Mario Santini, 38 chili, cancro al polmone, morto in carcere

Giuliano Ferrara

L'Italia è il paese in cui un celebrato teppista del giornalismo ha sbeffeggiato un uomo malato che chiedeva di curarsi fuori dal carcere, e lo ha fatto sull'Unità, il giornale di Antonio Gramsci, che il fascismo liberò dal carcere infame in cui l'aveva rinchiuso perché si curasse nell'ultimo periodo della sua vita.

    Al direttore - E' morto in carcere due ore dopo essere stato dimesso dall'ospedale di Pisa. Aveva sessant'anni, Mario Santini, e pesava appena 38 chili, ne aveva persi più di venti negli ultimi mesi. Era malato e gravissimo. Stadio terminale di un tumore al polmone, metastasi al fegato, insufficienza renale, aneurisma. Eppure Mario è morto in carcere, nel centro clinico Don Bosco di Pisa. Faceva paura un uomo così? Era pericoloso lasciarlo morire fuori? Concedergli quelle due ultime ore d'aria? Probabilmente tutto questo non si leggerà sui grandi giornali, se non in una breve a pagina 20: il “giornalista collettivo” (quello che la pensa sempre allo stesso modo e nel modo di tutti, e per questo ritiene di essere assai intelligente), è infatti troppo impegnato a indignarsi (original, very original), naturalmente per il bavaglio inflitto alla libertà di informazione. Io penso a De André, che cantava: “Nella pietà che non cede al rancore, madre, io ho imparato l'amore”. E poi penso ai “manettari” d'Italia, che immancabilmente godono quando la gente viene sbattuta in galera. E allora fatico davvero a non cedere al rancore.
        Rodolfo Lorenzoni, Roma

    L'Italia è il paese in cui un celebrato teppista del giornalismo ha sbeffeggiato un uomo malato che chiedeva di curarsi fuori dal carcere, e lo ha fatto sull'Unità, il giornale di Antonio Gramsci, che il fascismo liberò dal carcere infame in cui l'aveva rinchiuso perché si curasse nell'ultimo periodo della sua vita. Questo paese non è distratto, spensierato, gaudente, è anche quello, ma soprattutto è abitato da una tendenza profonda all'infamia, al maramaldismo, alla ferocia impicciona e invidiosa. Bisognerà raccontare la storia dell'incarognimento degli italiani d'oggi. La diagnosi vale per una parte significativa del paese, e bisognerà capire da dove cominciare. C'è l'imbarazzo della scelta.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.