Due pesi e due misure, una garantista e una no, nei casi DSK e Berlusconi

Alessandro Giuli

C'è il garantismo e c'è la sua imitazione menzognera. Il garantismo giuridico americano ha un rigore sostanziale e si accompagna a un formalismo bruto, spettacolare, in un misto di gigantismo e ingenuità pedagogica (l'esibizione del monello) tipico dei grandi spazi fisici e morali d'oltre oceano coltivati da non troppi secoli. Il circo dell'informazione pubblica e privata americana è tenuto a comportarsi di conseguenza: maniere forti ma equanimi.

    C'è il garantismo e c'è la sua imitazione menzognera. Il garantismo giuridico americano ha un rigore sostanziale – il ricco banchiere e presunto stupratore Dominique Strauss-Kahn rischia di morire in galera ma è già stato scarcerato su cauzione – e si accompagna a un formalismo bruto, spettacolare, in un misto di gigantismo e ingenuità pedagogica (l'esibizione del monello) tipico dei grandi spazi fisici e morali d'oltre oceano coltivati da non troppi secoli. Il circo dell'informazione pubblica e privata americana è tenuto a comportarsi di conseguenza: maniere forti ma equanimi.

    Sul medesimo caso lo spazio del garantismo europeo, politico e giornalistico e letterario perfino, si sta dimostrando invece claustrofobico e corrivo. L'unità di misura di un garantismo bugiardo è scritta nero su bianco sui quotidiani solidali, quando non s'irradia da innumerevoli silenzi imbarazzati. Sia sui giornali-partito come Repubblica sia sul più equilibrato Corriere della Sera, per fare due esempi complementari, nella narrazione su DSK non signoreggia la presunzione di innocenza, prevale un giudizio di preventiva assoluzione antropologica. Dopo la lamentazione di Barbara Spinelli sull'eroe dostoevskijano improvvidamente precipitato nel girone del nemico (tradimento di una natura al fondo di sé già salva), il trattamento Rep. di ieri prevedeva la comparsa dell'economista Jean-Paul Fitoussi. Intervistato con guanti di pizzo, completamente digiuno d'informazioni specifiche sulla circostanza penale occorsa al suo collega Dominique, Fitoussi non entra in contatto con la verità processuale se non per stringerle al collo la catena dell'amicizia: “Il mio amico è un seduttore, non un violentatore… mi sembra impossibile che abbia fatto quello di cui l'accusano”. E ancora, pattinando sul ghiaccio di una supponenza parigina e professorale: “Tutto è inverosimile.

    Solo uno stupido può compiere un'aggressione sessuale conoscendo perfettamente come funziona l'America e la giustizia statunitense… Le assicuro: conosco tanti uomini pubblici che amano le donne, ma non per questo meritano di finire sulla gogna. E comunque è un discorso fuorviante. Quello di cui l'accusano oggi è un crimine, qualcosa di molto diverso dal concetto di seduttore”. Fitoussi ha tutto il diritto di non vedersi contestata la legittimità della sua opinione così simpatetica verso l'amico DSK. Il che vale naturalmente anche per la sua amica scrittrice Carmen Llera Moravia, ospitata sul Corsera e convinta che Strauss-Kahn “non è un uomo crudele primitivo o sadico, la violenza non fa parte della sua cultura, ama il sesso, so what? Non mi sembra un delitto, a volte i corpi esprimono più delle parole… Non so cosa sia successo nella suite del Sofitel, probabilmente c'è stato un rapporto consenziente, ma escluderei la violenza sessuale, non vorrei che Dominique Strauss-Kahn diventasse le bouc émissaire di un certo puritanesimo americano, antieuropeo e antifrancese”.

    Non tutti si rassegnano ad ammettere che i letti vietati gettano in rovina (Pindaro). Nulla da eccepire, a patto che si definisca come solidarietà castale, amicale o sentimentale questo viluppo di parole forgiate a scudo di un capo banchiere ricco, potente e politicamente a prova di berlusconismo, come ha sancito Spinelli. Senza dimenticare il fatto che questo oligarca è accusato di stupro, peraltro nei confronti di una donna percepita dall'immaginario corrente come “più vittima” di tante altre vittime (Ophelia è una cameriera povera, vedova e nera). Bisognerà tenerne conto, se non si vuole convalidare il sospetto che la cultura euro-francese tolleri, a certi livelli, l'abuso pubblico di carne privata.

    Dopodiché si dovrà rientrare con la mente in Italia e strappare la maschera dell'imparzialità dalla collezione degli ultimi due anni almeno di quegli stessi giornali tanto lievi con il (presunto) reato di Strauss-Kahn – così tragicamente umanizzato nel racconto del suo sorriso in aula alla moglie descritto dal corrispondente di Rep. – quanto implacabili con il loro presidente del Consiglio. Il corpo delle prescelte berlusconiane, corteggiato, vezzeggiato ed esposto in contesti esteticamente discutibilissimi ma che in alcun atto processuale risulta violentato, è stato oggetto di una spettacolare messa in scena giornalistica nella quale a ogni (traballante) ipotesi di reato è stata anteposta una selvaggia condanna morale inflitta al Cav. Questa condanna, esercitata nella forma dell'intrusione privata e famigliare e della reductio ad monstrum – “fareste educare i vostri figli da Berlusconi?”, arrivò a dire un dirigente del Pd e cocco di Carlo De Benedetti – non poggia su basi legali, ma è il frutto di una escogitazione ipocrita: il giudizio sprezzante di un foro interiore collettivo contrabbandato come verdetto di un tribunale delle pubbliche virtù neglette. Se questo tribunale di marmo esistesse veramente, non avrebbe neanche atteso l'incriminazione di DSK per saltargli addosso, piegargli la testa e farla rotolare nel cesto con un colpo di scure. Ma questo tribunale è la proiezione intermittente d'un gioco di specchi. E' il teatro itinerante che viene allestito per processare sommariamente il “Drive In” berlusconiano, salvo poi essere smontato in fretta e furia nella notte in cui non tutti i seduttori sono uguali: quelli di buona famiglia politica, di alta estrazione lobbistica e aureolati di larghe consorterie, insomma gli Strauss-Kahn, possono ingenerare pudori anche quando sono accusati di stupro.

    Una grande menzogna si misura non soltanto dalla quantità dei suoi cantori, che nel caso dei nostri moralisti pesa più di quanto valga; si misura anche dalla qualità delle omissioni. E noi non abbiamo letto abbastanza articoli sul rischio che l'iniziativa giudiziaria e la campagna erotico-maniacale contro il Cav. potessero travolgere, insieme con l'accusato, la maestà delle istituzioni; non abbiamo scovato esitazioni rispettose e racconti umanizzanti. Obiezione: come si può esigere imparzialità dai nemici di Berlusconi? Ma almeno la chiarezza, quella sì. Lo dicano più forte: da noi il compagno che sbaglia, il banchiere incriminato per stupro, è una figura della seduzione; se si tratta di voi, basta essere seduttori per aver stuprato la democrazia.