Niente scene d'azione a Cannes, a eccezione dei samurai

Mariarosa Mancuso

Con la sicurezza sfacciata dei talentuosi, Paolo Sorrentino apre il film su un'inquadratura da “Lolita” di Stanley Kubrick. Sean Penn si smalta le dita dei piedi di viola scuro, poi passerà alle mani, poi spiegherà alle ragazze in ascensore che non importa la marca del rossetto scarlatto, perché tenga a lungo bisogna prima incipriare le labbra. Lui celebra il rito da quando era una rockstar, ora ritirata in Irlanda dove tutte le mattine con il carrellino fa le compere al supermercato.

    THIS MUST BE THE PLACE di Paolo Sorrentino, con Sean Penn, Harry Dean Stanton (concorso)
    Con la sicurezza sfacciata dei talentuosi, Paolo Sorrentino apre il film su un'inquadratura da “Lolita” di Stanley Kubrick. Sean Penn si smalta le dita dei piedi di viola scuro, poi passerà alle mani, poi spiegherà alle ragazze in ascensore che non importa la marca del rossetto scarlatto, perché tenga a lungo bisogna prima incipriare le labbra. Lui celebra il rito da quando era una rockstar, ora ritirata in Irlanda dove tutte le mattine con il carrellino fa le compere al supermercato. A cinquant'anni, consiglia alle ragazze i giovanotti timidi e un po' spenti, saranno ottimi mariti. Il personaggio è messo a fuoco perfettamente (e con qualche sorpresa), la vocina smorta di Sean Penn pronuncia battute da malinconico con lampi di intelligenza, mentre sbuffa via i capelli dalla faccia. Trovargli una storia all'altezza non era facile. Funziona bene la parte on the road, ma il pretesto per la partenza – scovare negli Stati Uniti l'aguzzino nazista del padre – cade nel vuoto wendersiano.

    DRIVE di Nicolas Winding Refn, con Ryan Gosling, Carey Mulligan (concorso)
    Macchine, piloti, mafiosi, rapine. Cose che a Cannes si vedono di rado, l'unica azione viene concessa ai samurai. Letta la trama (da un romanzo di James Sallis), abbiamo pensato che per meritarsi l'onore del concorso il regista danese trapiantato in America doveva aver fatto un film davvero bello. Previsione azzeccata. “Drive” non spreca le parole, e neanche i baci – nel corteggiamento romanticissimo di Ryan Gosling alla vicina con figlio e marito in prigione Carey Mulligan. Dura il giusto per farci stare la storia e non il filosofeggiare del regista. Ha repliche da segnarsi sul taccuino: “Giravo film porno, una volta, dicevano che erano molto europei”. Puro cinema, di grande soddisfazione.

    WALK AWAY RENEE di Jonathan Caouette, con Jonathan Caouette (Semaine de la critique)
    “Tarnation” era il primo film di Jonathan Caouette, messo insieme con i filmini di famiglia e le foto di lui piccolo (mai uscito nelle sale, si trova in dvd e ne vale la pena). Costo: duecento dollari. Montaggio: nella cameretta, con un computer Apple. Ora fa il bis, accompagnando la madre – che lo aveva lasciato ai nonni, devastata dalla schizofrenia e dagli elettrochoc – verso una clinica. Lei dimentica le medicine. Lui cerca un dottore che gliele prescriva. Ripetitivo e stancante, al contrario dell'opera prima. Urge una nuova idea.
     
    17 GIRLS di Delphine e Muriel Coulin, con Louise Grinberg (Quinzaine des réalisateurs)

    Era accaduto in un liceo d'America. Le sorelle Coulin trasportano la vicenda a Lorient, nel sud della Francia. Città proiettata verso il futuro negli anni Cinquanta, quando le fabbriche di armi prosperavano, ora in completo decadimento. L'epidemia di gravidanze – una finta, la più goffa del gruppo non vuole essere da meno – fa crescere le pance e l'indipendenza dai timorosi genitori. Inizio lento e minimalista, poi migliora e si lascia guardare fino ai passeggini.