Il Cav. non trova ancora la parola giusta per rimediare alla sconfitta
Silvio Berlusconi non ama mettere la faccia su funerali e sconfitte, dunque non stupisce troppo il suo contegno a dir poco riservato degli ultimi giorni. Ma se il presidente del Consiglio tace, intorno a lui si agitano il Pdl e la Lega. Nei due partiti è tutto un disordinato e inefficace mormorio complottardo. Tutti si pongono il problema della propria sopravvivenza politica e pensano agli effetti perniciosi di una possibile sconfitta a Milano.
Leggi Le ragioni della sconfitta leghista e il rischio di una “reazione padana”
Silvio Berlusconi non ama mettere la faccia su funerali e sconfitte, dunque non stupisce troppo il suo contegno a dir poco riservato degli ultimi giorni. Ma se il presidente del Consiglio tace, intorno a lui si agitano il Pdl e la Lega. Nei due partiti è tutto un disordinato e inefficace mormorio complottardo. Tutti si pongono il problema della propria sopravvivenza politica e pensano agli effetti perniciosi di una possibile sconfitta a Milano. Ma nessuno ha la forza di mettere la firma in calce a una manovra che preluda al troppo evocato 25 luglio del Cavaliere. Escluso Giulio Tremonti, che tuttavia proietta oltre il 2013 le sue ambizioni e si immagina più nel ruolo di chi erediterà la dote affettiva di Berlusconi che in quello dell'assassino, non sembrano esserci figure con le spalle sufficientemente larghe. D'altra parte Umberto Bossi ringhia, ma non vuole (e non può) mordere malgrado nel suo lacerato gruppo dirigente anche Roberto Maroni adesso suoni uno spartito che si accorda agli umori neri – e antiberlusconiani – della base padana. “Non fatevi illusioni, la crisi di governo non ci sarà. Ma la Lega di certo non intende farsi trascinare a fondo dal Pdl”, ha detto un Bossi sotto forma di sfinge. Tutto dunque sembra destinato a rimanere così com'è, nonostante il ballottaggio a Milano e nonostante il rischio di una sconfitta di Letizia Moratti contro Giuliano Pisapia. Un'ipotesi, questa, considerata remota da molti osservatori e sondaggisti. Tuttavia la sconfitta è anche una condizione psicologica cui il leader afono e il suo partito in disordine sembrano indugiare troppo in queste ore.
Berlusconi ieri ha compiuto un secondo giro di consultazioni sul “che fare” tra i suoi uomini, Angelino Alfano, Renato Brunetta, Michela Vittoria Brambilla. A Palazzo Grazioli è entrato anche Claudio Scajola, ritrovato dopo diverse settimane in un colloquio definito “cordialissimo e familiare”. Per il Cav. il calo significativo delle preferenze nella sua città natale e il sorpasso di Pisapia ai danni di Moratti è stato più della “scoppola” di cui parla Maurizio Lupi. Voci di Palazzo descrivono il premier pronto a ristrutturare il Pdl e le sue catene di comando (“che non hanno funzionato”) a ballottaggi chiusi. Se ne parla da mesi. Chissà. Ieri, in un articolo sul Secolo d'Italia, il senatore ex di An Andrea Augello, grande tessitore del potere alemanniano a Roma, ha inviato un messaggio neanche troppo in codice agli amici e colleghi del Pdl: dopo il ballottaggio di Milano “comunque vada verrà il momento di affrontare senza più esitazioni le troppe contraddizioni che si sono accumulate dalla nascita del Pdl a oggi. Abbiamo bisogno di una nuova legge elettorale. Abbiamo la necessità di rilanciare l'azione di governo. Dobbiamo avviare un dibattito congressuale”. Che significa? Significa che dopo il ballottaggio di Milano, comunque vada, ma soprattutto se andrà male, il Cavaliere dovrà mettere il Pdl nelle condizioni di sopravvivergli.
Il Cavaliere non ha ancora sciolto il dubbio che tiene sospeso il personale politico del Pdl: partecipare o no alla campagna elettorale per il ballottaggio a Milano? Martedì sera, di fronte a coordinatori e capigruppo, il premier inclinava per un profilo più basso. Ma non è detto che vada così. Attorno al premier sono in tanti a chiedergli di organizzare una grande manifestazione pubblica – a tre giorni dal voto – che lo veda protagonista in piazza Duomo. Lui non ne è persuaso. A Denis Verdini, Ignazio La Russa, Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello, Berlusconi ha consegnato un ragionamento che suonava più o meno così: “Non c'è il tempo per articolare una nuova strategia di comunicazione”. Il Cavaliere è rimasto sull'idea che a Milano si debba puntare a “smascherare” gli estremisti che sostengono la candidatura di Pisapia. “A meno di dieci giorni dal voto c'è poco di nuovo da fare – ha spiegato – Abbiamo però dei margini per lanciare pochi messaggi precisi e ritmati” che ruotano intorno al concetto di “sinistra fatua e radicale”. Bossi pare abbia già fatto sapere che non parteciperà alla campagna elettorale, e non è una notizia che il Pdl ha accolto con piacere. Nel catatonico entourage del premier non sembrano nemmeno sicuri di come interpretare i messaggi duri (ma contraddittori) che arrivano dalla Lega. Oggi, salvo sorprese, dovrebbe riunirsi il Consiglio dei ministri. E' la prima occasione per un faccia a faccia tra il leader della Lega (che ieri era a Roma) e Berlusconi.
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