieli. E' quello che non riusciamo più a fare. Siamo in un deserto, incapaci di integrare nella nostra identità il sesso opposto, ed è così che la genitalità diventa un problema immenso. La complementarità dei due sessi non è gratuita ma è originaria di come noi intendiamo la composizione del mondo. A questo va dato valore, penso sia meglio stare soli che accontentarsi di poco. Dal mancato riconoscimento di questo, e dal rifiuto di ascoltare, nascono le devianze. Compresa la violenza sessuale, con la sua componente di negazione: il violentatore mette a tacere, nega la parola”.
    Il giornalista Giuliano Zincone, che in “Ci vediamo al Bar Biturico” (Guanda, firmato con lo pseudonimo di Paolo Doni) ha raccontato dell'innamoramento di un uomo maturo per una ragazzina, pensa che “in occidente abbiamo dimenticato che il sesso serve a fare i figli, ma inconsciamente continuiamo a orientarci in quella direzione. E se il maschio tende a essere poligamo, le donne continuano a privilegiare il bello, l'intelligente, il potente. La liberazione sessuale, ottima cosa in sé, castiga duramente chi ha meno fascino. All'epoca delle proibizioni e dei tabù potevi raccontarti che c'erano ostacoli difficili da superare. Ora, se non pratichi il sesso, ti senti un poveretto, un maschio dimezzato. Ricordo una conversazione da docce in un circolo del tennis, parecchi anni fa. Qualcuno decantava una pomata che faceva durare ore un rapporto sessuale: ‘Una meraviglia, non senti niente'. Gli altri approvavano, entusiasti: è il sesso come prova di potere, come prestazione. Una scemenza”.

    Luigi Zoja, analista di scuola junghiana, ha pubblicato nel 2000 “Il gesto di Ettore. Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre” (Bollati Boringhieri) e lo scorso anno “Centauri. Mito e violenza maschile” (Laterza). Ettore e il centauro  esprimono, secondo Zoja, “le forme più estreme delle due polarità sulle quali si basa l'identità maschile, sempre dialoganti ma molto difficili da tenere insieme. Il centauro è la parte ‘animale', il maschio presociale e prepaterno, non monogamico, senza legge. Ettore è la parte paterna. Una costruzione relativamente recente, nella lunga storia umana, basata su un'intenzionalità e su schemi culturali che hanno inventato il primato maschile proprio per nascondere la fragilità e l'artificialità del ruolo paterno. E' questa fondamentale costruzione civile che tende a venir meno. I meccanismi competitivi delle società attuali tendono ad abolire il padre e a far riemergere il maschio predatorio, con conseguenze molto negative. Prima tra tutte, la crescita della criminalità giovanile, più pronta a manifestarsi (lo dicono le statistiche di tutto il mondo) nelle famiglie dove il padre non c'è. L'identità maschile è oggi più sperduta perché non c'è più un modello paterno buono, ci si vergogna a esercitare l'autorevolezza. E l'eclissi del paterno, come in una bilancia squilibrata, ridà spazio al centauro, sempre in agguato, che sceglie la scorciatoia distruttiva, la violenza, lo stupro”.

    Claudio Risé si occupa da molti anni
    di psicologia del maschile. Tra i suoi libri ricordiamo “Il padre. L'assente inaccettabile” (San Paolo), mentre è appena uscito “Guarda, tocca, vivi. Riscoprire i sensi per essere felici” (Sperling & Kupfer). Anche Risé è convinto che maschi non si nasce ma si diventa, “e non perché non esista il dato naturale. Che c'è, ma non garantisce nulla. Maschi si diventa attraverso una costruzione culturale, cognitiva, comportamentale. Attraverso un apprendimento, una specifica formazione che ha avuto come modello di partenza e di arrivo la figura del padre, da punto di vista sia metafisico, sia biologico, sia civile. Il maestro, il padre spirituale, l'istruttore di arti e mestieri sono figure che hanno garantito la trasmissione di saperi, adattandosi alle diverse epoche. Ora la formazione maschile attraverso una cultura paterna è stata demolita, non esiste più. Ma senza quella struttura il maschile non si forma, non ha contenimento. Il maschio non impara più a governare la propria forza sessuale, fatta di estroversione, e a trasformarla in un'energia che serve all'altro e alla società. In questa distruzione della struttura formativa maschile hanno tutti delle grandi responsabilità. Anche i vescovi che parlano di accoglienza, di fratellanza, ma non parlano del padre, non capiscono che fratellanza si dà se c'è un padre comune. Così, se per caso hai delle pulsioni paterne, finisce che vai a spenderle nel modo sadico del sacerdote fuori di testa di Sestri Ponente”.