Il caso Strauss-Kahn - La grande guerra culturale

Sesso e giustizia: sparatoria New York-Parigi

Annalena Benini

Nella suite del Sofitel si è spaccato il mondo. Libertinaggio, seduzione, stupro, vittima, consenso, potere, povertà, sesso, uguaglianza, è saltato tutto in aria. La Francia si indigna per il modo in cui Dominique Strauss-Kahn, accusato di violenza sessuale, viene trattato dalla giustizia americana.

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    Nella suite del Sofitel si è spaccato il mondo. Libertinaggio, seduzione, stupro, vittima, consenso, potere, povertà, sesso, uguaglianza, è saltato tutto in aria. La Francia si indigna per il modo in cui Dominique Strauss-Kahn, accusato di violenza sessuale, viene trattato dalla giustizia americana, mostrato in manette e lasciato in carcere, “un soggetto di giustizia come qualsiasi altro” (ha scritto incredulo Bernard-Henri Lévy), mentre l'America mostra quanto trovi detestabile e arrogante la superficialità e l'elitismo francese, quel modo che ha la gente troppo di mondo di affrontare le cose del sesso in un paese dove si conoscono tutti (dove quindi BHL può difendere i diritti delle donne musulmane e con la stessa spettinata disinvoltura stare dalla parte del suo ventennale amico DSK, accusato di avere stuprato una cameriera musulmana: “Uomo gettato ai cani”, “fascinoso, seduttivo, sì, amico delle donne e soprattutto della sua donna”, potrebbe mai resistergli una cameriera d'albergo? Come la ragazzina di Roman Polanski, del resto). In America è diverso:

    “Dev'essere uno choc per loro: l'immagine di una figura di spicco dell'establishment francese trattata come un criminale ordinario per loro è rara come una foto della regina d'Inghilterra in bikini. La Francia pensa di avere fatto la rivoluzione, ma in realtà si trova ad avere una nuova, e anche più potente, élite. Gente che si crede indispensabile per la corsa del paese (…). Ecco perché l'establishment francese vede Strauss-Kahn – più della traumatizzata cameriera – come la vittima”

    ha scritto nell'op-ed del New York Times lo scrittore Stephen Clarke, inglese che vive a Parigi. L'editoriale ha un titolo potente: “Il diritto dei vecchi sporcaccioni” e individua “una linea sottile fra impunità sessuale e impunità legale”

    Il pericolo è, comunque, che la loro reputazione di “conigli in calore”, per usare un termine francese, possa dare loro un senso di impunità. Sicuramente c'è una linea sottile tra pensare che perché sei potente e famoso, chiunque cederà al tuo fascino, e ritenere che chi resiste sia un essere irragionevole. E' tutto molto Luigi XIV.


    Il diritto dei vecchi sporcaccioni a venire difesi usando l'arma del consenso (o anche del complotto) si scontra con il diritto della commentatrice più cattiva e brillante degli Stati Uniti, Maureen Dowd, che va molto oltre il politicamente corretto, a farli a pezzi con le parole:

    Oh, lei lo voleva.
    Lo voleva senza se e senza ma.
    E' questo ciò che desidera ogni donna che lavora sodo, timorata di Dio, giovane vedova che si fa un culo così per mantenere la propria figlia adolescente, giustificare il proprio status di immigrata e sfruttare le opportunità americane – un impazzito, arrapato, rugoso vecchio satiro ricco nudo fuori dal bagno, che balza su di lei e la trascina qua e là nella stanza, stile cavernicolo.


    Maureen Dowd non ha alcuna intenzione di risparmiare DSK, di fingersi garantista, di accettare i dubbi francesi, avanzati nel modo francese.

    Il capo del Fondo monetario internazionale diceva agli altri paesi di stringere la cinghia mentre si abbassava i pantaloni? Gli avvocati del sessantaduenne, che avrebbe dovuto correre l'anno prossimo contro Sarkozy per i socialisti, sembrano pronti a rigettare ogni evidenza del Dna, sostenendo che il sesso con la cameriera fu consensuale. Sosterranno che le si afflosciò il desiderio solo quando realizzò che Strauss-Kahn era stato a Davos?

    Sosterranno che ci fu seduzione,
    non violenza. Non ne esce una bella immagine della Francia, se Stephen Clarke si dice certo che, se la stessa cosa fosse accaduta a Parigi, non sarebbe successo nulla.

    Alla donna sarebbe stato chiesto con calma se riteneva che valesse la pena rischiare di perdere il posto di lavoro e il permesso di soggiorno. Le avrebbero ricordato che era la sua parola contro quella di lui e, francamente, a chi avrebbero dovuto credere? Al brillante, famoso signore con amici influenti, o alla signora nessuno?


    In Francia era già successo,
    come ricorda Isabelle Germain sul Guardian, in un articolo severo intitolato: “Non lasciamo che Dominique Strauss-Kahn diventi la vittima”.

    Il modo in cui questa notizia è stata trattata dai media francesi la dice lunga sulla tolleranza del paese verso la cattiva condotta sessuale. La reputazione di DSK con le donne era una segreto di Pulcinella. I giornalisti sapevano, i politici sapevano (…). Regna il codice del silenzio. Prendiamo la giornalista e scrittrice Tristane Banon, che afferma di essere stata assalita sessualmente da DSK nel 2002, quando aveva poco più di vent'anni. Sua madre, Anne Mansouret, candidata socialista alle primarie presidenziali, ha detto alla tv francese che aveva allora dissuaso sua figlia dal denunciarlo, perché era un amico di famiglia. La figlia poi era caduta in depressione.

    In America queste sono cose inconcepibili. Ridacchiare, chiudere gli occhi, chiedere alla ragazza come era vestita quel giorno (è successo all tv francese, quando Tristane Banon ha raccontato l'accaduto), prendere in giro la vittima, che così vittima non può mai essere, perché non dovrebbe averne avuto voglia, perché non avrebbe dovuto sentirsi sedotta da quell'uomo? (Tutte le ventenni si sentono sedotte irresistibilmente da un ricco sessantenne con la pelle che gli cade che a un certo punto allunga le mani anche se non gli è stato detto: sì). Judith Warner su Time ha analizzato il pericoloso equivoco della cultura francese, rigettando le loro autoindulgenti reazioni al “classico sensazionalismo e puritanesimo americano”.

    L'arresto del “grande seduttore”, come DSK è comunemente noto in Francia (per accuse choccanti di azioni notevolmente non seduttive verso una cameriera immigrata), non arriva di punto in bianco per chi ha osservato da vicino il suo comportamento nei confronti delle donne negli anni. E quel comportamento è stato messo in essere, e forse perfino incoraggiato, da una cultura che si compiace, quando non è addirittura complice, di atteggiamenti sessuali inappropriati e a volte di atti sessuali predatori da parte di uomini potenti: questa cultura li normalizza e a volte li romanticizza perfino, sotto il cliché della seduzione gallica. Seduzione è una parola onnipresente nella cultura francese, utilizzata per qualunque cosa: vendere lo yogurt e fare sfoggio di relazioni elettriche fra uomini e donne (in contrasto con il nostro asessuato esempio anglosassone) per pubblicizzare le abilità dei politici.

    Il mondo anglosassone
    non ha intenzione di tollerare una visione ipocrita del mondo basata sulla presunzione di seduzione in presenza di privilegio. Alla seduzione serve un consenso, un minimo di entusiasmo, un accordo sul prezzo perfino, non urla, graffi sul torace e tentativi di fuga.

    A New York andrà a processo anche questa particolare forma di eccezionalismo francese secondo cui gli uomini devono fare gli uomini e le donne le donne e nessuna correttezza politica può temperare i loro naturali desideri. Piaccia o no, DSK e i suoi sostenitori adesso devono giocare secondo le nostre regole. Che non si basano su pruderie o puritanesimo.


    Questa è guerra, ed è il confronto fra due visioni del mondo e tra due modi diversi di starci dentro. Maureen Dowd è fiera del proprio, di un posto dove i vecchi sporcaccioni vengono ammanettati, come nelle serie poliziesche americane, e dove “sarà fatta giustizia senza alcun riguardo per la ricchezza, la classe sociale e il privilegio”:

    E' una storia piena di ispirazione sull'America, dove anche una cameriera può avere dignità ed essere ascoltata mentre accusa uno dei più potenti uomini al mondo di essere un predatore.

     
    Dopo un commento sulla vicenda per certi versi simile di Arnold Schwarzenegger (ha avuto un figlio dieci anni fa dalla cameriera, l'ha confessato dieci anni dopo e la moglie l'ha lasciato), affettuosamente chiamato lo Sperminator, Maureen Dowd coglie tutta l'essenza del problema:

    Noi siamo sempre affascinati dalle contraddizioni che la gente cosmopolita, potente, multilingue mostra in modi tanto primitivi. Ma la civiltà e la moralità non hanno niente a che vedere con lo status. La lezione di questi due grandi caduti, come ha detto Bill Maher a Chris Matthews, è: “Se vuoi andare con la cameriera, prima fatti dire: Sì”.

    E se lei dice: “No”, come darle torto, anche a essere francesi.

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    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.